Se c’è una cosa difficile da fare, in F1 come in qualsiasi altro sport, è il confronto tra due protagonisti che hanno cavalcato – e segnato a fuoco – ere diverse. Contesti tecnici dissimili, teatri dissomiglianti, dinamiche non sovrapponibili rendono alcuni paragoni non solo azzardati ma decisamente fuorvianti. Eppure è un agire che piace a molti. A partire dai protagonisti del Circus.
Nigel Mansell – Max Verstappen. 31 Gp vinti il primo, 20 il secondo. 59 podi per il leone d’oltremanica, 60 per quello olandese. Un mondiale a testa. Numeri crudi che in qualche misura, non senza sforzi, possono combaciare. Assonanze storiche che si dispiegano in semplici suggestioni. L’idea che un mito del passato possa rivivere in un pilota del presente. Che invece si indentifica con le sue peculiarità. Che andrebbero parimenti rispettate.
Ma il parallelismo, come detto, stimola ed esalta. Ed aiuta a rendere più leggibili le caratteristiche di chi oggi accende i duelli della F1. E’ stato direttamente Chris Horner, in un legittimo processo di nobilitazione del pilota che ha riportato il titolo a Milton Keynes dopo sette lunghissimi anni di monopolio Mercedes, ad accostare l’ex Williams al suo pupillo. Anzi, viceversa.
“Quello che ha anche Max – e che non ho visto in molti piloti a parte quando stavo crescendo guardando Nigel Mansell – è un cuore enorme. E con questo guida perché è in grado di dare assolutamente tutto“. Una generosità che manterrebbe anche nel modo di approcciarsi alla vita che resta del tutto immutato nonostante ora sia il driver in cima al mondo: “Dopo una gara vuole solo tornare a giocare a FIFA con i suoi compagni. Non è diventato una specie di diva. Il denaro è ovviamente diventato un fattore nella sua vita, ma ha ancora gli stessi principi“.
Il talento di Hasselt, come detto, ha fatto riprovare l’ebbrezza dell’altissima classifica ad un team che era stabilmente capofila nell’era in cui era Sebastian Vettel ad apporre il suo marchio sull’intera F1. Viene da sé, visto che è in tema di raffronti, che il team principal metta sui piatti della bilancia due professionisti che ha potuto valutare molto da vicino.
“Non ho dubbi sul fatto che Max sia il migliore che abbiamo visto su una delle nostre auto. Ciò in termini di abilità e impegno. Anche Sebastian è stato incredibilmente bravo – ha riferito il manager a RN365 – ma gli abbiamo dato una macchina migliore“. Dichiarazioni che faranno discutere e che, anche se in minima misura, ridimensionano l’epopea del tedesco che a Red Bull ha dato fama, gloria e un nome da associare al motorsport e non solo alle bibite energetiche.
La grandezza di Verstappen, secondo Horner, si percepisce da particolari come quello che riportiamo di seguito: “I momenti salienti per me arrivano quando ti presenti da qualche parte come Jeddah. Nessuno ha mai visto il circuito prima. Max esce ed è a due secondi e mezzo a chiunque altro. Ci vuole mezz’ora perché qualcuno si avvicini a il suo tempo. Ha un’abilità fondamentale e naturale, il che significa che sta guidando con meno sforzo al limite rispetto agli altri piloti. Può guidare a pieno ritmo ma ha comunque la capacità di elaborare ciò che sta succedendo in gara rispetto ai suoi avversari.
Doti esclusive in possesso del solo Max? Singolari ma non proprio uniche: “Molto raramente vedi piloti con queste caratteristiche. Lewis le possiede. Max anche. Sebastian, quando vinceva i campionati del mondo, le aveva“. Un discorso al passato che forse sottende che si tratta di caratteristiche che l’alfiere della Aston Martin avrebbe perso.
Ritorniamo all’incipit di questo scritto: è operazione assai ardua quella di paragonare piloti che hanno lavorato in ambiti non sovrapponibili. L’assimilazione resta un divertente passatempo che tale andrebbe considerato. Evitando, quindi, di farne legge generale. Perché, in fondo, parliamo di giudizi soggettivi che, seppur autorevoli, restano condizionati anche dall’ondata emozionale del momento.
F1-Autore: Diego Catalano– @diegocat1977
Foto: Red Bull, Williams, F1