F1 – Il Gran Premio di Imola ha avuto un sapore agrodolce per la Mercedes. Al mezzo disastro sportivo di Lewis Hamilton ha fatto da contraltare una prestazione maiuscola, l’ennesima, di George Russell che, dall’altro dei suoi quattro piazzamenti in stagione entro la quinta posizione, si sta dimostrando il passista della categoria. Ovviamente non è tutto oro ciò che luccica. Sulle rive del Santerno la W13 si è comportata tutt’altro che bene e sono servite una serie di circostanze favorevoli per far sì che il pilota di Kyng’s Lynn agguantasse 12 preziosi ed inattesi punti.
La vettura concepita dall’equipe di Brackley ha sofferto per i soliti problemi correlati al pompaggio aerodinamico. Ma stavolta si è insinuata una nuova difficoltà che gli ingegneri avrebbero volentieri fatto a meno di dover affrontare: la gestione termica delle gomme in condizioni di pista fredda. Durante le qualifiche del venerdì la cosa è emersa in maniera piuttosto brutale obbligando i due piloti a guardare la Q3 dal box. Sono giorni difficili per AMG F1 e, si sa, il problemi non camminano mai da soli.
Imola ha messo sul piatto tre questioni alla quali Mercedes sta lavorando: porpoising (un classico ormai), attivazione delle gomme, difficoltà a rimanere in scia. Partiamo proprio da quest’ultimo aspetto. Sul tracciato che sorge sulle colline circostanti il fiume Santerno la W13 è stata particolarmente sensibile a quello che Andrew Shovlin, trackside engineer del gruppo anglo-tedesco, ha definito il “Treno DRS”.
Hamilton, dopo la sosta ai box, è rimasto imbottigliato dietro la AlphaTauri di Pierre Gasly nonostante potesse adoperare l’ala mobile. Cosa che anche il francese poteva fare essendo costantemente a meno di un secondo dalla Williams FW44 di Alex Albon. Una macchina che riesce a sviluppare con naturalezza velocità di punta interessanti. Sicuramente superiori alla W13 e alla AT03.
La conformazione della pista che presenta pochissimi tratti full gas e l’unico punto DRS hanno di fatto annullato il benefit di circa mezzo secondo conferito dal dispositivo quando è operativo. Ecco che Hamilton ha tentato vanamente si scrollarsi dalla scomoda quattordicesima pizza. Le difficoltà sono state acuite anche da una monoposto ballerina in frenata e non efficace in trazione: evidente l’elastico rispetto alla monoposto faentina in queste fasi.
Problematiche tecniche endemiche al progetto W13 che riconducono direttamente ai saltellamenti che stanno incatenando le prestazioni che, stando al parere degli ingegneri, sarebbero del tutto diverse da quelle attuali se la macchina non continuasse a mutare il suo assetto in base alle fasi di compressione/decompressione frutto del porposing.
Il fenomeno è comune ad altre monoposto in griglia, ma quello che lo rende “mortifero” per la Mercedes W13 è la frequenza e la velocità di attivazione. Se guardiamo la Ferrari F1-75, una vettura che tuttora ne soffre, notiamo che l’oscillazione è meno “sincopata”. Quindi è possibile gestire meglio il movimento sussultorio che sparisce a velocità medie. Per tal ragione la creatura di David Sanchez è efficace anche nei tratti medio-veloci. Cosa che non sa fare la Freccia d’Argento che inizia a sobbalzare ad andature più contenute amplificando pericolosamente l’onda mentre la velocità cresce.
Nel GP d’Australia in fenomeno è stato piuttosto evidente nelle curve 9 e 10. La macchina entrava in pieno pompaggio e soffriva nel cambio di direzione repentino verso destra. Solo nel T3 dell’Albert Park Hamilton e Russell perdevano oltre sei decimi. Il 70% del deficit totale pagato rispetto al giro della pole position ottenuta da Charles Leclerc. Viene da sé che senza risolvere questa dinamica la macchina sarà sempre incapace di consentire ai piloti di estrare potenziale e di sentirsi a proprio agio.
Il comportamento è imprevedibile: in base alle fasi di ascesa-discesa la vettura muta di colpo le sue caratteristiche: dal sovrasterzante (retrotreno alto ed effetto Venturi meno pronunciato) sfocia nel sottosterzante (retrotreno basso con relativa massima generazione di spinta verticale). Ecco perché in Mercedes sono alle prese con una vera e propria sfida ingegneristica: i campioni del mondo si trovano ad affrontare problemi inediti che stanno risucchiando parecchie energie.
Fino ad ora gli esperti inglesi hanno attentamente ponderato il comportamento delle vetture senza farsi prendere dalla “smania da aggiornamento selvaggio”. Cosa impossibile da fare quando la tagliola del budget cap e delle limitazioni agli orari di lavoro morde feroce. Ma il tempo di muoversi è arrivato.
