Troppo spesso le nostre attenzioni sono rivolte alla scuderie di vertice della F1. Analizziamo le loro vetture, raccontiamo le storie che le riguardano, evidenziamo dinamiche e retroscena che alimentano la curiosità dei tifosi. Questo non significa che nel mildfield non ci siano elementi rimarchevoli, cose interessanti da illuminare e da portare a galla.
Il 2022 è l’anno delle grandi occasioni. Con un regolamento tecnico nuovo di zecca ogni squadra ha il diritto di rivendicare un posto al sole. Specie se sei una nobile decaduta, specie se nelle tue vene scorre il sangue dei vincenti. Fino a qualche anno fa, solo a pronunciare la parola Renault, venivano i brividi. Agli avversari. Sia come team, sia soprattutto nelle vesti di costruttore di motori, l’azienda transalpina ha segnato in maniera indelebile la storia della F1.
A Boulogne-Billancourt non hanno perso la brama di vittoria. Forse hanno temporaneamente smarrito la strada, ma stanno provando con tutte le forze a ritornare lassù. Anche e soprattutto per dimostrare a chi li ha abbandonati (vedi McLaren e soprattutto Red Bull) che la loro scelta, nel lungo periodo, si è rivelata errata. Alpine è un soggetto unico in F1. Un battitore singolo che ha un propulsore in esclusiva considerando che non lo offre a nessuna delle altre 18 monoposto in griglia.
Un bene per certi versi, un male per altri. Di sicuro è positivo il totale legame collaborativo tra telaisti, aerodinamici e motoristi che possono operare in una piena sinergia senza che questi ultimi debbano considerare le esigenze di un team terzo. Il risvolto della medaglia è di stampo economico e politico. Non avere partner significa non poter contare su una sicura entrata finanziaria. Basti pensare, a tal proposito, che Mercedes riceve ben tre lauti assegni per la fornitura a McLaren, Aston Martin e Williams dei propri V6 turbo-ibridi.
Renault non può dunque fare affidamento su questi bonus né sul potere politico da essi derivante. Quell’intesa con altri team che può far sentire il suo peso nelle stanze ove si prendono le decisioni cruciali per la F1. Una condizione anomala, una difficoltà ulteriore che, se superata, potrebbe rendere ancor più glorioso il trionfo. E i francesi, quando c’è di mezzo l’onore, non sono secondi a nessuno.
La compagine transalpina non ha vissuto una pausa invernale tranquilla. Ad Enstone si sono verificati movimenti strutturali non di piccola entità che hanno riguardato l’organigramma nelle posizioni di vertice. La prima testa ad essere rotolata è quella di Marcin Budkowski che ha lasciato il posto da direttore esecutivo. Lo scranno vacante è stato colmato non proprio dall’ultimo arrivato: Laurent Rossi, CEO dell’equipe anglo-francese.
Il suddetto manager non si è limitato a ciò. Ha creato le condizioni per costringere Alain Prost, direttore non esecutivo del team, ad abbandonare il posto non senza polemiche. Il CEO di Renault, Luca De Meo, ha ritenuto che il processo che doveva portare l’Alpine al climax della categoria sportiva si sia sviluppato con con troppa lentezza. Da qui il ricorso alla ghigliottina.
Un motore che non spiccava il volo e che dava la sensazione di essere il fanalino di coda dopo anni in cui Losanga voleva dire performance. E vittorie. Una vettura non proprio riuscita capace di grandi prestazioni e di gare da incubo. Un’altalena di risultati che teneva gli alteri francesi troppo lontani dai team che stanno scrivendo la storia della F1.
Ecco che da Boulogne-Billancourt hanno preteso un cambio di passo. Laurent Rossi è stato quindi un esecutore di volontà più alte, un plenipotenziario designato per ridare verve ad un progetto che non riesce ad avere guizzi dopo anni di trionfi da “semplice” fornitore. Prost e Budkowski hanno pagato più per una crescita solo abbozzata che per la mancanza di risultati. Che dovranno arrivare prestissimo, altrimenti il repulsiti non sarebbe servito ad alcunché.
