Il regolamento tecnico delle nuove power unit che saranno realizzate dai costruttori della F1 a partire dal 2026 recepisce il processo di transizione ecologica del settore automotive. Il Parlamento Europeo ha dato un’accelerata al percorso di transizione decretando la fine dei veicoli a benzina e diesel per il 2035. Per traguardare tale obiettivo i colossi del settore automobilistico dovranno rivoluzionare gli attuali impianti produttivi – tarati per la produzione di componenti per motori endotermici – e riconvertirli all’elettrico.
La Formula 1, la FIA e i team hanno condiviso un’architettura di riferimento dei nuovi propulsori che dovrà centrare obiettivi sfidanti. La potenza complessiva dovrà essere erogata equamente dalla componente endotermica e dall’MGU-K. La specifica finale è figlia di lunghe consultazioni tra i competitor presenti nel Circus, con il gruppo Volkswagen osservatore interessato per valutare la possibilità dell’ingresso nella classe regina del motorsport.
F1. PU 2026 : un’architettura semplificata dagli obiettivi avveniristici
Nonostante tra gli obiettivi dichiarati ci fosse la semplificazione dei propulsori e la riduzione dei costi, i target prestazionali fissati e i compromessi “politici” rendono arduo il compito dei costruttori. Il motore endotermico dovrà avere un’efficienza del 60 percento contro il 52% degli attuali motori a combustione interna che rappresenta già il valore di eccellenza del settore automotive.
Mentre la parte inferiore dei futuri motori endotermici sarà fortemente vincolata a rigidi parametri imposti dal nuovo quadro normativo, l’area di maggiore sviluppo per gli ingegneri meccanici sarà la testata della componente a combustione interna.
F1. PU 2026 : Il ruolo chiave dei nuovi biocarburanti
I fornitori di carburante sintetico avranno ampi gradi di libertà. Tutti i componenti del carburante dovranno essere completamente sostenibili, per cui l’emissione di gas serra sarà in linea con gli standard europei. Il colosso saudita degli idrocarburi, Aramco fornirà, dal 2023, i propri combustibili alle monoposto di Formula 2 e Formula 3 con un componente sostenibile inizialmente pari al 55%.
Un’ottima piattaforma per iniziare a testare la bontà dei biocarburanti nelle categorie propedeutiche alla Formula 1. Per evitare un’escalation dei costi a carico dei produttori di benzine green, è stato imposto un limite relativo al flusso di energia iniettato nel V6. La soglia aumenterà proporzionalmente al crescere del regime di rotazione, fino a 3000 MJ/h oltre i 10500 giri al minuto.
F1. La vera criticità è l’MGU-K
La più grande criticità dei nuovi propulsori risiede nella gestione del nuovo sistema MGK-K. Al momento, il sistema di recupero di energia cinetica eroga 120 kilowatt (163 CV) mentre nella nuova architettura il suo apporto energetico è praticamente triplicato. La più grande sfida sarà nel gestire l’accumulo di energia giro dopo giro in modo che i nominali 475 CV della componente ibrida possano essere sempre disponibili.
La rinuncia al sistema di recupero MGU-H in nome della semplificazione e della riduzione dei costi rischia di far lievitare in modo esponenziali i costi di ricerca e sviluppo atti a mitigarne l’eliminazione. Durante la gestazione del nuovo regolamento relativo alle PU, era stato ipotizzato anche l’introduzione di un secondo sistema di recupero dell’energia cinetica posizionato sull’asse anteriore.
Si sarebbe trattato della sola parte di trasformazione dell’energia dissipata in frenata sull’asse anteriore da inviare al sistema MGU-K collocato sull’asse posteriore oppure alle batterie. In sostanza non si sarebbe fornita motricità alle ruote anteriori, in quella che poteva essere considerata una monoposto a quattro ruote motrici.
Tuttavia, l’intuitiva soluzione ha suscitato sospetti tra i costruttori già presenti nel Circus. Si temeva che Audi e Porsche avrebbero potuto trarre un vantaggio competitivo grazie alla esperienza nella categoria Endurance in cui aveva sperimentato l’utilizzo di un sistema di recupero di energia sull’asse anteriore.
F1. L’aerodinamica “attiva” delle monoposto 2026
Affinché le velocità massime non scendano troppo durante per effetto del maggior impatto del clipping, la resistenza dell’aria delle monoposto dovrà essere drasticamente ridotta. È verosimile che la larghezza delle monoposto a partire dal 2026 passi a 1,90 metri invece di due attuali.
L’aerodinamica attiva sarà consentita. Per aerodinamica attiva si intendono una serie di dispositivi aerodinamici (parti mobili e spoiler attivi) che si inseriscono, cambiano forma, altezza e inclinazione in base alla velocità sostenuta. Tali variazioni possono essere automatiche, o comandate dall’interno della vettura tramite pulsante. L’obiettivo sarà quello di rendere le auto un po’ più piccole perché sono cresciute enormemente negli ultimi anni.
Lo scopo sarà quello di ridurre significativamente il passo delle auto nel 2026, facendole somigliare molto a quelle viste nei primi anni del 2000. Una direzione ragionevole alla luce della incredibile crescita delle dimensioni e del peso delle attuali monoposto.
In qualche modo la rivisitazione del concept aerodinamico delle monoposto di nuova generazione certifica che lo sviluppo delle nuove unità turbo-ibride non sarà banale così come quando si menziona il termine semplificazione.
Autore ed elaborazione grafica: Roberto Cecere – @robertofunoat
Foto: F1, Renault, McLaren, Scuderia Ferrari F1