2006 – 2022. Sedici anni, altrettanti campionati. La F1 è rimasta la stessa ma al contempo è profondamente cambiata. Facciamo un salto indietro alla metà del primo decennio del ventunesimo secolo. Le vetture erano equipaggiate dai motori aspirati: 2400cc di cilindrata per un’architettura a otto cilindri. Novità introdotta per evitare che i V10 raggiungessero potenze ingestibili su telai troppo leggeri. L’unica eccezione era rappresentata della Scuderia Toro Rosso che portava in grembo un V10 Cosworth da tre litri. Concessione resa possibile per motivi economici e grazie ad una deroga normativa basata sulla presenza di un limitatore di giri.
Il 2006 fu anche l’ultimo anno col doppio fornitore di pneumatici: Bridgestone e Michelin a sfidarsi prima che si aprisse la lunga stagione del monomarca che ha annullato delle disparità prestazionali che si erano fatte troppo acute. Oltre a ciò, ci riferiamo ad una Formula Uno in cui non esisteva il contingentamento motoristico e nella quale il congelamento degli sviluppi era un concetto del tutto astratto.
2006 – 2022: due ere tecniche e regolamentari molto lontane tra esse, che necessitavano e necessitano di diversi approcci in termini di pilotaggio. Il solo Fernando Alonso, che proprio nel 2006 conquistò il suo ultimo titolo del mondo (per ora), è riuscito a passare indenne attraverso cambi epocali come l’introduzione del power unit turbo-ibride ed il ritorno alle vetture fondate sull’effetto suolo.
F1. 2006-2022: una rivoluzione lunga 16 anni
Mettere un pilota di quei tempi, tanto vicini ma così lontani, in una monoposto odierna e sentirne i feedback dà la misura del cambiamento a cui la massima categoria del motorsport è andata incontro. Jacques Villeneuve, che si è commiatato dalla F1 guidando una BMW Sauber, ha provato l’ebbrezza di calarsi in una vettura di nuova generazione. Occasione offertagli dalla Alpine poco prima di Monza.
Va specificato che il canadese ha guidato una A521. Quindi un mezzo del 2021 che si reggeva ancora sui “vecchi” principi ma che, rispetto alla BMW F1.06, presenta un aggravio di peso di oltre 100kg. Che si aggiunge ad ingombri più generosi (sia in larghezza che in lunghezza), nonché a gomme non più scanalate. Il giorno e la notte.
Se n’è avveduto il Campione del Mondo 1997 che ha parlato dopo il test effettuato sul tracciato brianzolo: “La macchina era davvero molto stabile, è abbastanza semplice da guidare: c’è così tanto grip. E’ tutto così veloce – ha spiegato il canadese a RN365 – il tuo cervello fatica davvero a gestirlo. Sei inchiodato a terra e sembra di guardare un film mentre avanzi velocemente. È davvero impressionante“.
F1. L’evoluzione del potere frenante
Un altro aspetto massicciamente mutato è quello relativo alla frenata: “Dopo i giri nel simulatore e vedendo Ocon e Alonso guidare ho compreso dove si trovava il punto di frenata. Ho pensato: <<Ok, il cervello ricorda tutto: è come 15-16 anni fa>>. Credevo che quella memoria non fosse svanita. Ma quando usi quei ricordi inizi a frenare e ti accorgi che la curva è ancora a 50 metri di distanza“.
Segno tangibile di quali siano stati i progressi fatti in termini di carico generato dal corpo auto e nell’ambito del potere rallentante. Che è aumentato nonostante peso e massa siano cresciuti sensibilmente rispetto ai modelli 2016. Proprio sul versante aerodinamico, Villeneuve ha espresso il suo stupore parlando di “effetto paracadute”: “Anche senza frenare, sembra che un paracadute stia rallentando l’auto“. Questo, chiaramente, in fase di rilascio.
“Non ricordo di aver mai avuto l’opportunità di guidare un’auto così stabile” ha chiosato il figlio del compianto Gilles che ratifica come le vetture contemporanee – comprese quelle della next generation basate sull’effetto Venturi – sembrino essere adagiate su immaginari binari.
La parole di Villeneuve spiegano con molta chiarezza perché, di tanto in tanto, i vertici della F1 siano costretti ad operare un giro di vite regolamentare. La capacità di migliorare degli ingegneri che lavorano nel Circus è così spiccata che il progresso tecnico è talmente veloce che sovente è necessario che si pongano dei limiti per evitare che i tempi sul giro crollino drasticamente limitando lo spettacolo e aumentando i rischi per i conducenti. La Formula Uno, in definitiva, è anche questo: la continua sfida tra gli impulsi dei tecnici a progredire e la necessità dei decisori di non portare fuori controllo le prestazioni delle vetture.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Rafa Castillo, Alessandro Arcari