Di recente, sempre attraverso le parole di Helmut Marko, avevamo affrontato l’importanza del simbolismo nella eventualità che il team austriaco andasse a vincere in Giappone per cercare di aprire la strada ad una permanenza di Honda, a seguito della rottura con Porsche. Questa volta, il consigliere Red Bull F1 si è espresso più approfonditamente riguardo alle motivazioni che avrebbero spinto il team di Milton Keynes a tagliare i ponti con una potenza politica e performante come Porsche.
F1. Marko spiega rottura con Porsche: “Volevano controllare tutto”
Avevamo anticipato quanto incidesse nella scelta di non proseguire con l’accordo la “prepotenza” di Porsche nel subentrare in Red Bull. Helmut Marko, con queste parole, lo conferma ancora una volta, entrando più nello specifico. Porsche, infatti, era pronta ad acquisire unaingente quantità di azioni che l’avrebbe, di fatto, resa proprietaria del team.
Il brand tedesco non si sarebbe tirata indietro a prendere il comando in un team che, come sappiamo, è invece sempre stato abituato a decidere in piena autonomia. Anzi, a voler guardare più nel dettaglio, Red Bull ha sempre disposto anche del suo B-Team, AlphaTauri, scambiandi i piloti anche in mezzo alla stagione. Una perdita di autonomia sarebbe stata quindi assolutamente fuori discussione.
Porsche, infatti, aveva già messo in chiaro che avrebbe voluto avere pieno potere decisionale in ogni aspetto della squadra. Perfino nella scelta dei piloti, andando a privare anche di questo sia lo stesso manager austriaco che il team principal Christian Horner.
“Ci siamo resi conto che nessuna delle due parti avrebbe beneficiato dell’accordo”, ha affermato Marko. “Ultimamente Porsche aveva manifestato l’intenzione di rilevare o addirittura raddoppiare il proprio impegno all’interno della squadra. Volevano controllare tutto e ovviamente non poteva andare in questa maniera.”
“Il processo decisionale a Milton Keynes sarebbe diventato troppo burocratico, – ha aggiunto. “Una situazione che avrebbe messo a dura prova la nostra flessibilità, ovvero uno dei punti di forza mostrati negli ultimi anni”.
F1. Porsche, una forza conquistatrice nel motorsport: ma Wolff aveva detto sì
C’è da dire che anche Porsche è un brand abituato a dominare, sia in pista che su strada e non si sarebbe accontentata di entrare in Red Bull per giocare un ruolo semplicemente rappresentativo. L’intera famiglia Volkswagen, infatti, è attualmente la prima potenza per quanto riguarda il suo posto sul mercato e quando entra nel motorsport, lo fa per vincere. Se si pensa alla venuta di Audi e Porsche – entrambe facenti parte del gruppo tedesco Volkswagen – nelle diverse categorie, WEC e FE solo per citarne alcune, ci si ritrova ad ammirare una serie di prestazioni di altissimo livello, con i team che arrivano a sconvolgere le categorie come un tornado di vittoria.
Stessa testa, stessa forza e stessa determinazione di un altro marchio tedesco, Mercedes. Tuttavia, abbastanza a sorpresa, la venuta di un conterraneo che si sarebbe rivelato un temibile rivale era stata accolta con gioia dal team con base a Brackley. Toto Wolff, infatti, si era mostrato felice all’idea di avere Volkswagen in F1 con loro, presentandolo come una bella novità per la F1.
F1. Tradizione vs Modernità della categoria
Potremmo quindi riassumere che alla base del mancato accordo fra Red Bull e Porsche ci sia stata una mancata volontà di cedere il potere. Non per egoismo o mania di protagonismo, però. Entrambi i marchi rispettano valori e bisogni a cui non possono venir meno, e che rappresentano due visioni agli antipodi della Formula 1: tradizione e modernità.
Red Bull rappresenta la tradizione dei team inglesi che hanno fatto la storia della F1 sin dal suo primo istante di vita. Sebbene il team sia tecnicamente austriaco, infatti, è costituito a Milton Keynes, portando dentro di sè il DNA della Formula Uno di una volta. I team britannici, i quali sono erano e sono tuttora la maggior parte del nostro sport, infatti, erano tradizionalmente assemblatori che quindi mantenevano una propria assoluta indipendenza. D’altronde, se volessimo un segno di quanta “inglesità” pervada la Formula Uno si pensi a Monza, in cui l’intero Circus si è riunito in un momento di silenzio per la scomparsa della Regina Elisabetta II.
Alla tradizione dello sport portata avanti con orgoglio da Red Bull si contrappone la modernità velocissima e pratica di Porsche – e, naturalmente, Volskswagen.
Porsche, infatti, ha necessità di determinare gli aspetti di marketing e pubblicitari della sua venuta nello sport, direzionandoli anche attraverso la scelta dei piloti, per citare uno dei tanti aspetti su cui volevano avere libertà decisionale.
Non mettendo in dubbio la loro volontà di prendere parte allo sport per amore della velocità e delle macchine, non possiamo perdere di vista quello che è la moderna F1: pubblicità a 300 km/h. Un’altra tedesca, Mercedes, grazie alla F1 e ai suoi risultati eclatanti ha guadagnato circa un miliardo di pubblicità, generando un ingente introito economico che non può non fare gola a chi entra in questo sport.
Autore: Silvia Giorgi – silvia_giorgi5
Fonte Immagini: Oracle Red Bull Racing