F1, Gp dell’Azerbaijan 2022. Pare sin troppo facile sparare sulla croce rossa (rosso Ferrari) all’indomani della debacle azera, sull’onda emozionale del doloroso duplice ritiro per noie tecniche di Charles Leclerc e Carlos Sainz. Un guasto sporadico può essere derubricato come evento fisiologico, in una categoria dove l’estremizzazione della performance e la tecnologia a supporto della stessa risulta esasperata. Tuttavia, quando la frequenza e la varietà delle failure vanificano le eccellenti performance del mezzo, con ogni probabilità, la soglia del delicato equilibrio rischio/beneficio è stata varcata.
Il progresso prestazionale della power unit 066/7 è dimostrato dalla incetta di pole position del monegasco, splendido interprete sul giro push. Sessioni dove tutto il package viene sfruttato al massimo delle potenzialità per alcuni giri. Allo stesso modo va rimarcato l’enorme step compiuto dai team motorizzati Ferrari, capaci di piazzamenti in top six in diversi round del mondiale.
Se per un squadra cliente l’affidabilità può essere sacrificata sull’altare di frequenti piazzamenti in zona punti, per il Cavallino Rampante, però, tale fattore si attesta come prerequisito indispensabile per poter competere alla pari con la solida Red Bull.
Nelle ultime quattro gare la squadra di Maranello ha dilapidato un vantaggio evidente, attraverso un sequenza di guasti ed errori strategici che hanno costretto Leclerc a ritirarsi per ben due volte mentre era al comando della corsa e accontentarsi di piazzamenti non all’altezza. A Baku sono emerse in tutta la loro drammaticità (sportiva) le latenti preoccupazioni del comparto motoristico Ferrari (leggi qui per saperne di più), alle prese con un progetto necessariamente estremo mirato a colmare il gap con i propulsori Mercedes e Honda.
La sostituzione della power unit di Sainz a Imola e i “rattoppi” su quella di Leclerc nella successiva tappa di Miami potevano apparire come aggiornamento correttivo ai presunti difetti congeniti della specifica N°1. Gli eventi a seguire, però, pare abbiano scoperchiato il vaso di pandora.
Comesempre FUnoAnalisiTecnica fornisce una visione delle prestazioni basata sulla rigida interpretazione dei dati. La natura del guasto alla power unit del ferrarista, così come quello occorso al propulsore di Kevin Magnussen, risulta inequivocabile. La nuvola di fumo bianco dal retrotreno delle monoposto è indicativa sul cedimento del motore a combustione interna (ICE).
L’identica matrice del guasto assume maggiore rilevanza in quanto le power unit di Charles e Kevin sono state sostituite in Florida. Alla vigilia del Gran Premio cittadino di Baku, il computo sull’utilizzo degli elementi delle rispettive unita di potenza era del tutto identico.
Dando per scontato che l’unità più “fresca” venga utilizzata da tutti i team solo in qualifica e in gara, il medesimo package, in termini di longevità, costituito da ICE, Turbo Compressore, MGU-H e MGU-K, ha consentito di percorrere negli ultimi quattro Gran Premi solo 774 Km al fuoriclasse monegasco e poco più di 850 Km al pilota danese della Haas.
In sostanza l’unità 066/7 ha coperto un chilometraggio di poco superiore a due gare prima di cedere. Il dato è ancora più critico se si considera che la distanza coperta a Monaco è stata di appena 213 Km, a causa delle avverse condizioni meteo che hanno sancito la fine della gara al limite delle due ore e non sulla completa distanza prevista per l’evento che si svolge lungo le stradine del Principato.
La fragilità della meccanica di Maranello è dimostrata indirettamente da Valtteri Bottas, unico pilota motorizzato Ferrari in grado di portare al traguardo la sua Alfa Romeo in ciascuno degli ultimi quattro round. Tale consistenza rappresenta l’eccezione soltanto in virtù di un maggiore utilizzo degli elementi del propulsore che equipaggia la monoposto numero 77, arrivata alla soglia critica della penalità.
In base ai feedback dei team clienti e alle simulazioni al banco, Ferrari era consapevole che un circuito come quello di Baku, in cui i motori vengono messi alla frusta, il rischio di un cedimento poteva assumere un aspetto verosimile.
