Tra i 20 piloti presenti sulla griglia di F1, si può dire che nessuno è uguale ad un altro; stili di guida, mentalità e approcci alla pista diversi creano infatti discussioni e riflessioni sui modi di fare che questi 20 uomini hanno. Da un lato risultano le cosiddette vecchie glorie, attente a ciò che succede, in grado di studiare l’avversario e agire di conseguenza.
Dall’altro invece c’è la nuova generazione, quella delle nuove leve e del futuro della F1, più istintiva e “meno pensatrice”, in grado di regalare spettacolo ma anche manovre non sempre pulite. Un argomento poco affrontato in un mondo dove correre a 300 all’ora comporta dei rischi. Un argomento che però non è mancato anche nel GP corso in Austria e sollevato da chi un po’ di esperienza sulle spalle la porta.
F1. Hamilton critico verso alcune manovre dei suoi giovani colleghi
Manovra avventata o mossa da campione? Spesso in F1 ci si pone questa domanda, trovando risposta in base alla buona riuscita o meno di ciò che i piloti eseguono in pista. Quello che però non ci si chiede è forse il perché alcuni dei protagonisti del Circus provano determinate mosse nonostante la scarsa probabilità di successo.
A sollevare la questione dopo quanto accaduto durante la seconda Sprint stagionale corsa in Austria è stato il sette volte campione del mondo. Lewis Hamilton è infatti stato parecchio critico nei confronti di Pierre Gasly e del sorpasso azzardato che ha avuto come esito un contatto tra i due. Una manovra inaspettata dal pilota Mercedes e per la quale non ha potuto fare nulla.
Episodi simili sembrano però essere all’ordine del giorno in F1, con risonanza diversa a seconda della generazione di appartenenza. Se da una parte i piloti “old school” come Hamilton non comprendono tali stili di guida, dall’altra la nuova generazione spinge per provare sorpassi al limite. Una sfida generazionale che spesso però non ha altro risultato se non un incidente più o meno grave.
F1. Vecchi glorie contro nuove leve: la F1 sta cambiando
I cambiamenti in F1 non avvengono solo nei regolamenti o nelle nuove vetture che si portano in pista. I protagonisti di questo sport sono infatti la maggiore novità che porta ad azioni ben diverse da quelle del passato. Da una parte resistono piloti come Hamilton, Vettel o Alonso, facenti parte della vecchia scuola della F1 che oggi trova poco riscontro. Dall’altre parte infatti le nuove leve mostrano un approccio totalmente differente.
La classe di pensiero che accomuna i plurititolati campioni del mondo ha come fondamento quello di mettere il rischio in secondo piano, prediligendo dunque una guida studiata, ma comunque efficace. I giovani invece si mostrano più istintivi, meno propensi alla mossa ben studiata, con quell’unico risultato che a volte fa storcere il naso ai grandi della F1. Succede con Gasly ammonito da Hamilton o con Tsunoda redarguito da Alonso.
La sfida generazionale non sembra però poter giungere ad un punto di incontro. La mentalità di chi di titoli ne ha vinti più di uno e chi invece corre per inseguire quel sogno è infatti ben diversa. Un giovane pilota corre per il suo team, ma prima di tutto corre per se stesso, carico della voglia di dimostrare di essere qualcuno. E forse è proprio questo aspetto che rende i giovani “più pericolosi” agli occhi di chi di F1 ne ha vissuta parecchia.
Una delle immagini più inconsce di queste diverse mentalità è forse l’incidente avvenuto all’ingresso della Safety Car al Mugello. Quattro le vetture coinvolte, tutte di giovani protagonisti; e dietro ad esse, ad attendere, Vettel e Raikkonen, forti della loto esperienza e capaci di darsi un freno quando non c’è bisogno di spingere sull’acceleratore.
Momenti rischiosi che spiegano l’importanza del sapersi fermare di fronte a rischi che non vale la pena correre per dimostrare di essere bravi; anche perché il più delle volte il pensiero che nasce è quello di una maturità mancante. E questo chi corre a 300 all’ora non piò certo permetterselo.
Autore: Chiara Zambelli
Foto: F1TV, F1