Con queste premesse si apre il 2022 dell’Alpine che non può “bucare” l’appuntamento chiave. Pochissimo si sa della vettura che sarà svelata il 21 febbraio, due giorni prima dell’inizio della prima sessione di test invernali. Qualche spiffero ha sussurrato di un motore radicalmente modificato, non solo per adattarsi ai biocarburati E10.
Una nuova parte ibrida, un profondamente rivisto ICE e una generale riduzione degli ingombri e del peso per riuscire, dopo anni di sterile rincorsa, a colmare il gap con le power unit più prestazionali del lotto: Honda e soprattutto Mercedes. Un’operazione non solo auspicata, ma necessaria poiché, da regolamento, i propulsori andranno incontro ad un congelamento di quattro anni che renderà, de facto, quasi impossibile il recupero tecnico.
In Alpine bisognerà dunque azzardare. Anche sul telaio e sull’aerodinamica. Non è con l’atteggiamento sparagnino che si uscirà dall’affollata “terra di mezzo”. Ovviamente, per realizzare un progetto tutt’altro che semplice, è necessario anche contare sugli uomini giusti e su piloti necessariamente veloci e motivati. Lo sarà Esteban Ocon che in Ungheria ha assaggiato il dolce sapore della vittoria. E vorrà tornare a provare quelle melodiose sensazioni.
Lo sarà, deciso e stimolato, Fernando Alonso che in F1 non è tornato né per fare da chioccia al collega di box né per essere una comparsa dopo anni gloriosi e ruggenti. La verità è che per l’asturiano il 2021 è stato un grande e lungo allenamento. Un riadattamento, riuscito piuttosto bene, ad una categoria che aveva salutato qualche anno prima. Nei pensieri dell’ex Ferrari c’è sempre stato il 2022. Era ben conscio che l’Alpine A521 sarebbe stata una vettura di passaggio. Legata nello sviluppo da un regolamento restrittivo, non poteva essere quello strumento in grado di assecondare le velleità di successo di Nando.
Perché il due volte campione del mondo si è riaffacciato alla F1 con un solo e preciso scopo: portare a tre il numero di mondiali in bacheca. Non solo nella pausa inverale, quindi. E’ da un anno che l’asturiano prepara con dovizia il Mondiale che prenderà il via il 20 Marzo col GP del Bahrain. Tutto dipenderà, naturalmente, da come nascerà e crescerà la A522 che non è stata costruita osservando le indicazioni dei due piloti titolari. E così non poteva che essere considerando che punti di riferimento tecnici non potevano sussistere.
Lo spagnolo è un conducente che ama collaborare nella definizione dei principi di guida che una vettura deve assecondare. Ma stavolta c’è stato un impedimento palese che ha mortificato quest’attitudine. I nuovi regolamenti, difatti, hanno subito una parabola di sviluppo piuttosto anomala: in una fase inziale erano troppo incatenanti per poi essere modificati a seguito di diversi chiarimenti giunti direttamente dalla FIA. Questo dettaglio è stato spiegato proprio dal driver di Oviedo e racconta di quali siano state le difficoltà che tutti i team hanno dovuto affrontare nel processo di definizione delle auto “next gen“.
Ma proprio da questo quadro multisfaccettato ed indefinito potrebbe emergere un nuovo gruppo di potere che spezza i valori in campo osservati fino a pochi mesi fa. E’ questa la speranza di Alpine che vuole ritornare al centro della F1 sin da subito, senza piegarsi a comode diplomazie di facciata. L’occasione è ghiotta ed Alonso, alla soglia dei 41 anni, vuole approfittarne per entrare definitivamente nella storia.
F1-Autore: Diego Catalano– @diegocat1977
Foto: Alpine F1