F1. Quello del budget cap è un discorso ciclico al quale, di tanto in tanto, si aggiungono ulteriori dettagli. Quando fu postulato e reso operativo, il contesto internazionale era ben diverso da quello contemporaneo. Prima la pandemia di Covid-19 e poi l’escalation militare in Ucraina hanno generato una massiccio aumento dei prezzi delle materie che si sta riverberando in maniera pesante su una Formula Uno schiacciata dal costo della logistica.
Il tetto di bilancio, nei suoi testi applicativi, non contempla alcun meccanismo di protezione. Quella “scala mobile“ che altro non è che un semplice strumento economico in grado di indicizzare automaticamente i livelli di spesa in funzione degli aumenti dei prezzi di alcune merci col fine di contrastare la diminuzione del potere di investimento delle scuderie.
Tale capacità di allocare risorse è diminuita notevolmente a causa di livelli inflattivi senza precedenti registrati negli ultimi due anni. Se anche un convinto fautore della spending review come Andreas Seidl inizia a vacillare vuole dire che i segnali economici sono tutt’altro che rassicuranti.
F1. Budget cap: i team chiedono la “scala mobile”
Il team principal della McLaren ha parlato di circostanze non previste (aumenti pesanti dei costi per l’energia e per i trasporti) che dovrebbero portare a nuove e più ragionevoli soluzioni.
Il vero problema è lo sforamento quasi sicuro rispetto ai parametri di investimento programmati per il normale esercizio stagionale e per gli sviluppi messi in cantiere sulle monoposto. Con gli aumenti sarà impossibile fare tutto restando entro quella soglia massima. Seild chiede che venga appunto applicata quella scala mobile di cui abbiamo parlato in precedenza: “Bisognerebbe ridiscutere il limite del budget cap indicizzandolo all’aumento del costo della vita e dunque dell’inflazione“.
A Woking, complice una MCL36 non nata benissimo, hanno pianificato molti sviluppi che potrebbero restare nei cassetti degli ingegneri se non ci sarà un adeguamento all’inflazione. Per questo è importante che si discuta tra i team per trovare una soluzione per individuare la quale servirebbe l’assenso di otto scuderie su dieci. Un fronte che pare non esistere a causa della riluttanza di alcuni team.
La FIA è chiamata a dirimere la situazione in tempi brevi. La mancata sostituzione del GP di Sochi, con relativa sparizione dei costi necessari per la trasferta russa, è un cerotto che non cauterizza la ferita e la conseguente emorragia.
F1. Horner lancia l’allarme: sette team non disputeranno le ultime 4 gare
Anche per questo si è levato il coro di dolore di Chris Horner che spinge come un toro per un adeguamento del budget cap all’aumento del tasso d’inflazione. Che in Gran Bretagna, ove sono allocate quasi tutte le scuderie di Formula Uno, è arrivato al 7%. Il team principal della Red Bull teme che una nutrita fetta di franchigie (si stima possano essere sette) non riusciranno a disputare le ultime quattro gare. Una visione osteggiata da Otmar Szafnauer della Alpine che si è messo a capo dei team reazionari che vogliono mantenere lo status quo.
Ecco che si potrebbe giungere alla classica posizione mediana, al compromesso che la FIA ritiene di concretizzare nel concedere un adeguamento di spesa solo per coprire i maggiorati costi delle trasferte. Una decisione necessaria ad evitare che l’extra budget stanziato per coprire l’inflazione galoppante non non venga immesso nel circuito dello sviluppo delle vetture.
F1. Serve una ristrutturazione alla fondamenta pe rispondere alle crisi globali
Il taglio di un GP dal calendario e qualche spicciolo per le trasferte sono manovre di contenimento di brevissimo periodo. Liberty Media ne è conscia e per questo sta mettendo in campo dispositivi più efficaci per tenere testa ad un complesso panorama internazionale che ad oggi non dà segnali di inversione.
Nel 2019 il colosso americano che fa capo al presidente John C. Malone e all’AD Greg Maffei aveva annunciato un piano per rendere la Formula Uno “carbon neutral” entro il 2030 razionalizzando il calendario. Questo l’obiettivo primario ma la sensazione è che il vero scopo sia quello di tagliare massicciamente i costi di movimentazione del materiale perché abolire del tutto le emissioni nel giro di otto anni è utopia.
Aumento dei prezzi e sempre minore disponibilità al trasporto delle aziende dell’indotto hanno stanno spingendo la proprietà americana a ribaltare le prospettive: al primo posto la logistica e poi la questione ambientale. Anche se una posizione ufficiale, per ovvie ragioni opportunistiche, non è stata annunciata.
La F1 ha la necessità di organizzare un calendario per aree geografiche che permetta una drastica riduzione degli spostamenti. Traguardo non semplice da raggiungere perché sarà necessario riscrivere gli accordi con gli organizzatori che dovranno concordare eventuali con i vertici della serie. Servirà uno sforzo da parte di tutti.
Se consideriamo il 2022 vediamo che, dopo l’avvio mediorientale, il Circus si è spostato in Australia per poi andare in Europa e ritornare in America per riabbracciare ancora il Vecchio Continente. Ciò prima di lasciarlo per la tappa canadese che prelude al nuovo rientro in Europa. Una dispersione di risorse inaccettabile.
Per i prossimi anni si sta lavorando per raggruppare gli eventi: gare americane con i tre GP made in USA, Canada, Messico e Brasile. Gare europee con gli appuntamenti classici. Gare mediorientali e infine eventi asiatici nei quali inglobare anche Baku e Australia.
Una riscrittura di ampio respiro che contempla buone dosi di ambizione e dalla quale dipenderà la stessa vita della Formula Uno che ha l’impellenza di reperire fondi ulteriori (a mezzo risparmio di spesa) per rimpinguare le asfittiche casse dei team. Questo soprattutto se, negli anni, Liberty Media vuole raggiungere quota 25 gran premi stagionali. In questo percorso il placet delle scuderie è decisivo e quindi sarà necessario convincerle cedendo alle loro richieste. Che appaiono legittime.
F1 – Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Scuderia Ferrari F1, Oracle Red Bull Racing