Il Gp di F1 dell’Azerbaijan, per la Ferrari, è stato un disastro su tutta la linea. Un doppio ritiro per cause tecniche non si verificava da un decennio. Ad aggravare la situazione si sono aggiunte le defaillance degli altri motorizzati da Maranello. Evidenza che indica con estrema chiarezza che l’aver spinto sulle prestazioni per colmare rapidamente il gap con la vetta sta generando problematiche correlate che andranno indagate nelle opportune sedi in un necessario cammino che probabilmente porterà ad una revisione tecnica delle parti che stanno mostrando una fragilità tale da compromettere le prestazioni di una vettura tanto veloce che non riesce a trasformare le performance in punti.
Da Baku non emergono solo questioni tecniche, c’è un altro aspetto che prende corpo ed investe la sfera politica del motorsport. Al centro del dibattito, ancora una volta, la Ferrari che si oppone indirettamente a Mercedes in una sorta di retaggio di una sfida tecnico-sportiva che al momento vede Brackley totalmente soccombente.
L’occasione per l’ennesima polemica intestina è giunta per la nomina di Shaila-Ann Rao come segretario generale per lo sport e direttore esecutivo della F1. Carica che l’avvocatessa ricoprirà ad interim per sostituire Peter Bayer che occupava entrambe le posizioni. Il manager ha chiuso il rapporto con la FIA in maniera piuttosto repentina e senza che sia arrivata una spiegazione esaustiva sulla decisione. Qualcuno afferma che l’interruzione del legame professionale sia dipesa dai problemi sorti a Monaco, ma non vi sono conferme in merito.
F1. Shaila-Ann Rao e quel passato che “preoccupa” la Ferrari
Fatto sta che la FIA si è dovuta muovere con rapidità per colmare due buchi molto grossi in seno all’ente parigino e da qua la scelta di puntare sulla Rao che aveva precedenti esperienze a Place de la Concorde. Ma non è questa la fase della carriera che ha fatto drizzare le antenne a Mattia Binotto. La professionista, dopo aver lavorato come direttore legale dal 2016 al 2018 alle dipendenze di Jean Todt, è entrata in Mercedes ricoprendo il ruolo di consigliere generale e poi di consulente speciale del team principal Toto Wolff.
Proprio quest’ultima carica ha sollevato qualche perplessità tra le squadre avversarie con la Ferrari che ha rotto gli indugi ed ha preso la questione di petto. “Sì, certamente è motivo preoccupazione – ha esordito Binotto parlando ai media della recente nomina – anche se penso che sia comunque una grande persona, che abbia molta esperienza e che sarà sicuramente in grado di fare questo lavoro. Resta comunque una preoccupazione. Penso che spetti alla FIA assicurarsi che non ci siano conflitti di interesse, che si comportino in modo corretto, e che spetti al presidente garantirlo. Ho fiducia che lo faranno, ma come Ferrari siamo preoccupati. Sono abbastanza sicuro che attraverso i comportamenti e le decisioni, dimostreranno che si tratta di un’impressione sbagliata“.
Parole piuttosto pesanti quelle proferite dal manager di origini elvetiche. Senza girarci troppo intorno, i concetti espressi da Binotto alimentano una cultura del sospetto ahinoi tipica in Formula Uno. La crociata della Ferrari ha il sapore della guerra politica. Una dinamica vecchia come il mondo nella quale ogni attore cerca di imporre la propria visione.
F1. Toto Wolff si schiera a favore della Rao
Tant’è che Toto Wolff, chiamato in causa senza essere nominato direttamente, ha cercato di gettare acqua sul fuoco: “Shaila-Ann è stata alla FIA prima di unirsi a noi (cosa accaduta in Ferrari con Mekies, nda). Il vantaggio di averla in questa posizione è che si occupa di governance e di trasparenza. È un avvocato, in passato abbiamo sempre criticato il fatto che in F1 non vi fossero aspetti sempre così trasparenti e chiari per le squadre. Credo che questo sia uno dei temi chiave che cercherà di attuare: è una buona notizia per tutte le squadre“.
In Ferrari, evidentemente, vedono tutto fuorché trasparenza. Il legame tra la professionista e la Mercedes agita la dirigenza di Maranello che non è nuova ad opposizioni nei riguardi della Brackely. Ricordiamo, infatti, che proprio Binotto si mise di traverso quando la candidatura di Toto Wolff allo scranno del potere di Liberty Media prendeva quota. Il lavoro del manager ferrarista fu fondamentale per far morire sul nascere questa ipotesi.
