venerdì, Novembre 22, 2024

PU 2026 su misura per Audi e Porsche: buonsenso o potere politico Volkswagen?

La definizione del regolamento tecnico di F1 sulla PU 2026, comunicata dalla FIA il giorno 16 agosto, spalanca le porte al gruppo Volkswagen. L’architettura dei futuri propulsori recepisce sostanzialmente tutte le richieste del colosso tedesco, fattore propedeutico all’ingresso nel Circus di Audi e Porsche.

Un’espansione degli OEM (Original equipment manufacturer) che aumenterà certamente l’interesse verso la massima categoria del motorsport ma che, al medesimo tempo può essere interpretata come una grossa apertura mai riservata ad un nuovo costruttore.

In termini pragmatici, una new entry che sembra dettare nuove regole del gioco azzerando in parte il know-how acquisito dagli attuali motoristi. Conoscenze maturate attraverso ingenti investimenti a partire dalla rivoluzione turbo-ibrida datata 2014. Tutto questo è stato possibile anche grazie alla posizione accondiscendente di diversi team che non avevano interesse nell’osteggiare le richieste di Audi e Porsche. Basti pensare al gruppo Red Bull che ha già registrato una società dedicata allo sviluppo delle PU 2026 a partecipazione azionaria paritetica con Porsche.

Altre scuderie come McLaren, Aston Martin e Williams sono interessate alla fornitura dei futuri propulsori Audi/Porsche, mentre la sola Audi sembra voler acquisire il 75% della Sauber. Il potenziale interesse di oltre la metà delle scuderie, quindi, ha di fatto consentito al gruppo Volkswagen di imporre le proprie condizioni tecnologiche come prerequisito indispensabile per i futuri investimenti in F1.

Un ingresso di cui si parla dal 2015, all’epoca fortemente caldeggiato da Red Bull che, in forte polemica con Renault, era alla disperata ricerca di un fornitore dopo il veto di Mercedes e Ferrari.

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Rendering Red Bull-Audi datato 2015

Volkswagen in F1: dal diesel gate alla decisione di sbarcare nel Circus

All’epoca Honda era ancora un “GP2 Engine“, per dirla alla Alonso, con un ritardo tecnologico che non rendeva appetibili i propulsori del colosso nipponico. Poi scoppiò il Diesel Gate, uno scandalo di enormi proporzioni economiche che declassò la Formula 1 nella lista delle priorità. A sette anni di distanza, Volkswagen è riuscita a risollevarsi economicamente e l’ingresso nella categoria regina del motorsport le fornirà un ritorno di immagine che era precipitata ai minimi termini a margine dello scandalo.

Tornando al presente, la novità più rilevante del regolamento tecnico sulle power unit 2026 è il paritetico apporto di potenza richiesto alla componente a combustione interna e alla parte elettrica, nella quale non sarà più presente il sistema di recupero dell’energia termica MGU-H. Scelta ragionevole, in senso assoluto, in quanto trattasi di un elemento molto costoso che difficilmente vedremo in futuro sulle vetture stradali.

Tuttavia il colosso tedesco di Wolfsburg aveva esperienza e ragioni sufficienti per richiederne l’eliminazione. Porsche Motorsport ha tenuto d’occhio l’evoluzione dei propulsori della F1 per oltre un decennio. Ha persino sviluppato un V6 con specifiche attuali prima di cancellare il programma di valutazione dell’ingresso nella massima categoria.

Il gruppo Volkswagen ha avviato i colloqui con la commissione tecnica della F1 con le idee molto chiare. La futura architettura dei propulsori non doveva prevedere il sistema MGU-H, così come concepito dal 2014, oppure convergere verso una soluzione di recupero di energia termica che Porsche aveva sviluppato nella sua esperienza nel campionato WEC dal 2014 al 2017.

