Arrivati al quinto appuntamento stagionale del mondiale di F1 2002 le carte, apparentemente, si stanno mischiando. Per la prima volta quest’anno a guidare la classifica del venerdì non è una Red Bull o una Ferrari, ma bensì la Mercedes di Russell. Una W13 molto in palla che potrebbe ingannare. Le due rivali sono appaiate, seppur ancora una volta vadano a costruire il proprio vantaggio in maniera differente. Senza ulteriori preamboli immergiamoci direttamente nell’analisi odierna.
Mettendo nel punto di mira la RB18, notiamo come ancora una volta i tecnici di Milton Keynes abbiano optato per un assetto mediamente più scarico, che gli consente di raggiungere velocità parecchio elevate. Cambia il tracciato, ma le forze in gioco paiono essere ancora una volta le stesse. Le grosse differenze arrivano solo nei due rettilinei più lunghi della pista. Seppur a guardare la mappa sembri un tracciato molto rapido, il tempo speso nelle curve più lente ha un peso specifico molto importante.
D’altronde si sa, come dicevano i grandi piloti del passato, il tempo si fa nei tratti più guidati. Osservando la telemetria, la F1-75 comincia a farsi sentire nel cambio di direzione tra curva quattro e cinque. Qui si passa a media velocità e la componente meccanica deve farsi sentire. Come abbiamo detto più volte nel nostri approfondimenti, i cinematismi della vettura italiana la rendono molto agile nell’impostare la chicane. Un trend che si era apparentemente invertito ad Imola, dove la RB18 sembrava affrontare molto bene le prime due chicane della pista italiana.
Dopo un faticoso tratto rettilineo la vettura del Cavallino Rampante torna a guadagnare nel tratto di curve più tortuose. Un complesso di tornate a bassa velocità dove la trazione risulta fondamentale. In questa zona si vede nettamente come la F1-75 massimizzi l’utilizzo della pista. Caratteristica molto utile in questa sezione è la capacità di aggredire i cordoli senza scomporsi. Tuttavia, nella speranza di recuperare qualche centesimo e ridurre così il più possibile la perdita di tempo in questo tratto, Red Bull potrebbe incontrare maggiori difficoltà aggredendo sin troppo i cordoli bianchi e arancioni di Miami.
Dagli on board abbiamo notato come Verstappen e Perez abbiano ancora margine in frenata. In generale abbiamo visto una RB18 capace di ritardare la staccata, andando quindi a guadagnare molto nelle fasi d’inserimento. La monoposto austriaca, infatti, riesce ad essere molto efficace in questo senso grazie alle scelte sospensive piuttosto estreme come la geometria anti-dive molto spinta. Una sospensione anteriore abbinata ad una posteriore che potremmo definire altamente anti-squat.
C’è anche da dire che la rossa ha sofferto maggiormente di porpoising, fattore che incide in frenata costringendo i piloti ad andare precocemente sul pedale. Da questo punto di vista, però, possiamo dire che il bouncing su questo tracciato risulta meno marcato al momento. Il motivo è da ricercarsi in più aspetti.
Innanzitutto il valore del carico aerodinamico è leggermente minore rispetto alle gare precedenti e questo dovrebbe incidere sull’escursione verticale che subisce il fondo verso le fine dei rettilinei. Inoltre, nel tratto guidato sono presenti dei cordoli così alti da costringere le squadre ad alzare l’altezza da terra delle vetture. Una modifica al set-up che di fatto risulta significativa per limitare il pompaggio aerodinamico.
Prendendo in esame i mini settori tra Verstappen e Leclerc, la vettura Italiana, come detto, guadagna in tutti i tratti dove le velocità si abbassano ed emergono le capacità telaistiche. Il tracciato è stato suddiviso in 90 micro settori, in modo da ottenere un dato il più accurato possibile.
Un po’ per il ridotto porpoising, un po’ per gli aggiornamenti portati per l’appuntamento americano, Mercedes sembra comportarsi molto bene nella pista a stelle e strisce. Abbiamo sottolineato più volte quanto il progetto possa essere competitivo, seppur ci vorranno più gare per arrivare al livello delle prime due squadre. Bisogna infatti andar cauti con i giudizi. Non dovrebbe essere, infatti, un circuito così provante per la loro vettura. Il pompaggio c’è, ma non è così fastidioso durante la percorrenza delle curve.
Tuttavia la W13 sembra esser molto decisamente più composta, anche nei tratti lenti. Oltre a questo, come confermano entrambi i piloti, portare in temperatura le gomme è risultato meno complicato del previsto. Fattore che ha creato un bel vantaggio per il team tedesco, visto che un problemi delle vetture di Brackley era proprio quello di attivare le mescole a dovere.
Per quanto riguarda le simulazioni high fuel le congetture si sprecano. L’interruzione provocata dal botto di Sainz, ennesimo errore di un pilota in netta difficoltà psicologica, ha di fatto complicato le prove con maggiore quantità di carburante a bordo. In casa Ferrari il solo Leclerc ha testato la vettura, adottando una mappatura ICE media. Sulle mescole Pirelli a banda gialla si è notato un basso degrado, sebbene sei tornate sulle Medium siano decisamente troppo poche per dare un giudizio veritiero.
Sugli stessi tempi del ferrarista troviamo il britannico George Russell che, a parità di mescole, ha confermato i progressi della W13 anche grazie all’adattamento aerodinamico proposto a Miami (leggi qui per i dettagli tecnici). Decisamente più sorniona la Red Bull. Il messicano Sergio Perez non ha spinto affatto, cercando di testare la bontà della vettura senza dare punti di riferimento. Mentre il campione del mondo in carica, Max Vertappen, causa problemi tecnici è stato costretto ai box per gran parte delle Fp2.
L’ultima sessione prima della qualifiche risulterà cruciale per “rifinire” il set-up delle monoposto. Il giusto compromesso tra carico aerodinamico ed efficienza, ancora una volta, reciterà il ruolo da protagonista pensando alla gara. Sottile equilibrio che, tenendo a mente la lotta serrata tra Red Bull e Ferrari, andrà sfruttato al meglio per massimizzare le performance e battere l’avversario.
F1-Autore: Niccoló Arnerich – @niccoloarnerich – Alessandro Arcari – @berrageiz
Foto: Scuderia Ferrari