Le rimostranze del mondo ferrarista sono lecite perché la trasparenza è un valore supremo che andrebbe tutelato in ogni sede. Ma servirebbe anche un minimo di fiducia nelle istituzioni contribuendo a creare un clima più disteso. Anche perché, volendo vedere le cose sotto un’altra prospettiva, ogni team ha una storia composta di piccola grandi contraddizioni. Incoerenze talvolta necessarie a causa di scenari che mutano in maniera piuttosto repentina.
F1. Ferrari: un crociata incoerente
Otto anni di dominio pressoché totale hanno condizionato il giudizio di molti protagonisti. Si è arrivati al monopolio Mercedes dopo che questa, con la complicità di squadre poco lungimiranti tra cui la stessa Ferrari, aveva visto premiata la sua visione strategica di lungo periodo. Trionfi politici che sono diventati trionfi tecnici tramutatisi poi in affermazioni sportive senza precedenti. Ferrari forse teme che una persona che è stata vicina a Wolff possa, nel lungo periodo, giocare un ruolo nella definizione di futuri assetti in uno sport in continua evoluzione.
Chiaramente le istanze rosse cozzano con alcune evidenze che la storia ci riconsegna. Il direttore sportivo della Rossa è Laurent Mekies. L’ingegnere francese ricopriva cariche delicate in Federazione. Entrato in qualità di direttore della sicurezza, nel 2017 è stato nominato vicedirettore di gara della Formula Uno. Ruoli sensibili con relative competenze acquisite e legami politici ben solidi instaurati che avrebbero potuto mettere in allerta la concorrenza.
L’attuale direttore sportivo ha operato in una FIA diretta da Jean Todt, un uomo con un trascorso importantissimo in Ferrari dato che è stato uno degli artefici del glorioso lustro che a Maranello stanno provando con ogni forza a riproporre dopo anni difficili. La presenza di Todt in FIA nell’era in cui Mercedes ha stravinto è la dimostrazione che inseguire certi demoni è un’operazione distraente. Tanti e tali sono i contrappesi regolamentari che risulta impossibile che un solo uomo possa essere arbitro ed esecutore di volontà di un soggette terzo.
Qualcuno avrebbe potuto sollevare dubbi di opportunità sul fatto che il numero uno del motorsport mondiale avesse un viglio che gestisce la procura sportiva di Charles Leclerc. Ritorniamo alla storia che ha detto che nulla di scandaloso si è verificato negli anni in cui il presunto conflitto di interesse si è manifestato. La presenza di un avvocato specializzato in questioni regolamentari con un passato in Mercedes genera “preoccupazione” per un conflitto di interesse? Bene, vorremmo capire in quali forme questo possa palesarsi.
La manovra di Binotto ha probabilmente la sola funzione di far pressione su Ben Sulayem affinché si possano evitare spiacevoli ingerenze che darebbero adito a dietrologie delle quali non abbiamo bisogno. Chiaro è che la pubblica esposizione del malessere non rasserena gli animi in uno sport che troppo spesso si è retto sull’inutile sospetto.
Nel recente rinnovo del Patto della Concordia è stato prolungato un diritto piuttosto singolare appannaggio della Ferrari: quello di poter mettere il veto su questioni tecniche. Un istituto praticamente mai utilizzato ma che può servire come deterrente preventivo verso i decisori. Un’anomalia figlia di un contesto “geopolitico” oramai superato che si reitera più per tradizione che per necessità. Mettendoci nei panni dei rivali la cosa potrebbe generare ovvi mal di pancia. Eppure tutto scorre abbastanza serenamente perché la storia, ancora lei, ha dimostrato che il benefit non ha spostato il corso degli eventi.
Ogni figura professionale ha dei trascorsi, ha un curriculum in cui coesistono esperienze disparate. Solo così si accumulano quelle capacità conoscitive e gestionali necessarie per ottenere ruoli di comando. Shaila-Ann Rao ha le competenze e la storia professionale per poter ricoprire il ruolo che le è stato assegnato. Così come Ross Brawn piuttosto che Stefano Domenicali, ex di spicco di Maranello, che hanno acquisito, in lunghi anni, un know-how grazie al quale possono ora essere i titolari di cariche importanti e che richiedono equidistanza politica. La governance del motorsport, in ultima analisi, non può essere bloccata per via di veti incrociati che non si fondano su argomentazioni valide.
F1 – Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Scuderia Ferrari F1, Mercedes AMG F1 Team