Rinnovamento o involuzione? Spettacolo o teatrino? Opportunità o leziosità? Il fenomeno della Sprint Race è stato commentato e analizzato da più parti, mai del tutto apprezzato, comunque giustificato da una logica che risponde al banale meccanismo di domanda e offerta. La F1 piace, ha largo seguito? Benissimo, allora spalmiamola in ogni angolo del globo, aumentiamo le gare ben oltre il sostenibile, inventiamo un format che possa regalare un brivido in più, un ulteriore spegnimento dei semafori a uso e consumo di famelici neo appassionati da videogame.
Eppure a chi giova veramente questa manna, un’abbuffata in stile “all you can eat”, in cui si perde il vero sapore dell’evento e ci si sazia prima del tempo, prima di arrivare alla gara? Non certo ai team, alle prese con un’altra competizione che può generare variabili potenzialmente rischiose, come incidenti o ritiri. E con il ridicolo limite delle tre power unit annuali. Non proprio ai piloti che, molto spesso, in luogo di attaccare, tendono ad essere conservativi badando a non compromettere un risultato utile.
Così, il format che doveva sostituire o rinverdire i fasti delle qualifiche, si trasforma in una sorte di processione con qualche timido accenno di brio. Fuochi fatui ben lontani dai fuochi d’artificio prospettati e promessi. E ben differenti da quella sana palpitazione che avvolge il tifoso negli interminabili secondi di quell’ultimo, scalpitante giro alla ricerca della pole.
F1. Max Verstappen non reputa la Sprint Race un rivoluzione
Così lo zoccolo duro degli appassionati si è mostrato critico o quantomeno scettico. Tiepida è risultata anche l’accoglienza da parte dei piloti, la cui adesione non ha mai riscontrato un vero fervore. In merito il più categorico si è mostrato il campione in carica Max Verstappen, che ritiene ingiusto sminuire il valore della gara domenicale in favore di una gara breve che non apporta un reale valore aggiunto.
“Le sprint che abbiamo fatto finora non hanno cambiato nulla in termini di risultato” sostiene l’olandese della Red Bull, che rincara il giudizio poco lusinghiero facendo notare quanto i piloti siano cauti: “Tutti vogliono assicurarsi che la sprint race si svolga senza intoppi.” Esattamente. Ma allora come la mettiamo con la ricerca dello spettacolo a tutti i costi?
Dal 2023 gli appuntamenti con la Sprint (denominazione rimasta orfana del termine “Qualifyng” perché abbastanza ambiguo, e scissa da quello di “Race” in quanto troppo assimilabile con la gara vera e propria) saranno sei. Non si lascia, ma si raddoppia. Per la presunta gioia dei tifosi che avranno sì un weekend più ricco, ma anche biglietti più cari e uno stravolgimento del programma della tre giorni.
Stefano Domenicali parla di “successo” e di “feedback positivi” da parte di fans e addetti ai lavori, scomoda la parola “pathos” e si dimostra fiero per il traguardo raggiunto. Mohamed Ben Sulayem, presidente della FIA, gongola per l’interesse generato dal motorsport, parlando di “dinamicità” della Sprint. La Formula Uno guarda al futuro, cambia pelle, si rinnova in uno sciorinato trionfo di modernità. Ma siamo certi che, continuando di questo passo, non snaturi il suo DNA, perdendo l‘appeal che la caratterizza?
Essere nostalgici non aiuta a comprendere tutte le dinamiche che hanno portato in questa direzione. Ma essere ragionevoli comporta un’innegabile presa di distanza da uno sport che vuole moltiplicare le emozioni a tavolino, andando verso la deprecabile deriva del (reality) show. Piloti alla stregua di personaggi televisivi o attori, come Drive to Survive ce li consegna, con tanto di admin e social media manager focalizzati sulla loro esteriorità.
Come fossero merce da influencer, da inflazionare in nome di uno spettacolo luculliano, strabordante e indigesto. Un nastro che gira a vuoto, ma si muove più a lungo, per un tempo maggiore. Doppio start, doppio “wow“, doppio caos. Non è più tempo di attimi lenti, fatti di sguardi che indugiano sui caschi dei piloti, cercando di carpirne un sussulto o un moto di determinazione, tentando di distinguere sotto la visiera un proposito bellicoso o una parziale resa. Siamo nell’epoca del mordi e fuggi, in cui le emozioni si svendono al migliore offerente. Sei Sprint? Va bene, certo. Per ora. Ma forse si può fare di meglio…
Autore: Veronica Vesco @veronicagvesco
Foto: F1, Oracle Red Bull Racing, FIA