F1. La Commissione Europea propone, il Parlamento recepisce e agisce. L’altro ieri, a Strasburgo, è stata poggiata una pietra tombale sull’evoluzione della propulsione automobilistica. Nulla di definitivo, l’iter è ancora lungo, ma l’indicazione è chiara: col primo voto favorevole alla proposta della Commissione si pongono le basi per il blocco delle vendite delle auto basate su motori a combustione dal 2035.
Il provvedimento si incastra nel più grande ed ambizioso programma “Fit for 55” che si prefigge di giungere al totale divieto della produzione, sul suolo dei Paesi membri della Comunità Europea, dei mezzi fondati sulla propulsione termica. L’approvazione, va immediatamente specificato, non è arrivata con una maggioranza convinta: 339 sono stati i voti favorevoli a fronte dei 249 contrari.
Chi mastica le procedure comunitarie sa che il Parlamento non ha potere di definire nel merito i regolamenti, quindi è necessario passare nuovamente la palla alla Commissione che è l’ente che di fatto definisce le strategea globali dell’UE, propone i nuovi atti normativi e vigila sull’attuazione degli stessi.
Ecco perché il processo è ad uno stato iniziale e potrebbe subire delle mutazioni nel cammino giuridico che lo porterà alla piena delimitazione. Resta chiara però la ratio del provvedimento: vietare l’immissione sul mercato di auto nuove con motore a combustione interna entro il 2035 per poi arrivare ad un ban totale alla circolazione nel 2050. Viene da sé che questa visione politica e culturale possa avere delle ripercussioni sulla Formula Uno.
F1. Liberty Media insiste sui motori termici con alimentazioni “full green”
Le indicazioni emerse dagli uffici francesi di Strasburgo, chiaramente, non hanno fatto menzione del motorsport né tanto meno alla Formula Uno. Ma il problema potrebbe presentarsi negli anni a venire. Le discipline motoristiche sono ad oggi basate per la stragrande maggioranza su propulsioni ben legate alla combustione interna.
Proprio per tale ragione si è inteso coadiuvare i tradizionali motori termici con parti elettriche di supporto che contribuiscono a creare la “cavalleria” totale generata da un propulsore. La F1 ha tracciato una strada arrivando a presentare unità motrici molto efficienti, abbondanti in potenza e che garantiscono una grande affidabilità in relazione alle prestazioni offerte.
Liberty Media, dal momento del suo insediamento, ha imposto una svolta verde che ha preso ufficialmente il via quest’anno. In un programma ambizioso che vuole raggiungere emissioni zero nel 2030, si sta lavorando sulle benzine che via via dovranno contenere sempre più elementi che non siano di provenienza fossile. I carburati E10 (10% etanolo, 90% derivato fossile, ndr) del 2022 dovrebbero arrivare ad un ribaltamento totale delle proporzioni entro la fine del decennio.
E’ questa la strada ecocompatibile che la F1 vuole percorrere ed eventualmente tracciare perché non intende rinunciare a decenni di evoluzione tecnica che hanno permesso di accumulare conoscenze che altrimenti andrebbero perse. Tale visione, chiaramente, cozza con quella emersa con l’atto formale promulgato dalle istituzioni comunitarie. Un bel problema di incompatibilità filosofico-strategica nel medio-lungo periodo.
F1. L’Europa rischia di dire addio al Circus nel lungo periodo?
Ad oggi le parti in causa non si sono ancora espresse. Probabilmente si attendono sviluppi prima di prendere posizione e, nel caso, avviare una controffensiva politica per far valere le ragioni della F1 e del motorsport in generale.
Le prescrizioni che la UE si accinge ad applicare, ovviamente, avranno valenza sul solo suolo comunitario. Oggi la F1 è presente nei seguenti Paesi membri: Austria, Belgio, Francia, Italia (due gare), Olanda e Spagna. Sette gran premi che potrebbero essere a rischio se gli organi comunitari decideranno di estendere il ban – ipotesi tutta da confermare – anche allo sport.
La soluzione potrebbe essere semplice ma dolorosa: spostare ulteriormente dal suolo europeo il baricentro della categoria andando a coinvolgere sempre di più quegli stati che, per caratteristiche geologiche e conseguente vocazione poltico-economica, hanno tutto l’interesse a far sopravvivere i motori termici per allocare carburanti più o meno tradizionali. Anche a fronte della svolta che conduce all’etanolo o ad altre fonti meno inquinanti.
Le grandi compagnie petrolifere mediorientali, infatti, si stanno adeguando ai desiderata di Liberty Media che potrebbe vedere di buon grado un ulteriore allargamento agli Stati Uniti e ad altre nazioni più elastiche nelle loro visioni energetiche di lungo termine.
F1. Una linea di compromesso è possibile? Il potenziale ruolo del “Salva Motor Valley”
In alternativa c’é l’altra strada cui facevamo riferimento poc’anzi: quella della “battaglia culturale” per provare a sovvertire il paradigma comunitario e salvare, di conseguenza, il motorsport europeo: convincere i decisori che i biocarburanti sono la via per permettere di tenere legate due necessità.
In primis quella ecologica che oggettivamente non può più essere rinviata per un ostracismo insensato e colpevolmente anacronistico. In seconda analisi quella tecnica poiché è impensabile che oltre cento anni di evoluzione del motore “tradizionale” vengano buttati nel cestino dei rifiuti per una visione strategica che sa di chiusura mentale perché troppo categorica.
La sfida che la Formula Uno ha raccolto è quella di riuscire a creare delle miscele che non siano impattanti per l’ambiente e che contestualmente possano adattarsi ai motori sviluppati per esse ma anche a quelli oggi operanti.
