Una delle piacevoli soprese del mondiale di F1 2022 è certamente la diversità dei concept aerodinamici delle nuove monoposto ad effetto suolo. Alla vigilia della stagione in corso era lecito pensare che i paletti imposti dal nuovo regolamento tecnico potessero ulteriormente imbrigliare la fantasia delle equipe aerodinamiche dei team.
Lo spettro di assistere a monoposto molto simili, in stile monomarca, è stato scongiurato. Ancora una volta i progettisti hanno saputo indirizzare i rispettivi progetti tecnici sfruttando le pieghe del regolamento tecnico conferendo un’identità addirittura più marcata che in passato alle proprie vetture. E’ passata l’era in cui la sola livrea consentiva di riconoscere le monoposto.
La seconda piacevole sorpresa per i fan potrebbe rappresentare una questione davvero spinosa per la governance della F1.
Contestualmente al nuovo regolamento tecnico, l’introduzione della disciplina del budget cap appariva, per i top team, una pesante limitazione per lo sviluppo delle monoposto. Mentre, per i team di seconda fascia, rappresentava il minimo sindacale per concludere l’annata senza patemi finanziari.
Una riduzione della spesa tanto grande quanto anacronistica (dal punto di vista tecnologico, nda) rispetto alla fisiologica immaturità delle nuove monoposto ad effetto suolo bisognose di essere “lavorate” come diamanti grezzi. L’economia globale sta attraversando una delle sue peggiori crisi e la Formula 1 ha da tempo intrapreso la via della sostenibilità economica attraverso l’introduzione dello specifico impianto finanziario del budget cap.
Tuttavia, analogamente alla genialità dei progettisti, da sempre capaci di recuperare performance attraverso l’abile interpretazione delle ambiguità del regolamento tecnico, è legittimo ipotizzare che molte compagini stiano sfruttando le zone grigie di un regolamento finanziario che sta destando molte perplessità.
F1. budget cap ed evoluzione delle auto: concetti conciliabili?
Ad un attento osservatore non potrà essere sfuggita la continua evoluzione delle monoposto nei primi 12 round del mondiale attraverso innumerevoli modifiche in ambito aerodinamico. Quanto osservato è confermato nei documenti ufficiali della FIA.
Circa 90 minuti prima della free practice 1, la Federazione Internazionale informa gli addetti ai lavori, attraverso specifica documentazione, sugli aggiornamenti che i team hanno apportato alle proprie vetture in ogni race weekend. Viene specificata la componente, la motivazione primaria dell’aggiornamento e una rapida descrizione dell’effetto prodotto dall’aggiornamento.
Attraverso l’analisi condotta da FormulaUnoAnalisiTecnica si può comprendere che le affermazioni sibilline riferit da Mattia Binotto in merito alle numerose modifiche aerodinamiche apportate da Mercedes alla W13 versione “B” non sono una semplice provocazione: “Attenzione anche alla Mercedes, sta sviluppando molto. Porta praticamente una macchina nuova ogni gara. Non so come farà a gestire il budget cap, però complimenti a loro.”
Dall’analisi puntuale della documentazione fornita dalla FIA, si evince che sulle Frecce d’Argento di Lewis Hamilton e Geroge Russell sono stati apportati 23 update dal peso specifico diverso in ben otto tappe del mondiale.
In alcuni casi sono state realizzate delle vere e proprie versioni B da parte di alcuni team come Aston Martin. Fatto che ha destato molto scalpore per la sinistra somiglianza con la RB18. Anche la Williams ha stravolto la propria monoposto abbandonando la filosofia aerodinamica Mercedes mirata alla massima rastremazione delle fiancate.
In qualsiasi contesto produttivo, lo sviluppo di una componente è il processo che permette di trasformare un’idea nel prodotto finale. Tale processo consta essenzialmente in cinque step: Ideazione, Ricerca, Progettazione, Prototipazione/Test e Produzione.
Il processo di sviluppo di nuove parti di una monoposto non fa eccezione, e ciascuna delle suddette fasi ha dei costi in termini di materiali e di ore/uomo. La rendicontazione che i team devono sottoporre alla Federazione Internazionale è un passaggio formale ma non fornisce alcuna garanzia che il budget cap sia stato rispettato in quanto il corpo normativo ha delle clamorose lacune.
In primo luogo l’organo federale non ha contezza della distinta base delle singole monoposto in quanto la Formula 1 (fortunatamente) non è ancora un monomarca, nonostante esistano diverse parti comuni in tutte le monoposto.
Per distinta base si intende l’elenco tutti gli elementi necessari alla realizzazione di un prodotto che unitamente alla WBS (Work Breakdown Structure) concorrono alla definizione del costo del prodotto finito. In assenza di un catalogo nomenclatore e non avendo contezza del reale costo di un qualsiasi sviluppo di una nuova componente, la federazione deve fidarsi delle evidenze fornite dai rispettivi team.
Ed è bene ricordare che in qualsiasi azienda il computo del valore di un prodotto contempla il costo orario delle risorse umane che varia sensibilmente in relazione alla base operativa della azienda stessa. Nonostante il grande impegno profuso dalla federazione internazionale, la regolamentazione finanziaria della Formula 1 richiede un controllo capillare delle attività svolte dai singoli team a partire dalla Supply Chain.
Un controllo così invasivo richiederebbe frequenti audit e verifiche di compliance dall’effort insostenibile per la federazione. Elementi in netto contrasto rispetto alla confidenzialità di alcune informazioni trattate dati team. Basti pensare al valore economico delle subforniture.
La seconda metà della stagione sarà certamente indicativa. La logica suggerisce un “plafonamento” degli sviluppi per chi ha investito tante risorse nella prima parte del mondiale a fronte di step significativi per chi è riuscito a gestire in maniera virtuosa il proprio budget, forte di una specifica di base competitiva. Nella speranza che l’ente regolatore possa/sappia vigilare su un fattore che potrebbe decidere le sorti del mondiale o minarne la credibilità.
Autore e infografiche: Roberto Cecere – @robertofunoat
Foto: F1, Scuderia Ferrari F1, Mercedes AMG F1 Team