Avendo escluso a monte il ritorno alla configurazione più convenzionale vista a Barcellona, in Mercedes hanno approntato un programma di update migliorativi che già ha preso il via ad Imola dove si sono viste modifiche di dettagli nella zona dei coni antintrusione (nuova forma) sotto la quale sono spuntate alette che avevano il compito di energizzare l’effetto downwash (vedi foto in alto). In Emilia Romagna sono state apportate piccole modifiche anche al pavimento, nella zona che precede le ruote posteriori. L’ala posteriore usata, invece, è quella apparsa a Jeddah che ormai è diventata lo standard.
Modifiche di micro-aerodinamica che si incastonano un un programma più ampio e graduale. A Brackley continuano a pensare che la filosofia sulla quale hanno basato la vettura sia efficace. Il concept studiato nei mesi scorsi ha provato ad esaltare la ricerca della velocità di punta riducendo quegli ingombri che potessero generare drag. Tentativo ad oggi non riuscito a causa delle altezze da terra anomale a cui viaggia la macchina.
Ma forse anche provocato da una grande esposizione degli penumatici posteriori che non sono “protetti” da pance più formose come accade su vetture che ora sono oggettivamente più efficaci come Red Bull RB18 piuttosto che Ferrari F1-75. Inoltre, è anche la power unit che potrebbe essere stata sopravvalutata nella spinta generale necessaria a compensare un’ala posteriore molto generosa e che si rende quasi obbligatoria per cercare di ripristinare quei punti di downforce che stanno mancando dal fondo che lavora male per i motivi su riportati.
La questione è al contempo complessa e semplice: la W13 non sta funzionando per come è stata progettata. La monoposto gira ad altezze dall’asfalto più elevate di quelle per cui è stata concepita. Da ciò deriva una sensibile perdita di prestazioni. Per un mese e mezzo questa dinamica è stata approfondita in fabbrica dove si è riscontrata una certa difficoltà di correlazione dati tra pista e sistemi informatici.
Un inedito per un team che su questo processo ha basato le sue fortune. Dopo quattro gare di immagazzinamento e gestione di elementi probatori una piccola luce in fondo al tunnel si inizia a intravedere. Segnali incoraggianti che fanno ritenere che sin da Miami qualche novità più succulenta potrebbe arrivare col fine di capire se i tecnici sono instradati sul giusto sentiero.
Barcellona doveva essere il gran premio della presentazione del pacchetto completo di update. E così sarà. Ma alcune soluzioni verranno anticipate a Miami che, pur essendo un tracciato nuovo e che quindi non offre termini di paragone, presenta tre tratti ad alta velocità sui quali si può verificare sul campo l’efficacia dei sistemi anti-porpoising introdotti (per conoscere le caratteristiche dell’inedito circuito statunitense clicca qui). In Mercedes sanno che la risoluzione dei problemi non arriverà dall’oggi al domani. Si tratta di una ponderata e graduale corsa a tappe che potrebbe clamorosamente rimettere in gioco un team che ad oggi naviga in acque molto mosse.
Le prossime due gare saranno molto importanti perché in Mercedes si dicono fiduciosi di tenere i battistrada alla portata. Quando Wolff parla di trovare la chiave nella comprensione della vettura si riferisce ad una soluzione aerodinamica che permetta di eliminare il porpoising sulla macchina senza stravolgere il concetto aerodinamico “zero sidepod“. Soluzione che secondo Shovlin esiste. Vedremo.
Detto del porpoising e delle difficoltà di gestire le fasi di gare in cui la vettura è ingaggiata in scia ad un’altra, resta la terza questione emersa da Imola: la difficoltà nel management termico delle coperture Pirelli. Già in Australia la W13 aveva avuto bisogno di due giri di warm-up prima di partire per il tempo cronometrato. E la cosa accadeva con temperature relativamente alta. Ad Imola, specie venerdì quando l’asfalto non toccava i 20°C, il problema ha preso le sembianze della montagna invalicabile. Con i risultati che ben conosciamo.
Questo aspetto è quello che preoccupa meno i campioni del mondo in carica perché lo ritengono sostanzialmente frutto di due circostanze. La prima è chiaramente l’anomalia termica emiliano-romagnola che nel corso dell’annata non si riscontrerà con costanza. La seconda, quella più importante, è che si ritiene quello delle temperatura un effetto indesiderato degli assetti che la vettura è costretta ad utilizzare per far fronte al porpoising. Nel momento in cui questo difetto sarà fissato dovrebbero sparire tutta questa serie di afflizioni collegate.
Per tale ragione in Mercedes continuano a nutrire un barlume di speranza nel ridare un senso alla stagione. Si calcola che i guadagni cronometrici saranno molto sensibili perché, senza sobbalzi e con assetti idonei, il layout con pance rastremate inizierà a mostrare tutte le virtù che sono state osservate ai simulatori e in galleria. Il grande quesito che resta ad oggi irrisolto è se la Stella a Tre Punte riuscirà a svincolarsi dalle difficoltà. Le prossime due gare dovrebbero definitivamente rispondere a questo quesito.
F1 – Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Mercedes AMG F1, Albert Fabrega