F1 – A valle dell’atteso meeting della Formula 1 Commision tenutosi ieri a Londra, sono state deliberate alcune proposte che potrebbero avere un effetto molto invasivo sul futuro a medio-lungo termine della massima serie automobilistica a ruote scoperte. Il presidente della FIA Mohammed Ben Sulayem, che ha presieduto l’incontro, ha reso omaggio ai presenti per il lavoro svolto nella implementazione della più grande rivoluzione tecnica degli ultimi decenni che ha contribuito, in modo significativo, all’entusiasmante avvio della stagione 2022.
I temi affrontati, che esamineremo in dettaglio, hanno l’obiettivo condiviso dai team e dagli organi di governo, di aumentare l’attrattività della F1 agendo sui pillars del motorsport: lo spettacolo, l’ambiente, le finanze e la redditività futura.
I team hanno concordato all’unanimità di aumentare gli “sprint race weekend” a sei nel 2023, superando i precedenti attriti che ne avevano ostacolato l’effettività già a partire dalla stagione in corso (clicca qui per approfondire).
La super maggioranza di 26 voti su 30 necessari per deliberare l’aumento delle sprint race non è stata raggiunta, poiché l’organo di governo della Formula 1, che detiene 10 voti, non ha supportato per il momento la proposta pur condividendo il principio di aumentare il numero delle gare sprint.
Nel comunicato rilasciato a margine dell’incontro, la FIA ha giustificato il suo voto negativo con la necessità di valutare ulteriormente l’impatto dell’aumento degli eventi sprint sulle “trackside operations and personnel” riservandosi di fornire il proprio feedback alla F1 Commision.
La proroga richiesta dalla FIA prima della scontata approvazione, è da attribuire alla oggettiva necessità di verificare se le sedi delle future sprint race soddisfino i requirements necessari per le operazioni in pista che sono garantite proprio da personale FIA.
La non decisione della FIA per un aspetto puramente organizzativo, sottende che le principali istanze dei team dal punto di vista economico saranno in qualche modo recepite dal governo della Formula 1 attraverso un compenso aggiuntivo per ogni “sprint race weekend” che in tempi di budget cap rappresenta un atto dovuto in funzione del maggiore chilometraggio delle power unit e dei rischi annessi a incidenti nelle sprint aggiuntive.
Sotto questo aspetto, l’attuale disciplina sulle penalizzazioni delle power unit rischia di essere anacronistica e di favorire criteri di progettazione mirati alla prestazione a scapito della autonomia.
La percezione che il contingentamento delle unità turbo-ibride possa essere sacrificabile in luogo della prestazione è stata emblematica nella frenetica sostituzione delle power unit Mercedes nella parte finale della scorsa stagione, che in ragione di una sproporzionata perdita di potenza con l’aumento del chilometraggio, ha scientemente preferito fornire propulsori “freschi” ai propri piloti.
La vittoria di Hamilton a Interlagos nella scorsa edizione del gran premio del Brasile, favorita certamente dal formato sprint, ma ottenuta dopo essere partito nella mini gara del sabato dall’ultima posizione, dovrebbe far riflettere.
Nel corso del meeting si è anche discusso sullo scostamento del budget cap da 140 a 147 milioni di dollari, per la stagione corrente, al fine di mitigare l’aumento dei costi dovuti all’inflazione, proposta non sostenuta da tre team.
Il team che si occupa degli aspetti economici della F1 effettuerà un’analisi finanziaria e presenterà i suoi risultati alla prossima riunione della commissione. Per quanto concerne il futuro a lungo termine, si è discusso in merito alle power unit di nuova generazione che dovranno equipaggiare le monoposto a partire dalla stagione 2026.
Le direttrici dei nuovi propulsori dovranno favorire il mantenimento dello spettacolo, la sostenibilità ambientale, la sostenibilità finanziaria e l’attrattività verso nuovi costruttori. Le power unit 2026 dovranno fornire performance simili a quelle della attuali unità turbo-ibride e favorire la convergenza fra le performance di tutti i costruttori.