Da tempo si ha la contezza che l’affidabilità della power unit non consentirà di concludere la stagione senza penalizzazioni. D’altronde vale per tutte le scuderie. E proprio in quest’ottica il ricorso alla terza unità di potenza avrebbe potuto regalare ossigeno puro in un momento molto critico della stagione.
Ampliando l’analisi su tutte le monoposto equipaggiate con il propulsore 066/7, la percentuale dei ritiri per noie tecniche assume contorni assai preoccupanti. Negli ultimi tre Gran Premi, su 18 possibili arrivi al traguardo, si sono verificati ben sette cedimenti che afferiscono alla power train e al sistema idraulico. Parliamo di una percentuale di “issue” di poco inferiore al 40%.
La prima reazione alla complessa emergenza tecnica è stata effettuata attraverso la richiesta di modifica in deroga al freeze delle power unit, inoltrata dalla scuderia di Maranello in prossimità del Gran Premio di Spagna (clicca qui per approfondire). Quella che sembrava una mossa strategica atta a migliore le già eccellenti performance dell’unità turbo-ibrida, dopo poco più di un mese rappresenta l’ultima spiaggia per il reparto motori del Cavallino Rampante.
F1. Ferrari come gestisce il reparto sportivo?
Nonostante il comunicato della Scuderia Ferrari a valle della corsa catalano escludesse problemi di progettazione all’origine del guasto di Leclerc, le dichiarazioni rilasciate ieri da Mattia Binotto aprono a problematiche di natura strutturale. Sia il cedimento al circuito di Catalunya che quello di Baku non sono stati preceduti da alcun tipo di allarme. Questo scenario si presenta di più complessa risoluzione da parte degli ingegneri italiani, in quanto il l’avaria meccanica pare “unpredictable“.
Su una power unit di F1 sono installati circa 120 sensori che rilevano ogni minimo parametro d’esercizio. Tuttavia se il collasso non è preceduto da nessun warning la fase di troubleshooting diventa davvero complessa. Per questa ragione Ferrari non ha fatto ricorso a mappature meno aggressive, in quanto non sono state ancora individuate le condizioni operative oltre le quali si verificano tali cedimenti.
Valtteri Bottas, ad esempio, ha accusato diversi problemi tecnici durante le prove libere, sessioni in cui non si utilizzano settaggi estremi. La sensazione di “disorientamento” nel comparto tecnico della storica scuderia è palpabile. Così come loro è la strategia comunicativa che da ambigua, in alcuni casi, si trasforma contraddittoria. Sia dal punto di vista tecnico che in relazione agli obiettivi sportivi.
Alla vigilia del Gran Premio dell’azerbaijan abbiamo assistito a un singolare corto circuito comunicativo tra il team principal italo svizzero e il talento monegasco in merito al target stagionale. La netta divergenza di vedute, poi mitigata nelle successive dichiarazioni di Mattia, è sintomatica di una profonda differenza culturale tra il manager e i team principal della quasi totalità delle altre scuderie.
Binotto pare un dirigente di una società per azioni, il cui fine ultimo è la massimizzazione del profitto economico che negli ultimi decenni è cresciuto indipendentemente dal successo sportivo. Contesto oramai assente da circa quattordici anni, in virtù di una leggenda il cui processo di osmosi esula dal mero risultato in pista.
Il successi ottenuti nel recente passato dalle squadre dirette dai suoi più celebri colleghi, Christian Horner e Toto Wolff, è vitale per l’esistenza stessa delle rispettive scuderie. Al punto da rendere essenziale il massimo risultato sportivo. Basti ascoltare il team radio di Wolff a fine gara sul canale della numero 44 in cui, senza mezzi termini, dopo aver ringraziato il proprio pilota per lo sforzo profuso, ha praticamente definito un carriola (shit box, nda) la W13.
Affermazione impulsiva del manager austriaco? In parte forse si. Ma tali parole suonano a tutela di un patrimonio della Mercedes (Lewis) e al contempo come frustata mediatica in mondovisione alla sua equipe tecnica. #EssereFerrari non è accontentarsi di qualche vittoria di tappa con la speranza di giocarsela con i migliori. #EssereFerrari è l’ambizione di chi non è mai abbastanza soddisfatto, pensando che la vittoria più bella, come recitava il Drake, sia sempre la prossima…
Autore e infografiche: Roberto Cecere – @robertofunoat
Foto: Formula Uno – Scuderia Ferrari