L’autoproduzione è la nuova frontiera della F1? Dopo che Red Bull, orfana (ma non troppo) di Honda, ha deciso di metter su il proprio reparto powertrains sembra che anche altre realtà inizino a pensare ad una soluzione analoga che, nel caso dei “Tori”, è stata favorita da due condizioni essenziali: possedere grandi risorse finanziarie derivanti da una proprietà molto solida e poter ereditare conoscenze e gran parte dello staff di un motorista affermato e vincente.
Circostanze che non facilmente possono essere replicate. Ma si sa che non esistono percorsi predeterminati per arrivare a realizzare un dato progetto. Forse l’elemento che più di ogni altro serve in un cammino non semplice come questo è l’ambizione. Quella voglia di affermarsi e, perché no, di distinguersi che non manca dalle parti di Silverstone dove troviamo la sede della Aston Martin.
Il team di proprietà di Lawrence Stroll sta conoscendo una fase di rapida espansione confermata anche dall’accordo munifico e pluriennale con Aramco, il colosso petrolifero saudita che ha intravisto, nella compagine anglo-canadese, la possibilità che dei semi possano germogliare e maturare in frutti molto dolci. Recentemente la scuderia rappresentata da Lance Stroll e Sebastian Vettel ha ricevuto il placet per la costruzione della sua galleria del vento in un processo di affrancamento dalla Mercedes dalla quale affitta, ovviamente pagando, l’impianto in oggetto (leggi qua).
Un potenziamento strutturale importante per chi vuole crescere e diventare indipendente. A proposito di dipendenza della Stella a Tre Punte, Aston Martin ha in essere un contratto con i tedeschi per la fornitura di power unit che non subirà modifiche fino alla fine del 2025, ossia quando si entrerà in una nuova stagione tecnica dopo l’ibernazione regolamentare partita formalmente il primo di marzo. Insomma, a seguito di questa dead line, paiono sussistere le condizioni per la compagine inglese per provare l’azzardo: diventare un costruttore a tutto tondo.
Una scommessa stimolante ed affascinante che Mike Krack, team principal della scuderia di Stroll senior, pensa che si possa tentare. L’occasione si proporrà quando vi sarà lo switch ai sistemi ibridi V6 da 1,6 litri (come quelli attuali) ma senza senza MGU-H e con la potenza elettrica aumentata a 350 kilowatt.
Il manager lussemburghese ha riferito che le nuove norme in arrivo per il 2026 porranno maggiore enfasi sull’energia elettrica rispetto ad oggi ed è quindi naturale che una marchio come Aston Martin le esamini attentamente per valutarne i vantaggi di lungo periodo da sfruttare anche e soprattutto nella produzione di auto di serie.
Quando si parla di “elettrificazione” Krack è la persona giusta tenendo conto che, quando lavorava in BMW, è stato coinvolto sia nel progetto Formula E sia nel programma hypercar a trazione ibrida. Ecco perché, in vista del 2026, è adesso che si devono eventualmente gettare le basi per un percorso di sviluppo autosufficiente.
Al momento non ci sono evidenze che ci fanno pensare che in Aston Martin sia partita l’operazione. Nelle strutture in costruzione non è prevista un’area powertrains, né è iniziata, come fatto da Red Bull F1 l’anno scorso, una massiccia campagna di recruiting di figure professionali cui affidare lo sviluppo del V6.
La scuderia anglo-canadese è semplicemente alla finestra in attesa di sviluppi interessanti. Uno di questi è di certo la paventata discesa in campo della Volkswagen che, con i suoi marchi a vocazione sportiva Audi e Porsche, inizierà la ricerca di uno o più team a cui fornire i V6 del futuro.
Williams ha già fatto intendere, tramite Jost Capito, che c’è un certo interesse per le mosse del colosso tedesco. Aston Martin potrebbe anch’essa essere un’opzione per un approdo in grande stile di un’azienda che in F1 vorrà esserci per vincere e non di certo per fare da comparsa. Lo scenario è liquido e l’imminente (?) annuncio di Volkswagen potrebbe rivelare i veri piani dell’equipe di Lawrence Stroll.
F1-Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto:F1, Aston Martin