F1 – Bugie terapeutiche. Per motivare e sostenere una persona che ha bisogno di ritrovare gli stimoli giusti ad operare servono anche queste. Subito dopo un complicato Gran Premio di Imola, Toto Wolff si è sentito in dover di entrare nelle comunicazioni tra Lewis Hamilton e Peter Bonnington per mostrare il proprio rammarico per una vettura non all’altezza del pedigree di un pilota che, alla riprova dei fatti, è il più vincente di sempre. Ecco la breve conversazione tra i due andata in onda in diretta mondiale.
–Wolff: “Lewis, ciao. Scusa per quello che hai dovuto guidare oggi. So che questa macchina era inguidabile e questo non è quello che meritiamo di ottenere come risultato. Ripartiremo da qui, ma questa è stata una gara terribile“.
–Hamilton: “Sì, non preoccuparti Toto. Continuiamo a lavorare duro“.
–Wolff: “Sì lo faremo. Verremo fuori da tutto questo”.
Sgombriamo subito il campo dalle illazioni: non stiamo sostenendo che le parole del manager viennese fossero fasulle. Sono strategiche? Chiaramente sì. Lewis Hamilton è una sorta di asset per la Mercedes che paga profumatamente per sfruttare i suoi servigi. Ha ogni interesse a che il polita produca ed esca dalla catatonia sportiva che si è manifestata piuttosto a sorpresa sulle rive del Santerno. E non altrove. Perché bisogna anche allontanarsi dall’idea secondo cui, ad oggi, Russell abbia bastonato il compagno di squadra. Ma a questo ci arriviamo dopo.
Il messaggio di Wolff era funzionale. Utilitaristico a ben vedere. “L’utilità è ciò che produce vantaggio e che rende minimo il dolore e massimo il piacere” diceva Jeremy Bentham quando introduceva la sua visione etica riconducibile ad una sorta di algebra morale. Un “calcolo felicifico” che Wolff ha dovuto fare per il bene del suo team. Questo è più o meno ciò che sostiene Nico Rosberg che, state sereni, nel frattempo non si è specializzato in filosofia dell’era moderna.
“Toto stava giocando ad un gioco mentale, il che è molto intelligente. La Mercedes – ha spigato l’iridato 2016 che conosce molto bene il team principal viennese – si sta prendendo la colpa da sola cercando davvero di sostenere mentalmente Hamilton. Lo sta facendo sollevandolo e dicendo: <<Ehi, Lewis, non è opera tua, dipende davvero da noi>>. È molto intelligente perché non è proprio la verità. Russell è comunque riuscito a ottenere la quarta posizione con un fine settimana brillante, quindi c’era di più in quella macchina“.
Che a Imola Hamilton abbia corso “col braccino” è un fatto anche se ci sarebbero questioni sportive (un pit stop errato) e tecniche più profonde da introdurre e che abbiamo analizzato altrove (leggi qui). La situazione, insomma, è più complessa di quanto si possa superficialmente descrivere (cosa che si sta verificando). Il Gran Premio dell’Emilia Romagna di F1 ha fotografato quella realtà ed è un errore desumere una legge generale di stampo deterministico affermando che Russell stia sistematicamente battendo il compagno. Anche se la classifica dice questo.
Vi sono dinamiche da approfondire perché ogni singolo gran premio ha avuto uno svolgimento peculiare. Nel confronto interno in casa Mercedes, in Bahrain, Hamilton è stato davanti sia in qualifica che in gara. Sul passo Russell non è mai stato in grado di impensierire Lewis. A Jeddah il vicecampione del mondo, in qualifica, si smarrisce insieme al suo box e sbaglia l’assetto. Parte indietro. Recupera molte posizioni fino ad arrivare, quando viene deliberata la virtual safety car, a poco più di cinque secondi dal giovane talento di King’s Lynn.
Il box sbaglia in maniera piuttosto clamorosa la chiamata sotto VSC costringendo Hamilton a non approfittare. L’inglese resta “incastrato” con la corsia box chiusa. Se Vowles avesse letto meglio il momento Lewis avrebbe “pittato” ripartendo a ridosso del compagno (grazie al delta velocistico annullato dallo status della pista) con gomma fresca. Probabilmente avrebbe avuto la possibilità di chiudere davanti a Russell dopo aver comunque mostrato un passo più solido.
In Australia parte davanti in qualifica. In gara è sempre stato lepre. George è fortunato col timing della safety car, Hamilton no. Si ritrova settimo, recupera dieci secondi sul compagno ma quando arriva negli scarichi della W13 n°63 vengono de facto congelate le posizioni. Il podio lo perde per sfortuna, non per imperizia.
Un’osservazione più attenta dice dunque che Hamilton non ha in sostanza sofferto il confronto se non a Imola. Ciò ci conduce verso un altro quesito che in queste ore sembra farsi spazio nella narrazione della F1: il britannico ha perso gli stimoli? Mercedes lo supporta per fargliene trovare di nuovi? Questo è una domanda assai spinosa alla quale non è possibile dare una risposta. Che eventualmente alberga solo nella testa del diretto protagonista che non si è espresso.
La carriera del conducente di Stevenage può però dare delle indicazioni. Lewis si è rialzato da molti momenti difficili: il titolo del 2007 che gli scivola dalle mani nelle ultime gare, annate in cui ha guidato mezzi non proprio all’altezza di un mondiale, la delusione cocente dopo il campionato 2016.
Risulta ora improbabile che una singola battuta d’arresto, in un contesto tecnico comunque oggettivamente difficile, possa piegare un professionista che quattro mesi fa ha subito una beffa che ha determinato la riscrittura di regole e la sostituzione di dirigenti che evidentemente hanno male operato.
A Miami, o forse a Barcellona dove dovrebbe arrivare un cospicuo pacchetto di update per la bizzosa W13, potrebbe ripartire il campionato di Lewis che al momento non può avere velleità di alta classifica. L’obiettivo è quello di rimettere sui giusti binari la F1 di Mike Elliott in sinergia col team e con il compagno di squadra. Queste le priorità di un pilota che, chiaramente, vorrebbe realizzare ciò stando davanti a Russell. Anche per sedare strane voci che circolano in questi giorni.
F1 – Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Mercedes AMG F1