La sostenibilità ambientale, che i vertici della Formula 1 intendono perseguire attraverso l’ambizioso obiettivo di arrivare all’impatto zero a partire dal 2030, è un processo iniziato nel 2014 con l’introduzione dei propulsori ibridi ed esteso ai carburanti mediante l’utilizzo dei biocarburanti E10.
I propulsori di nuova generazione, saranno concepiti in modo da minimizzare sensibilmente l’impatto ambientale attraverso l’impiego di energia elettrica fino al 50% e l’utilizzo di carburante sostenibile al 100%.
La sostenibilità economica dovrà impegnare tutti i costruttori nel complicato esercizio di ridurre i costi complessivi mantenendo l’elevato contenuto tecnologico che da sempre è l’elemento distintivo della massima formula.
L’ultimo obiettivo che la nuova architettura delle unità turbo-ibride dovrà raggiungere è per certi versi quello più sfidante, attrarre nuovi costruttori.
Non è possibile immaginare che la massima espressione della tecnologia applicata alle quattro ruote possa essere rappresentata ancora a lungo da soli tre costruttori come accadrà almeno fino al 2025 in quanto, con il rispetto dovuto, la chiara paternità delle power unit Red Bull PowerTrains non la nobilita a costruttore.
L’insieme delle proposte a supporto dei nuovi propulsori sembrano certificare l’ingesso nel circus del gruppo Volkswagen, attraverso i marchi Audi e Porsche.
Se i vertici della F1 hanno l’oggettiva necessità di arricchire il parco costruttori con nomi prestigiosi, alcuni team non intendevano piegarsi alle richieste del colosso di Ingolstadt, quali condizioni imprescindibili per il loro enorme investimento nel progetto Formula Uno (clicca qui per approfondire).
Il timore di alcuni team come Alpine era quello di fornire un regolamento tecnico ad-hoc per il know-how in possesso dei tecnici di Audi-Porsche in grado di determinare un potenziale vantaggio competitivo simile a quello Mercedes all’alba della generazione dei propulsori turbo-ibridi.
La disponibilità dei team a convergere verso una tecnologia in parte conosciuta dal colosso tedesco, potrebbe essere legata a specifiche rassicurazioni fornite dai vertici della F1 in merito a una concorrenza almeno paritetiche nella realizzazione dei nuovi propulsori.
In chiave 2026 si è discusso di alcune modifiche al regolamento tecnico che disciplinano la parte aerodinamica che complementano le proposte sulle unità turbo-ibride condividendone le finalità.
In particolare si è evidenziata la necessità di: diminuire la resistenza aerodinamica delle attuali wing car in modo da concorrere alla sostenibilità efficientando la potenza delle future power unit attraverso una minore resistenza all’avanzamento, affinare l’attuale concept aerodinamico in modo da migliorare ulteriormente l’handling delle monoposto in scia, ridurre le dimensioni delle monoposto, ridurre la massa delle monoposto, estendere la standardizzazione di alcune componenti in modo da produrre un’ulteriore diminuzione dei costi, continuous improvement sul tema della sicurezza.
Durante la riunione di oggi è stato inoltre approvato, all’unanimità, l’utilizzo della helmet cam in tutti i caschi a partire dalla prossima stagione, che ha debuttato lo scorso anno nel gran premio del Belgio.
Infine, è stata approvata all’unanimità la riduzione dell’assegnazione di pneumatici da 13 set a 11 in due eventi della stagione 2023 in via sperimentale. Poche righe di un comunicato che custodisce enormi cambiamenti e che pone le basi di una svolta epocale in termini tecnologici e agonistici della Formula 1 del futuro.
F1-Autore: Roberto Cecere – @robertofunoat
Foto: F1, Oracle Red Bull Racing, Audi, Aston Martin F1