Sulla controversa questione F1 in America ne avremo ancora per molto. Non basterà semplicemente andare avanti e concentrarsi direttamente sul prossimo appuntamento spagnolo, la querelle non si dissiperà tutta qui.
L’indiscutibilmente ben confezionato “prodotto Miami” ha riscosso il successo auspicato: come prevedibile che fosse, il weekend è stato un grande successo, una festa continua che ha coinvolto in maniera significativa anche coloro i quali a questo sport in fondo non si sono mai interessati granché.
Il che chiaramente è un bene: maggiore interesse significa maggiore attenzione. Tuttavia è stata notata da molti la connotazione pantagruelica che questo appuntamento ha avuto, a tratti marcatamente “sagra della Formula 1” piuttosto che “quinto appuntamento mondiale, gran premio di Miami”.
F1 – Stati Uniti e Formula Uno: due mondi troppo distanti?
Insomma, una sorta di carnevale posticipato che ha riscontrato non poche polemiche (per ulteriore approfondimento, leggi qui ) e che in buona sostanza, stride parecchio con il concetto classico di Formula 1 per eccellenza. Specialmente se si considera il fatto che questa gara new entry sia stata collocata in calendario immediatamente dopo Imola, intramontabile circuito storico per eccellenza.
Quindi sebbene questa americanata abbia riscosso enorme consenso da parte del grande pubblico, d’altro canto ha anche fatto storcere il naso a parecchi. E non c’è ombra di dubbio che in questa seconda fazione rientri finanche Bernie Ecclestone: dall’alto dei suoi 91 anni e della sua encomiabile esperienza, si può dire sia stato colui che ha contribuito a rendere la F1 l’eccellenza indiscussa che è oggi.
La sua è un’evidente accusa nei confronti dell’attuale gestione del circus: a suo avviso se questo sport sta prendendo una piega sempre più americana, è principalmente a causa della proprietà Liberty Media, la quale sin da quando è approdata al comando nel 2016 ha mostrato queste “mire espansionistiche” atte ad offrire un’immagine rinnovata al proprio pubblico.
Lo dimostra il fatto che oltre la tappa di Austin, quest’anno abbiamo assistito al debutto di Miami e la prossima stagione ci sarà anche il “battesimo” di Las Vegas; dunque un palese incremento di America in uno sport parecchio europeo, non c’è che dire.
Tuttavia, Ecclestone è piuttosto fermo sulla sua posizione: non tutto ciò che è frutto di un’americanata pazzesca è necessariamente un bene, nonostante susciti clamore ed entusiasmo da parte del grande pubblico. Ed aggiunge inoltre anche che, come si suol dire “ai suoi tempi”, le modalità di gestione erano tutt’altre.
F1 – I numeri premiano la “Formula America”
Semplice polemico “nonnismo”?! Non possiamo saperlo, ma in parte possiamo anche condividere le sue ragioni. Altro risvolto della medaglia è però, l’indiscutibile ventata di novità che questa pittoresca parentesi ha portato: anche team principal come Toto Wolff (Mercedes) e Zak Brown (McLaren) si sono trovati in disaccordo con quanto dichiarato da Ecclestone.
La portata che ha avuto questo evento in termini di partecipazione e coinvolgimento, senza sottovalutare anche l’aspetto delle incrementate richieste a livello di sponsor, pare sia stata a dir poco eccezionale secondo loro. Insomma, un fenomeno che varrebbe la pena ripetere (o quantomeno blindare nei calendari avvenire).
Come è naturale che sia, inevitabilmente si giunge ad un punto storico in cui coloro che fanno parte della “vecchia guardia” sostengono di aver costruito il meglio, mentre al contrario i “contemporanei” sono convinti di poter creare qualcosa di superiore, rivoluzionando il pregresso: che la F1 sia giunta a questo punto di svolta? Possibile…
F1-Autore: Silvia Napoletano – @silviafunoat
Foto: F1, Scuderia Ferrari F1