Alzi la mano chi di voi, sabato dopo la Sprint Race, aveva preconizzato un dominio così netto e schiacciante della Ferrari. Che la F1-75 potesse avere gran potenziale lo si era intravisto sin dalle qualifiche nelle quali Verstappen aveva dovuto faticare come un matto per issarsi in cima alla lista dei tempi. La “garetta” del giorno successivo aveva raccontato che la RB18 sembrava averne di più. Non tantissimo, ma la sensazione era che il GP casalingo potesse essere in discesa.
E invece sappiamo com’è andata. Maranello porta a casa vittoria, punti e morale in rapida impennata. Un dominio inappellabile che poteva – e doveva – essere più marcato se solo la power unit di Carlos Sainz non avesse deciso di esplodere in maniera pirotecnica scippando una seconda piazza che andava concretizzandosi, delineando una doppietta memorabile sotto gli occhi della “Marea Orange” che è tornata in terra di tulipani meno festosa di come in Austria ci è arrivata.
Il punto focale intorno al quale sono ruotati i rapporti di forza dell’appuntamento stiriano va ricercato nelle gomme. Nella gestione delle stesse. Un rompicapo con il quale piloti e tecnici si scontrano uscendone spesso perdenti. Ciò che è capitato nella scuderia di Milton Keynes.
F1. Gp Austria 2022: previsioni strategiche totalmente errate
Qualche ora prima della gara domenicale, come al solito, ci siamo prodotti in un’analisi di quelle che potevano essere le strategie più efficaci per affrontare i 71 giri del GP. Bene, ogni indicazione ci induceva a pensare che il piano tattico più effiace fosse quello ad una sosta con primo stint su medie e secondo su hard (leggi qui).
E’ la stessa Pirelli ad aver dato queste indicazioni che si reggevano su quanto accaduto il giorno precedente: la media aveva retto in scioltezza le 22 tornate della Sprint e si prevedeva che ulteriori ne potesse fare. A rigor di logica, arrivati al trentesimo passaggio, la hard avrebbe dovuto garantire il completamento di 40 giri senza generare cliff prestazionali evidenti.
Nulla di tutto ciò si è verificato: previsioni smentite e valori del sabato mischiati massicciamente. Osservatori – noi in primis – spiazzati. Per non dire degli analisti della Pirelli e dei cervelloni delle scuderie che hanno navigato a vista durante le operazioni di gara affidandosi più ai feeling dei piloti che alle analisi computazionali che avevano prodotto nei giorni precedenti. Un ritorno alla Formula Uno “old style” in cui il conducente era il vero “termometro ambientale”.
Cosa è successo? Cosa ha determinato questo quadro di incertezza? Facciamoci aiutare dall’analisi di Chris Horner nel rispondere a questa domanda. “L’unica cosa che è cambiata da sabato a domenica è la pioggia – ha spiegato il manager inglese – Anche le temperature e il carico di carburante erano differenti. Dobbiamo capire perché nel primo stint il nostro degrado è stato peggiore di quello dei due ferraristi. Noi siamo stati in grado di adottare una strategia a due soste. Il problema è che loro hanno avuto un ritmo sufficiente per coprire la nostra tattica“.
“E’ strano quanto abbiamo visto in gara. Solo una settimana fa, a Silverstone, sembravamo competitivi per ciò che riguarda il degrado gomme. Credo che il problema sia che questi pneumatici sono piuttosto sensibili e se non sei nella finestra giusta d’utilizzo puoi pagare una penalità notevole in termini di degrado. Cosa che è successa in Austria anche a molti altri team“.
F1. Ferrari vince perché induce Red Bull e stressare oltremodo i compound
Durante la sprit race siamo stati distratti dal duello interno in casa Ferrari. Ma, mentre la battaglia tra Leclerc e Sainz si consumava, i tecnici di Maranello osservavano attentamente i dati scaturenti dall’utilizzo delle coperture trovando la chiave per la vittoria: modificare il paradigma perdente del sabato inducendo l’avversario a stressare sin da subito le coperture.
