Il mondiale di F1 2022 della Mercedes è stato, finora, una rincorsa affannata verso una vittoria che non è ancora giunta. Il ventaglio delle opportunità si restringe di gara in gara visto che gli eventi a disposizione restano solo sei: Singapore, Giappone, USA, Messico, Brasile e Abu Dhabi. Questi i teatri per provare a rimettere in asse una stagione sbilenca nella quale le soddisfazioni sono state ben poche.
Sarebbero tanti gli elementi alla base di un progetto rivelatosi incapace di offrire a Lewis Hamilton e George Russell la possibilità di giocarsi ogni domenica il gradino più alto del podio. Il porpoising, incontrollabile per lungo tempo, è stato un fattore limitante e che non ha permesso alla vettura di esprimersi al meglio. La W13, difatti, doveva girare ad altezze dal suolo troppo elevate per generare i necessari punti di carico per essere sufficientemente competitiva.
Altro elemento frenante – ed è proprio il caso di dirlo – è l’eccessivo drag generato da un concept che ha lasciato le ruote posteriori troppo esposte. Per ovviare a ciò, sin da subito, i tecnici della Stella a Tre Punte hanno provato a massimizzare sia l’effetto downwash – per favorire l’ingresso dell’aria nei canali Venturi – sia quello che outwash per tenere il flusso lontano dai quei muri rotolanti che sono le coperture posteriori. Con risultati non proprio esaltanti.
F1. Mercedes: il problema stagionale è stata la correlazione pista – simulatori
Lo hanno riferito i nomi pesanti del team anglo-tedesco: nella prima parte dell’annata gli ingegneri hanno dovuto combattere con l’incapacità di correlare i dati emersi dalla pista con quelli che emergevano dalla galleria del vento e dalle analisi computazionali. Un percorso doloroso nel quale è servito trasformare la W13, specie quella di Lewis Hamilton, in una sorta di laboratorio ambulante.
Mesi sono sono stati necessari per sistemare un problema che a Brackley non avevano mai dovuto fronteggiare prima visto che la CFD era il fiore all’occhiello del modello Mercedes. Le nuove regole, le poche ore di lavoro concesse dal regolamento e la morsa del budget cap hanno reso argilloso il terreno sotto ai piedi degli ingegneri campioni del mondo in carica.
Lo stesso afflittivo porpoising è scaturito dall’incapacità di prevederlo durante le sessioni in fabbrica. Ecco che, nei test invernali, la realtà si è presentata nella forma di un pugno in pieno volto dal quale è servito tempo per riprendersi. Che il 2022 dovesse essere un lungo anno di apprendistato lo si era capito subito. E così è stato. A quanto pare, il duro lavoro ha prodotto effetti che lasciano ben sperare in chiave 2023. E ce lo racconta il recente Gran Premio d’Italia.
La Mercedes prevedeva che Monza sarebbe stato un tracciato ostico per W13. Ciò è stato preconizzato nei minimi dettagli in sede di simulazione. Un fatto che nel team hanno accolto con estremo favore: “Questo è positivo – ha spiegato Toto Wolff – Ciò che le nostre simulazioni avevano anticipato è successo“. Cosa che non accadeva nei primi eventi dell’anno. Durante l’inverno i valori che emergevano dalle analisi raccontavano di una W13 come di una vettura che potenzialmente potesse imprimere il suo marchio sul campionato del mondo. Cosa che non s’è realizzata in pista. Una cantonata di proporzioni enormi.
F1. Mercedes: il concept a zero sidepod è a rischio
Risolto il problema della correlazione, cosa che fa nascere sorrisi di soddisfazioni sui volti dei plenipotenziari della franchigia tedesca, resta un altro problema di grosse proporzioni: il design utilizzato nel 2022 ha ancora senso di esistere nel prossimo futuro? Si crede che ci possa essere del potenziale nascosto da “succhiare” ottimizzando alcune aree della monoposto a partire dalla sospensioni? O si sta pensando di prodursi in una rivoluzione filosofica convergendo sulle teorie aerodinamiche che hanno funzionato in questo campionato?
Inutile girarci intorno, c’è una sola vettura che ha dimostrato di essere quella più efficace nello sfruttare il nuovo corso regolamentare introdotto dalla FIA: la Red Bull RB18. Che è chiaramente il benchmark tecnico della serie. Lo sa bene Andrew Shovlin, trackside engineer della Mercedes che ha aperto alla rivoluzione concettuale per l’anno venturo:
“Le regole cambiano per il prossimo anno. Questa evidenza cambierà il modo in cui si effettuerà lo sviluppo delle auto. Si dice sempre che la macchina più veloce è quella che ha il concetto migliore, quindi ad oggi la filosofia progettuale migliore sembra quella della Red Bull“.
“È difficile dire come andrà a finire l’anno prossimo – ha proseguito Shovlin – Noi, come squadra, non abbiamo ancora deciso come sarà la nostra vettura. Stiamo ancora esplorando diversi concetti e questo processo continuerà per un po’ di tempo. Ma stiamo solo cercando di trovare le migliori opportunità di sviluppo nell’ambito dei nuovi regolamenti”.
L’affermazione evidenziata in grassetto risulta onestamente poco credibile. A circa cinque mesi dalla probabile data di presentazione della W14 è impossibile pensare che le macro aree basilari della vettura non siano state già decise. Chiaramente, le ultime gare serviranno come ulteriore banco prova, ma l’ammissione di Wolff fatta nelle scorse settimane, ossia che la W13 non sarà più sviluppata se non per adeguarla alla pista che di volta in volta si presenterà, dà un segnale manifesto di quelle che sono le decisioni che sono già state assunte. Al di là delle parole di comodo offerte alla stampa dell’ingegnere inglese.
Dopo una stagione di patimenti e nella quale hanno visto i rivali della Red Bull sfrecciare verso entrambi i titoli, Mercedes vuole ritornare in vetta. Il regolamento offrirà un piccolo assist visto che Mike Elliott avrà più ore di lavoro rispetto agli austriaci e alla Ferrari che, in un anno, ha chiuso il gap e si è piazzata anch’essa davanti all’ormai ex punto di riferimento della Formula Uno. La sfida tecnica è appena partita.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Mercedes AMG, Oracle Red Bull Racing