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Porsche 919 (9R9-2014)

In particolare, il prototipo 919 LMP1, era equipaggiato da un propulsore endotermico V4 turbo da 2,1 litri dotato di un sistema H-ERS, capace di aggiudicarsi tre volte la storica gara di Le Mans. Tutto il sistema elettrico lavorava con una tensione di esercizio di 800 volt, che nelle intenzioni di Porsche doveva essere trasferito sulle auto stradali attraverso l’avveniristico concept Mission E.

Tuttavia la differenza sostanziale tra il sistema di recupero di energia termica della F1, rispetto a quello dei propulsori dei prototipi WEC, risiede nella diversa collocazione del sistema MGU-H. Una caratteristica chiave del design del motore 9R9, consisteva nella collocazione del sistema H-ERS da 35 kW a valle dello scarico della valvola waste-gate.

Il sistema di recupero dell’energia termica era dunque posizionato in serie con il turbocompressore, utilizzando solo i gas di scarico della valvola waste-gate per azionare il moto generatore elettrico. In fase di frenata, un motore-generatore sull’asse anteriore convertiva l’energia cinetica del prototipo in elettrica. L’energia frenante contribuiva per il 60% all’energia recuperata, mentre il restante 40% proveniva dai gas di scarico.

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Architettura del propulsore ibrido 9R9 che equipaggiava la Porsche 919 LMP1

Non era previsto il supporto elettrico al turbocompressore del propulsore 9R9, come invece avviene sugli attuali propulsori di F1 al fine di eliminare il fenomeno del turbo-lag, ovvero la latenza di attivazione in fase di accelerazione. Come descritto in termini macroscopici, Porsche aveva già esplorato le tecnologie di recupero dell’energia termica, attraverso un’architettura più snella che nelle intenzioni doveva essere replicabile su larga scala nelle vetture di serie.

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Interazione delle componenti elettriche delle attuali power unit di Formula 1

Il layout degli attuali propulsori di Formula 1 prevede un maggiore interazione delle componenti elettriche in tutte le fasi di guida. Nei segmenti “full throttle” l’MGU-K trasferisce alle ruote tutta la potenza prodotta dall’MGU-H. La potenza che fluisce dalla batteria è vincolata alla carica, in modo che al di sotto di una determinata soglia l’energy store “taglia” in automatico la potenza fornita all’MGU-K.

In fase di frenata parte dell’energia cinetica del veicolo recuperata e convertita in energia elettrica è consegnata all’MGU-H, questo per mantenere il gruppo turbocompressore ad una velocità di rotazione impostata, mentre la parte eccedente è immagazzinata nella batteria. In fase di rilascio, dall’energy store viene prelevata la potenza necessaria sempre per mantenere il turbo ad una velocità di rotazione imposta.

La fase di accelerazione, dopo una fase di rilascio è divisa in due periodi. Nella prima, non appena si preme il pedale dell’acceleratore, l’energia viene prelevata dalla batteria per alimentare il gruppo turbocompressore e una volta raggiunta la velocità di riferimento l’MGU-H può ricevere energia dal gruppo turbocompressore. Nella seconda l’MGU-H fornisce energia elettrica direttamente all’MGU-K, che contribuisce alla accelerazione del veicolo.


F1: gli interessi monetari vincono ancora…

Analizzando la sinergia di tutti gli elementi delle attuali unità turbo-ibride, è facile comprendere come, per Audi e Porsche, sarebbe stato complesso raggiungere livelli di competitività elevati senza dover recuperare un gap tecnologico difficilmente colmabile con il know-how maturato nel campionato WEC.

Noviziato che non penalizzerà le due grandi marche automobilistiche grazie alle concessioni di FIA e Liberty Media. L’ennesima dimostrazione che gli enormi interessi economici, supportati da una visione strategica e politica lungimirante, sono la necessaria premessa per i futuri successi sportivi…


Autore: Roberto Cecere – @robertofunoat

Foto: F1, Volkswagen

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