Lo ha spiegato molto limpidamente Mattia Binotto dopo il GP: “Non ci aspettavamo di essere così docili con le gomme. Ieri [sabato] avevamo la sensazione di avere qualcosa in più della Red Bull, ma non così tanto. A volte le condizioni possono cambiare, il pilota poi gioca il suo ruolo durante la sera studiando e capendo come usare meglio le gomme. Come ha fatto ad esempio Charles che ha capito di dover iniziare subito a mettere pressione a Max senza aspettare dei giri per farlo. Questo vuole dire farlo forzare e spingerlo a usurare le gomme. Anche questo è stato frutto di analisi con gli ingegneri ed è stata la scelta giusta. L’avevamo detto: dovevamo partire, attaccare e mettere pressione”.
La ratifica di questa mutazione vincente (per Maranello) è stata firmata da Horner: “Se consideriamo quanto abbiamo visto nel corso della gara veloce, noi abbiamo spinto maggiormente all’inizio e abbiamo pagato un po’ alla fine per ciò che riguarda le prestazioni”.
Ferrari aveva fatto l’opposto: gestione nella fase d’avvio, aggressione più avanti. Il modello è stato sovvertito di domenica: Leclerc ha preso a tirare come un forsennato amplificando le difficoltà della RB18 a gestire il degrado la mescola media C4 che è subitaneamente entrata in crisi.
F1. Mondiale 2022 si gioca sulla comprensione dei compound
Per spiegare questa anomalia predittiva bisogna fare un salto temporale a fine febbraio. Nel pieno svolgimento dei test invernali, a Barcellona, Mario Isola fu profetico quando asserì che i team e la stessa Pirelli avrebbero impiegato tempo a capire nel dettaglio il comportamento delle gomme. Questo poiché gli penumatici erano del tutto nuovi, con spalle più basse e soprattutto erano installati su monoposto di cui poco si conosceva in termini di spinte verticali e sollecitazioni generali sui sismi sospensivi anch’essi inediti. Dopo undici gare l’apprendistato non è ancora terminato. Né per i team né per il gommista italo-sinico.
Sempre Isola lasciò intendere che i campionato si sarebbe giocato sulla capacità di capire meglio e prima le gomme rispetto agli altri competitor. Ad oggi, considerata l’alternanza prestazionale che caratterizza il mondiale, non c’è una squadra palesemente davanti alle altre. Ma, di tanto in tanto, ne emerge una che “azzecca” la giusta gestione garantendosi vantaggi enormi. Un po’ quello che ha fatto Red Bull a Imola o Ferrari a Spielberg.
La sensazione è che in questo campionato stia pesando di più il processo conoscitivo delle gomme che la guerra agli update. La Ferrari ha sviluppato con parsimonia partendo da un progetto già fortissimo. Nei mesi ha affinato la conoscenza della sua vettura traendo performance sempre più solide. Dall’altro lato la Red Bull ha provveduto a modificare progressivamente la sua vettura traendo benefici innegabili (vedi Imola) ma anche sterili prestazioni. I
n Austria, difatti, la RB18 presentava novità al cofano motore e soprattutto nell’area dell’imbocco del fondo. Elementi la cui efficacia non si è riscontrata nei fatti. Un’anomalia quando di mezzo c’è Adrian Newey.
Nessun update può produrre benefici fattuali se il materiale fornito dalla Pirelli non viene adoperato nella corretta finestra d’esercizio. La Ferrari, in Austria, ha vinto questa partita e già al Paul Ricard è chiamata a confermarsi anche e soprattutto su questo frangente. A Milton Keynes sono ore di profonda riflessione perché, dopo due vittorie consecutive della Rossa, il mondiale sembra essersi riaperto in maniera definitiva. In undici GP possono accadere ancora moltissime cose…
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Oracle Red Bull Racing, Scuderia Ferrari F1