F1 – “Abbondandis in abbondandum” diceva Totò rivolgendosi a Peppino intento a scrivere la famosa lettera con “intestazione autonoma” indirizzata alla “Signorina”. La citazione dell’iconica pellicola del 1956 serve per introdurre le dichiarazioni che Stefano Domenicali, presidente del Formula One Group, ha fatto in merito ad una paventata dilatazione del calendario della massima categoria. Calmi, nessuna decisione è stata presa. Non c’è alcuna ufficialità ma inizia a serpeggiare un’idea: stiracchiare il campionato fino a fargli raggiungere la ragguardevole – e forse ingestibile – quota di trenta gare. Sì, trenta. Avete letto bene. Praticamente una corsa a settimana da Marzo a Dicembre. Il back-to-back elevato all’ennesima potenza.
“La F1 sta vivendo un grande momento – ha esordito il CEO ai taccuini di colleghi del sito britannico The-Race – e lo sta facendo sia in termini d’intensità sportiva in pista sia per l’interesse generale manifestato dal pubblico. Stiamo anche per spostarci verso un nuovo pubblico e stiamo agendo per produrre un nuovo modo di comunicare con esso, ideando contemporaneamente un percorso chiaro nei regolamenti e per le tecnologie del futuro, partendo dall’impiego dei carburanti all’ibrido. Quindi, è vero: c’è un grande interesse per nuovi posti, così come per quelli più tradizionali, che possano far parte del nostro calendario”.
E già su questo punto si potrebbero eccepire diverse cose. Il “percorso chiaro sui regolamenti“, non ce ne voglia Domenicali, non lo abbiamo potuto ancora apprezzare. Né nella stesura né soprattutto nella loro interpretazione se consideriamo come si sono sviluppati gli eventi in quel di Yas Marina. Sul versante delle norme tecniche bisogna, per onestà intellettuale, sospendere il giudizio in attesa di verificare come si comporteranno a effetto suolo le vetture di nuova generazione. Ma, da alcune informazioni raccolte dalla nostra redazione (qui per l’approfondimento), i segnali sull’efficacia della nuova strada intrapresa dalla F1 non sono poi troppo incoraggianti.
Il dirigente è poi andato al cuore della questione, ossia all’idea di avere un calendario iper-allungato: “Penso che se non ci fossero le limitazioni, che invece vanno giustamente rispettate, potremmo raggiungere facilmente un accordo per più di 30 GP. Ma non possiamo andare in questo percorso. Sarebbe un problema, soprattutto in termini di strategia, di business, e di circuiti da scegliere. Vogliamo capire quali siano i migliori gran premi in cui mantenere una base stabile non escludendo l’ipotesi di una rotazione in altri posti. Sono tutti progetti che stiamo elaborando”.
Quindi l’ipotesi pare essere scongiurata. Ma a volte è il sol pensare a certe cose che ci fa drizzare le antenne. L’idea della sprint qualifying è nata proprio così. Un sasso lanciato in uno stagno per osservare le reazione del pubblico. Poi il concetto che diventa martellante come una goccia della tortura cinese. Così si instilla una volontà per farla diventare normalità. Tant’è che l’anno scorso ci siamo trovati con tre gare sprint. Nel 2022 ce ne saranno 6 (Bahrain, Emilia Romagna, Canada, Austria, Olanda e Brasile, nda). In futuro potrebbe essere il nuovo standard dopo che ci siamo assuefatti all’idea. E addio all’assalto al cronometro del sabato pomeriggio.
Non che far disputare 30 GP della essere necessariamente un male. Ciò rientra nelle personali percezioni delle cose. Fatto sta – e le affermazioni dell’uomo forte di Liberty Media lo stanno a dimostrare – che la F1 nel suo insieme sia alla spasmodica ricerca di nuovi teatri. Che sovente coincidono con location poco aderenti alla storia della categoria. Si registra uno spostamento verso ricche realtà mediorientali e l’elezione recente di Ben Sulayem a presidente della FIA è un chiaro segnale di uno riassetto del baricentro geopolitico.
Il trend degli ultimi anni è chiaro: Liberty Media antepone lo spettacolo – e la fatturazione che da esso deriva – a certi valori tradizionali che hanno caratterizzato la F1. Segno dei tempi che cambiano e della necessità di rispondere alla crisi globale derivante anche dal Covid-19 che ha messo in difficoltà team e lo stesso colosso dell’intrattenimento americano che sta ancora rientrando dall’investimento monstre effettuato per strappare dalla mani di Bernie Ecclestone il pacchetto azionario del giocattolo. Per ora la questione allargamento resta un concetto embrionale, ma l’averne iniziato a parlare è un segnale. Un fatto da attenzionare nel medio periodo. Le Sprint Qualifying insegnano.
F1-Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1