Proprio come nella vita, anche in F1 la storia ci insegna che talvolta si tende a guardare al passato ritenendo che sia migliore del presente: una sorta di velata “malinconia” che spesso non concede una messa a fuoco effettiva sulla realtà che si sta vivendo, specie nella massima categoria del motorsport.
Probabilmente per certi versi, in casa Ferrari questo pensiero potrebbe attraversare la mente di tanti, considerando che in determinati frangenti è facile cadere nella banale e spicciola critica (che poi dati gli accadimenti, del tutto immeritata purtroppo non è).
Il Cavallino Rampante si avvicina a Monza, il Gran Premio di casa, con il cuore pieno di speranze ed in mano ben poche certezze: se volessimo guardare ad un passato non proprio così recente, va ricordato che nessun ferrarista è riuscito a conquistare il gradino più alto del podio proprio sul circuito brianzolo. Certo, eccezion fatta per Charles Leclerc, il predestinato che durante la stagione 2019 celebrò i 90 anni della scuderia come si deve. Almeno in quell’appuntamento.
Proprio quell’annata sarà definita non troppo buona per il team modenese, che quello stesso gennaio aveva visto la sostituzione del suo team principal con l’attuale Mattia Binotto. La precedente gestione, difatti, era stata affidata a Maurizio Arrivabene per ben 5 anni: dal 2014 al 2019, un lustro che ha visto periodi incerti alternarsi con stagioni di battaglia. Facile esempio più o meno recente, le stesse annate 2017-2018 erano state scenario di accesi duelli contro l’allora leader incontrastata Mercedes.
Il che chiaramente faceva ben sperare, anche se come il più classico dei finali, le speranze mondiali andavano lentamente spegnendosi con il subentrare della seconda parte del campionato, questo nonostante una prima metà di discreti successi; è stato un duro colpo vedere poi la SF90 nascere sotto una cattiva stella (ma facciamo anche pessima), nonostante i migliori presupposti.
F1. Maurizio Arrivabene e Mattia Binotto: leader a confronto
L’investitura di Binotto si è dunque incastrata in una serie di circostanze tra cui l’arrivo di Leclerc, che aveva militato soltanto per la stagione 2018 tra le fila l’allora Alfa Sauber, e la separazione burrascosa del 4 volte campione de mondo Sebastian Vettel con il Cavallino (ingaggiato dal 2015), un anno più tardi.
Anche in questo caso, si riteneva che Mattia potesse rappresentare la scelta migliore per il bene del team: un uomo preparato, un ingegnere motorista, giunto in Ferrari nel lontano 1995 e che ha accompagnato la storia della scuderia facendone parte (ad esempio, anche al fianco dell’eterno Michael Schumacher).
Il suo approdo però, essendo accaduto in concomitanza con la nascita di una vettura che come detto poco sopra di certo non era competitiva, ha fatto sì che quell’affidabilità che invece Arrivabene riusciva a trasmettere, fosse in qualche modo messa in discussione.
Come ancora ricordiamo tutti, Maurizio dichiarava spesso: “testa bassa e lavorare”, anche quando le cose filavano lisce; al contrario, date le circostanze, Mattia era un perpetuo risuonare di “Stiamo cercando di capire…”. Il suo ruolo era quello di riuscire ad investire e creare una scuderia che potesse essere effettivamente vincente, che restituisse lustro alla storia di un glorioso team, ma che purtroppo ancora oggi è in sofferenza.
Forse anche la sua stessa natura potrebbe non essere necessariamente l’elemento chiave nella risoluzione dei problemi in casa Ferrari: Mattia è principalmente un ingegnere, non un manager. Dunque la propensione manageriale potrebbe essere la caratteristica mancante, a confronto con invece magari delle doti tecniche che sì, chiaramente spettano anche a lui, ma specialmente nelle sue vesti, occorre anche tanto altro.
Il suo obbiettivo principale è sempre stato quello di puntare sul 2022: le grandi modifiche avrebbero potuto giovare ad una monoposto studiata ed ideata ad hoc su quei presupposti. E sebbene ad oggi giochi a fare lo struzzo che nasconde la testa sotto la sabbia, sin da inizio stagione si ipotizzava che Ferrari potesse essere la papabile vincitrice del titolo. Ed il primo a dichiararlo fu proprio lui.
Tralasciando gli ultimi evidenti trascorsi, la F1-75 dei primi mesi era veramente la monoposto da prendere come modello: poi tutto quel che è venuto dopo è già storia, ma perlomeno c’è stato un lungo momento in cui le speranze erano state riaccese. Questo continuo on-off prestazionale ha portato nuovamente al logorio nella scuderia, poiché ad oggi stentiamo a credere che gli animi al suo interno siano completamente distesi.
Ed anche in questo caso, questo pare un film già visto: non propriamente la stessa circostanza, ma anche la questione gestione Vettel-Leclerc durante il 2020 aveva portato parecchio scompiglio, in aggiunta ad una vettura che proprio non andava.
Insomma, l’era “binottiana” agli occhi di molti potrebbe avere più connotazioni buie che di splendore: in effetti non si può negare che passando rapidamente in rassegna i momenti più salienti del recente passato, ci siano state più difficoltà che momenti gloriosi. È altrettanto vero, però, che quando la F1-75 prometteva bene, quasi più nessuno criticava Binotto per il suo operato: dunque facilissimo salire sul carro dei vincitori, ed altrettanto semplice scendere quando la barca cola a picco.
F1. Chi sarebbe il sostituto ideale di Mattia Binotto?
In tutto questo, Mattia si è sempre comportato come un parafulmine per i piloti e per il team: ha sempre preso i classici “pomodori in faccia” quando c’era da prenderseli, tentando di difendere anche l’indifendibile. Trend che purtroppo, stiamo nuovamente ricominciando a vedere fin troppo spesso. Proprio la recente polemica con l’ex campione del mondo 2016 Nico Rosberg (leggi qui per saperne di più), suggeriva velatamente una rimozione di Binotto in favore di qualche altra figura più indicata. Ma chi?
E proprio a tale domanda, sono stati gli stessi Charles Leclerc e Carlos Sainz a trovare risposta: Sebastian Vettel. Chi se non uno che la Ferrari l’ha guidata, ne ha compreso i meccanismi alle spalle, l’ha amata e odiata nello stesso tempo, al punto da doversene separare irreparabilmente?!
La sua gloriosa carriera in F1, d’altronde, nel giro di 2-3 mesi sarà ufficialmente conclusa. E sebbene abbia dichiarato di volersene stare lontano dal Circus per un po’, perché non pensarlo nelle vesti di team principal? Uno senza peli sulla lingua, che dice e fa quel che vuole, che sostiene fermamente le sue scelte e ciò in cui crede, potrebbe rivelarsi il finale asso vincente di questa lunghissima partita.
E chissà, forse potrebbe essere questo il giusto modo per poter vincere quel tanto agognato mondiale, che quando occupava il sedile rosso, proprio non arrivava mai. Sarebbe fin troppo romantico e melenso, o vi piacciono i lieto fine?
F1 Autore: Silvia Napoletano – @silvianap13
Foto: F1, Scuderia Ferrari, Mattia Binotto, Maurizio Arrivabene
Idea suggestiva e romantica.
Sicuro serve un nuovo manager e magari Vettel riuscirebbe bene.
Binotto dovrebbe tornare a fare il capotecnico e basta.