F1. Un tempo l’asse strategico della Formula Uno attraversava l’Europa. Poche erano le gare che si disputavano lontano dal Vecchio Continente che catalizzava attenzioni, sponsorizzazioni e risorse finanziarie. Non che gli altri Paesi non fossero coinvolti nel grande carrozzone, ma il fulcro della categoria aveva confini ben precisi. Negli anni abbiamo assistito ad un riassetto geografico e geopolitico che ha dissolto il vecchio blocco per creare altri centri di gravità sparsi qua e là per il globo.
In questa grande rimodulazione dello scacchiere operativo si è fatto nodale il ruolo degli Stati Uniti. L’accelerazione decisiva in questo processo di “americanizzazione” è arrivata quando Liberty Media ha acquisito il pacchetto azionario della F1 dalla mani di Bernie Ecclestone. Alla presenza della Haas si è dunque unita quella del colosso dell’intrattenimento che ha iniziato a far sentire il suo peso specifico cambiando radicalmente la comunicazione e introducendo elementi tipici del motorsport di marca USA.
F1: il futuro è a Stelle e Strisce anche se non c’è spazio per Andretti
Lo spostamento al di là dell’Atlantico è ancora in corso di svolgimento. Cosa che ha portato ad avere due gare sul suolo della confederazione americana (Miami ed Austin) nel 2021. Numero che sarà incrementato l’anno venturo quando debutterà il GP di Las Vegas.
Elementi che non fanno altro che confermare due evidenze: che Liberty Media intende spostare il pivot nella terra in cui giacciono le sue attività e che il pubblico americano è sempre più attratto dalle vicende che un tempo appassionavano maggiormente gli spettatori europei.
Viene da sé che in questo contesto altri team “made in USA” vogliano affacciarsi alla F1. E’ il caso della Andretti Global guidata da quel Mario che non ebbe fortuna nell’esperienza come pilota accanto ad Ayrton Senna negli Anni Novanta. La franchigia a “stelle e strisce” aveva già tentato, un anno fa, di fare capolino in Formula Uno acquisendo la Sauber. La trattativa andò avanti per mesi e, quando il closing sembrava vicino, l’accordo fallì a causa di quelli che Andretti chiamava problemi di controllo.
Ma i motivi per i quali l’operazione non è andata in porto sono altri. Bisogna riferirsi a questioni finanziarie. Come sempre. Il regolamento sportivo della F1 prevede che si possa arrivare ad un massimo di 13 team iscritti. Ma non è così automatico superare l’attuale numero di 20 auto in griglia. Le dieci realtà che oggi compongono lo scacchiere del Circus iridato ritengono di aver creato un modello di business molto stabile e decisamente fruttuoso. Per se stessi.
F1. Il Patto della Concordia è blindato
Risulta pertanto complicato immaginare che le altre compagini vedano di buon occhio l’ingresso di un altro attore che deve ingurgitare una cospicua fetta di dividendi regolati da un Patto della Concordia la cui stesura ha rischiato, non più di un anno fa, di far saltare l’intero carrozzone.
Proprio questo documento decisivo per il funzionamento burocratico della F1 stabilisce che ogni nuovo team che voglia affacciarsi alla categoria debba pagare una vera e propria gabella di 200 milioni di dollari. Una bella cifra. Ma si tratta pur sempre di una soluzione unica che nel lungo periodo non copre affatto le risorse assorbite dalla presenza di un’altra scuderia.
Andretti – F1 è più di una suggestione, è un matrimonio che si sta provando a consumare. Ma l’opposizione dei team più potenti è piuttosto netta. Già Toto Wolff ebbe a lamentarsene mettendosi a capo di una frangia reazionaria che, per natura, è avversa al cambiamento. Oggi è il turno di Red Bull di uscire allo scoperto seppur con una posizione più morbida. O diplomatica visto che rinvia al 2026 l’ipotetica scelta.
F1. Red Bull: no a nuovi team, sì ad altri motoristi
Se in prima battuta si era parlato dell’ingresso di Andretti nel 2024 oggi le discussioni vengono traslate di altri due anni. “Al momento – ha spiegato Chris Horner ai microfoni di Bloomberg – abbiamo un sistema a 10 squadre che funziona molto bene. Fino al 2026 non vedo l’arrivo di nuovi team. Si tratterebbe di rilevare una delle realtà esistenti se una nuova compagine volesse entrare nel motorsport“.
Una chiusura piuttosto netta dalla quale si evince una volontà ben chiara: l’attuale Patto della Concordia non si tocca. Horner si mostra invece più aperto, anzi entusiasta, all’idea che un nuovo motorista possa affacciarsi in Formula Uno. Visione strategica interessata? Probabilmente sì.
“Penso che sia fantastico che Audi e Porsche vogliano entrare in F1. Si tratta di marchi iconici. Stiamo entrando in un nuovo capitolo visto che diventeremo produttori di power unit. Oltre alla Ferrari saremo l’unico team ad avere motore e telaio sotto lo stesso tetto, quindi sarebbe logico intrattenere conversazioni con loro dopo che hanno dichiarato l’intenzione di entrare in questo sport“.
Horner, di fatto, chiude alla possibilità che la Volkswagen scenda in campo con un team tutto suo e offre le competenze, le strutture e l’esperienza acquisita con Honda che si sono concentrate nel nuovo reparto powertrains operativo da qualche mese in quel di Milton Keynes. Quella di Andretti, a meno che Liberty Media non intervenga a convincere i team con moneta sonante (ancora una volta i soldi), sembra al momento una scalata molto ardua.
F1 – Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Oracle Red Bull Racing, Andretti Global