Tra le tante novità che la F1 presenterà nel 2022 c’è quella relativa ai carburanti di nuova generazione. In un processo che, negli anni, vuole provare a trasformarla in una realtà ad impatto zero, la classe regina del motorsport ha avviato un percorso in cui, gradualmente, i combustibili fossili saranno sostituiti da elementi naturali come l’etanolo.
Le vetture che hanno girato nei test spagnoli, quindi, erano alimentate da una miscela definita E10 che consta in 90 parti di benzina “tradizionale” e 10 parti di questa sostanza già utilizzata in larga scala nell’automotive in paesi come il Brasile. Il rapporto tra i due elementi crescerà man mano che le stagioni si susseguiranno sino ad essere completamente ribaltato.
Miscele che hanno offerto nuove sfide per i motoristi che hanno dovuto lavorare sulle camere di combustione per recuperare la quota di cavalli smarrita nel passaggio. Un’operazione per ora riuscita ma che negli anni potrebbe essere sempre più difficile, specie a fronte della politica dei congelamenti regolamentari introdotta dalla FIA per volere di Liberty Media.
Proprio per provare ad agevolare il compito dei costruttori si sta pensando ad usare la F2 e la F3 come “cavie”. Qualcosa a cui abbiamo già assistito con le ruote da 18 pollici che sono state introdotte nella serie cadetta per fornire dati importanti alla Pirelli che ha potuto definire una base di sviluppo consistente.
La sola idea che le serie propedeutiche possano ancora una volta fare da “topo da laboratorio” – ci sia consentita l’immagine forte – ha generato alcune reazioni non proprio entusiastiche. Ma dove nasce l’idea? È stato Pat Symonds, colui il quale ha guidato l’equipe che negli ultimi anni ha riscritto le regole della F1, a suggerire che F2 ed F3 testassero combustibili sintetici prima di iniziare un vero e proprio travaso tecnico verso il Circus iridato.
Perché proprio le due serie minori? In primis per motivi “logistici”. Si tratta, infatti, di competizioni organizzate sotto l’egida della FIA. In seconda battuta sono entrambe contraddistinte da un motore unico e da un solo fornitore di carburante. Cose, queste, che le mettono in condizioni di essere una fucina di dati utili alla FIA per permetterle, poi, di scrivere delle regole che siano immediatamente efficaci.
Un processo che anticiperebbe di diversi anni le mosse della F1 che vorrebbe la definizione delle specifiche entro il 2026, quando ci sarà il decongelamento regolamentare sulle power unit turbo-ibride che saranno leggermente semplificate nell’architettura. I rappresentati dei team di F2 si sarebbero già opposti sottolineando che la categoria è basata su piloti paganti che non possono fare da tester. A meno che le sperimentazioni della FIA non portino ad un sostanzioso abbattimento dei costi per le squadre.
E forse potrebbe proprio essere questa la chiave per sbloccare le ritrosie dei partecipanti. Bruno Michel, il CEO della F2, ha sottolineato che ciò non comporterebbe alcun costo aggiuntivo per le compagini ed ha parimenti sostenuto che anche la categoria è alla ricerca della sostenibilità come chiave del futuro.
Ad oggi, quindi, siamo in una fase esplorativa. Certe voci circolano anche per valutare le reazioni dei protagonisti coinvolti che non sono state particolarmente gioiose ma nemmeno escludenti. La FIA, ovviamente, avrà l’ultima parola e la sensazione è che, con la giusta quadratura economica, si possa fare questo passo che gioverebbe alla F1. La questione è nell’agenda di Ben Sulayem e nei prossimi mesi potrebbero esserci novità rilevanti in chiave 2023.
F1-Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Scuderia Ferrari
“…a una miscela definita E10 che consta in 90 parti di benzina “tradizionale” e 10 parti di questa sostanza già utilizzata in larga scala nell’automotive…”
Scritta così sembra chissà quale tipo di miscela.
E10 significa che il 10% della benzina è costituito da etanolo (cosa già prevista nelle benzine de distributore che devono essere minimo E5 in europa ma si arriva anche a E100 in brasile).
L’etanolo non è altro che alcool, lo stesso che trovi nella birra (al 5% più o meno) o nel vino (al 10-15%) con l’unica differenza che ad esso è aggiunta una sostanza, detta denaturante (da cui l’alcool “rosa” che si usa in casa) che lo rende sgradevole al gusto e all’olfatto in modo da renderlo non alimentare (altrimenti seguirebbe la tassazione degli alcoolici e non quella dei carburanti)
Ci sono diversi approfondimenti sull’E10 in questo sito. Spesso si devono trovare delle forme più semplici per divulgare e rendere fruibile un concetto a chi tecnico non è. Non era un pezzo di approfondimento chimico, ma un articolo che spiegava, in maniera piuttosto discorsiva, l’interlocuzione in corso tra categorie per arrivare a definire una strategia normativa.
In ogni caso grazie per il gradito feedback.