F1 – E’ universalmente riconosciuto che il Campionato del Mondo 2021 sia stato il più avvincente dell’era turbo-ibrida e uno dei più entusiasmanti dell’intera storia della categoria. Scontri in pista e fuori, tensioni, polemiche, sorpassi mozzafiato, errori, incidenti, ricorsi, siluramenti di figure dirigenziali… Non è mancato nulla nel gran buffet la cui portata principale, il GP di Abu Dhabi, è stata divorata da milioni e milioni di spettatori intorno al globo.
Ma, nonostante ciò, due soli sono stati i protagonisti assoluti con gli altri piloti a fare da sparring partner. Max Verstappen e Lewis Hamilton hanno cannibalizzato la stagione lasciando le briciole ai propri compagni di squadra e ad Esteban Ocon che si è portato a casa un GP di Ungheria letteralmente regalatogli dal muretto Mercedes. Figuriamoci a chi una vittoria non l’ha vista nemmeno col binocolo. Proprio la reiterata incapacità di competere da parte di tutti gli attori presenti in pista è stato il motivo per il quale la F1 ha deciso di affrontare una decisa virata tecnica per creare una categoria prestazionalmente più piatta.
Il grande architetto del rimescolamento filosofico è Ross Brawn (potete consultare qui il regolamento tecnico tradotto in italiano). L’ex direttore tecnico della Ferrari è stato incaricato da Liberty Media di un gravoso compito: realizzare un contesto normativo che determinasse la produzione di auto meno sensibili all’aria sporca e che, dalla più veloce alla meno performante, stessero in un gap cronometrico accettabile. Se l’operazione sarà riuscita lo capiremo tra qualche mese perché un assestamento prestazionale è necessario e previsto.
Il manager è convinto che senza una svolta concreta la F1 sarebbe drasticamente peggiorata. Anche a causa delle limitazioni dovute al Covid che avevano generato una sorta di immobilismo tecnico che stava incatenando le squadre che dovevano usare lo stesso telaio dell’anno precedente. Sorte che toccava anche ad altre parti della vettura. Una condizione che, nel tempo, non avrebbe consentito un miglioramento di quella generazione di auto.
Da qui il cambio di passo che, naturalmente, non può produrre i suoi effetti nel brevissimo temine. Uno stravolgimento concettuale ritenuto necessario dai vertici della F1 che non volevano che la categoria si appiattisse su un dualismo escludente. E alla lunga stancante per chi foraggia il sistema: tifosi e sponsor.
Una cosa su cui le nuove regole hanno fatto centro prima di capirne gli effettivi risultati è la varietà tecnica che esse hanno prodotto. La disparità nel pensiero aerodinamico, nei test spagnoli, è stata evidente. Un qualcosa che s’è verificato grazie al corpus normativo che si è comportato come un brodo di coltura entro il quale la creatività dei progettisti è proliferata come un fungo.
L’obiettivo dichiarato, quindi, è quello di far avvicinare la concorrenza lasciando comunque spazio alla fantasia e alla capacità di produrre idee differenti in un contesto che deve continuare a premiare la meritocrazia nonostante i legacci del Balance of Performace tecnico e del budget cap. Se all’inizio, quindi, potrebbe esserci un po’ di disparità prestazionale, saranno il tempo e l’accrescimento del know-how ad assottigliare sensibilmente le distanze. Anche perché sia Brawn che Tombazis hanno lasciato intendere che il legislatore è pronto ad intervenire anche a stagione in corso per evitare che un dato team prenda irreversibilmente il largo.
Entrare in scivolata nei rapporti di forza costituiti non sarebbe però un bel segnale. L’interventismo smodato in assenza di comprovate infrazioni delle norme non è un procedere auspicabile. Né moralmente legittimo. Ed è per tal motivazione che ci auguriamo che la F1 non debba assistere anche a questa deriva autoritaria che, ne siamo persuasi, non farebbe altro che generare polemiche velenose dalle quali, dopo l’epilogo di Yas Marina, volentieri vogliamo affrancarci.
F1-Autore: Diego Catalano– @diegocat1977
Foto: F1, Mercedes AMG F1, Alessandro Arcari, Red Bull Racing