F1 – Tempi duri in casa Red Bull. I vicecampioni del mondo sono alla prese con due tipi di difficoltà. La prima riguarda una macchina che deve recuperare un gap prestazionale nei confronto della Ferrari che domenica scorsa, in Australia, è sembrato piuttosto grande. La RB18 è una monoposto pensante e sta pagando soprattutto in termini di maneggevolezza tanto da soffrire nei tratti più guidati come dimostra il T3 dell’Albert Park.
A tal proposito è prevista un’importante cura dimagrante che dovrebbe partire sin dal venerdì prossimo quando, ad Imola, potrebbe essere proposto un nuovo pacchetto che dovrebbe far risparmiare chili e decimi di secondo alla vettura concepita da Adrian Newey.
Se quello relativo all’handling è un problema le cui cause sono state individuate e la cui soluzione passa attraverso gli update già schedulati, più complessa è la situazione che investe l’affidabilità, vero e proprio elemento che sta tarpando le ali alla vettura di Milton Keynes.
Ciò che mette in ansia l’ambiente anglo-austriaco è la diversa natura dei problemi sin qui occorsi che investono soprattutto la componentistica di servizio del propulsore HRC. In Bahrain il doppio ritiro è arrivato a causa di un improvviso calo della pressione del carburante occorso ad entrambe le vetture.
La necessaria quantità di miscela E10 per terminare le operazioni era presente nei serbatoi delle RB18. Ciò che si è verificato un vuoto che non ha permesso al complesso sistema di aspirare carburante portandolo alla power unit HRC. Perché si giunti a questa situazione? Si è verificato l’effetto cavitazione che consta nella formazione di zone di vapore all’interno di un fluido che poi implodono. La cosa capita quando i residui di carburante vengono “sparati” sulle pareti di contenitori quasi vuoti.
La limitata miscela rimanente aumenta di temperatura perché viene diradata a causa delle forze in gioco quando la macchina è in pista. Man mano che i gradi aumentano si arriva al punto di vaporizzazione che determina un blocco di vapore nella pompa da cui scaturisce un repentino, e nel caso del Bahrain, fatale abbassamento della pressione. Cosa che non ha permesso alla pompa di pescare il liquido che nel frattempo cambiava il suo stato.
Questa difficoltà è stata affrontata e superata. Tanto che a Jeddah è filato via tutto liscio. Ecco perché lo stop dell’Albert Park è stato del tutto inatteso. Il problema ha riguardato sempre l’impianto di alimentazione, ma in un’area diversa. Fatale per Max Verstappen è stata una perdita improvvisa di carburante le cui cause, dopo un’analisi approfondita svolta a Sakura dove è stato spedito il motore Honda, sono state individuate come rivelato da Helmut Marko, il consulente e responsabile del programma piloti della Red Bull Racing F1.
Il dirigente austriaco, cercando di coprire dati sensibile che potrebbero far gola alla concorrenza, non è voluto scendere in dettagli. Ha soltanto rilevato che l’aver capito cosa è accaduto non equivale ad aver risolto la questione. “Siamo stati in grado di trovare la causa della perdita di carburante nell’auto di Max Verstappen. Tuttavia, il fatto che siamo arrivati alla radice della questione non significa che abbiamo la soluzione immediata. La questione è molto complessa ed il problema è assolutamente diverso da quello del Bahrain“.
Red Bull si avvicina al Gran Premio dell’Emila Romagna con più incognite che certezze. Ad Imola potrebbe arrivare il tanto atteso pacchetto evolutivo necessario a conferire agilità alla monoposto per aumentare il livello di fiducia dei due piloti nell’affrontare la pista. Chiaramente, la situazione relativa alle power unit genera molte preoccupazioni perché le problematiche, considerando anche quelle avute dalle Alpha Tauri di Gasly, a Sakhir, e quella di Yuki Tsunoda, a Jeddah, descrivono un ventaglio di difficoltà che non può lasciare sereni.
Ciò su cui si sta lavorando alacremente in questo giorni è sulle caratteristiche dei nuovi carburanti con base d’etanolo. Il diverso grado di corrosività che presentano sarebbe alla base degli stop arrivati sulle Red Bull. Si sta quindi provvedendo ad un’analisi sui materiali delle raccordature e su tutte le guarnizioni di tenuta di un impianto che lavora ad alte pressioni di esercizio. Contestualmente, il fornitore Exxon Mobil sta studiando miscele meno aggressive che possano sposarsi con un propulsore che, sino all’anno scorso, era stato una corazzata sul versante affidabilità. Nei prossimi appuntamenti capiremo se è stato cavato il proverbiale ragno dal buco.
F1 – Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Oracle Red Bull Racing