F1. Seconda e conclusiva parte dell’intervista rilasciata dall’ingegner Luigi Mazzola ai microfoni di FormulaUnoAnalisiTecnica. Dopo una prima parte (che potete leggere qui), lo scafato professionista si è soffermato sul ruolo del pilota in un’era tecnico-sportiva che mette sempre più in secondo piano l’esperienza diretta in favore dell’aspetto simulativo.
Evidenza che, alla lunga, sta producendo una generazione di conducenti incapaci di gestire fasi critiche come quella dell’avvio del Gp di Monaco. Driver che non sono in grado di offrire i necessari feedback al team nella risoluzione dei problemi e nello sviluppo delle vetture. Fattore chiave ora che ci troviamo all’alba di una nuova generazione tecnica.
F1. Mazzola: “Non esiste più il pilota tester”
“I piloti non sono più quelli di una volta. Un pilota veniva fuori da tante giornate di test. Avevano un serbatoio d’esperienza e di sapienza e potevano dire la loro in maniera autoritaria. Potevano entrare nelle decisioni del team. Qua manca il gioco di squadra. Sainz ha visto solo il suo, puntando al pit stop singolo. E’ una cosa che succede a tutti. Anche ad Alonso ed Hamilton che non hanno più la capacità di capire come va quella macchina con quelle gomme in condizioni particolari. Tutto ciò viene a mancare”.
Il ragionamento di Mazzola, quindi, non è riferito ad un conducente nello specifico. Si tratta di una condizione endemica frutto delle traiettoria che la massima categoria del motorsport ha intrapreso da quando ha stabilito che la sfera simulativa e computazionale dovesse, da regolamento, diventare preponderante, quasi esclusiva, sulle prove effettuate in pista che, in una stagione, sono ridotte a una decina di giorni circa di attività.
“Quando Leclerc dice che il team lo deve supportare evidenzia un deficit. Anche se parliamo di un pilota che insieme a Verstappen fa la differenza, specialmente rispetto ai compagni di squadra. I piloti non riescono a dare indicazioni e il tecnico si trova sfavorito“.
“Una volta – ha proseguito lo specialista – quando si decideva se un assetto fosse o meno migliorativo, ma anche se si testava un’ala nuova a una sospensione diversa, c’erano tre elementi che entravano in gioco: il primo è ciò che ti diceva il pilota. Bastava guardarlo negli occhi e capivi se quello sviluppo era migliorativo. Il secondo erano i dati in telemetria, il terzo il lap time. Ora manca l’elemento del pilota. Perché non gira. Non ha possibilità di provare e capire. Questo contesto toglie la possibilità di minimizzare gli errori.
F1. La differenza tra Ferrari e Red Bull è data anche dalla presenza di esperti come Adrian Newey
“In un team come Red Bull ci sono personaggi con esperienza e mentalità vincente. Vincono e combattono da un nel pezzo. Poi ci sono personaggi come Adrian Newey che sono da sempre in pista. Me lo ricordo dall’88-89 sui circuiti. La Ferrari deve crescere. Ma mentre lo fa perdiamo i mondiali”.
“Decidere di non far correre i piloti con bagnato non fa emergere le loro qualità. Emergono solo quelle della vettura. Già oggi nel pacchetto è la macchina a contare più del pilota (Mazzola parla di un 80-20), se poi annulliamo le situazioni in cui il driver può emergere allora non si può vedere le qualità“.
“Oggi un Senna – ha chiuso Mazzola constatandolo amaramente – non potrebbe far vedere la sua qualità perché non si gira nelle condizioni in cui può fare la differenza. Oggi si va in direzione di togliere sempre di più il fattore umano. La F1 diventa meno appetibile anche per chi la guarda”.
F1 – Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Scuderia Ferrari F1, Oracle Red Bull Racing