La tecnologia esiste, così come è in possesso degli specialisti il know-how per realizzare questa architettura concettualmente più aperta che potrebbe favorire un passaggio ad un full electric più graduale. Perché il 2035 è dietro l’angolo se pensiamo alla mastodontica riconversione che l’industria dell’automotive deve mettere in cantiere per adeguarsi al contesto normativo che si sta definendo.
Una linea mediana potrebbe essere trovata grazie ad un emendamento vagliato dell’aula parlamentare e che riguarda direttamente l’Italia. Si tratta del cosiddetto “Salva Motor Valley” (da qualche organo di stampa ribattezzato “Salva Ferrari“, nda) che è stato approvato ieri a margine del più complesso provvedimento politico. Si tratta di un istituto che contempla una deroga al 2036 sugli standard di emissione di Co2 per le aziende che producono meno di diecimila veicoli l’anno. La proposta bipartisan era stata presentata dai parlamentari italiani con il chiaro intento di salvaguardare le aziende che generano numeri relativamente esigui.
L’esistenza di questo emendamento potrebbe essere la dimostrazione che un sistema di deroghe specifiche è contemplato. Una speranza per gli sport motoristici di ogni grado, dalle due alle quattro ruote, dal dilettantismo al professionismo iper-specializzato come quello connotante la Formula Uno.
F1. L’elettrificazione totale dell’automotive? C’è chi dice no.
Il “blocco pro-elecrtic” è compatto? In verità no. L’ondata in favore della propulsione elettrica non incontra l’avallo di tutti i soggetti che hanno a che fare con le quattro ruote. C’è chi vede il futuro della trazione ancora fondato sull’endotermico. E il parere è autorevole visto che parliamo del CEO di una società che dà lustro all’Italia ed è conosciuta in tutto il mondo.
Andrea Pontremoli, dirigente di Dallara Automobili dal 2007, è stato piuttosto categorico in una recente intervista rilasciata a Il Sole 24 Ore: “Sono in polemica con l’Europa – ha riferito il manager italiano – perché virare tutto sull’elettrico è una stupidata e pone un enorme problema energetico, oltre a mettere l’intera industria nelle mani della Cina“.
Effettivamente ci sono realtà in cui la produzione energetica è demandata a metodologie vetuste e tutt’altro che ecologiche ed eco-sostenibili. E’ proprio il caso dell’Italia in cui il nucleare è bandito e altre forme di creazione energetica sono lungi dall’esser sviluppate anche per via di una lentezza politica difficilmente accettabile in pieno climate change. Inoltre, anche sul frangente del fotovoltaico, l’Europa non mostra una spiccata indipendenza dalle materie necessarie a realizzarlo.
Secondo i dati diffusi dalla China Photovoltaic Industry Association, nel Paese asiatico, solo nel 2021, sono stati installati 54.88 GW di pannelli. Una cifra record che nel 2022 avrà un ulteriore balzo in avanti con installazioni stimate per una quota compresa tra 75 e 90 GW. Numeri smisuratamente più elevati di quelli prodotti in Europa che è piuttosto lenta nella riconversione. Specie in aree meno economicamente sviluppate anche se dal potenziale gigantesco dato l’irraggiamento solare. Vengono in mente zone dal potenziale inespresso come il Mezzogiorno d’Italia, il Portogallo, parte della Spagna, la Grecia e via menzionando.
Questo significa che anche l’industria sinica coinvolta nella produzione di pannelli solari cresce. Non solo per il fabbisogno interno, ma anche per soddisfare quello europeo che inizia ad essere famelico di impianti e in cui le speculazioni finanziarie sono quasi fuori controllo. Elettrificare tutto il comparto auto mostrando una dipendenza dalla Cina così spiccata è una politica poco lungimirante che non affranca energeticamente il Vecchio Continente.
Ecco perché Pontremoli – e non è il solo dirigente d’azienda a pensarla in questi termini – punterebbe su altre tecnologie. Come ad esempio quelle basate sull’idrogeno che vedono alcuni paesi arabi iniziare a tracciare un percorso d’avanguardia. Il solo elettrico non ce la può fare per soddisfare la richiesta mondiale di energia. Servirà differenziare le fonti: elettrico, idrogeno e anche biocarburanti. Se questa varietà d’alimentazione sarà tutelata e rincorsa anche da un punto di vista politico allora la Formula Uno potrebbe non risentire della stretta che la Comunità Europea intende apporre del 2035.
Ribadiamo, in chiusura, quanto specificato in precedenza: non ci sono al momento questioni che investono direttamente il motorsport, ma il problema si porrà in un futuro non molto lontano. Anche perché i costruttori presenti nel Circus e quelli che intendono entrare (Volkswagen tramite i suoi marchi Audi e Porsche) vorranno garanzie di trasferibilità. La tecnologia delle power unit turbo-ibride ed il relativo know how acquisito a suon di capitali investiti, non possono non essere travasate nella produzione di serie. Altrimenti il gioco non varrebbe la candela.
Ecco che una profonda riflessione è necessaria per farsi trovare pronti e, magari, per dimostrare di poter essere, come categoria, quella stella polare da seguire per la politica e per il settore automobilistico. La partita è dura e gli esiti non sono scontati. Ecco perché la massima categoria del motorsport deve insistere sulla riduzione delle emissioni: solo così può giustificare la sua presenza in un mondo che oggi non riesce a vedere al di là del full electric. La Formula Uno sappia essere ancora una volta l’apripista tecnologico dell’automotive.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Dallara Automobili, Mercedes AMG F1, Lamborghini, Liberty Media