venerdì, Novembre 22, 2024

Grazie a Dietrich Mateschitz, la Red Bull in F1 “ha messo le ali”

Visionario, sognatore, semplicemente geniale: Dietrich Mateschitz è stato tutto questo, non soltanto per il suo impero Red Bull, ma per l’intero Circus della F1 e nel contempo, anche per tante altre discipline sportive.

Quel sogno nato sulla base del nulla totale, è diventato ad oggi non solo una straordinaria realtà, quanto piuttosto un mood di vivere e vedere la vita: sperando nell’impossibile, e lavorando sodo credendoci fino in fondo.

Questo è esattamente ciò che ha fatto sino alla fine: ci ha creduto fin quando quel brutto male contro cui combatteva da tempo, non ha avuto la meglio su di lui spegnendolo all’età di 78 anni… Ed ironia della sorte?!

Proprio a ridosso della sessione di qualifiche di quello che sarebbe potuto diventare l’appuntamento che avrebbe fatto laureare il suo team campione del mondo costruttori, dopo ben 9 anni di stop forzato.

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Oracle Red Bull Racing F1: Max Verstappen festeggia con Dietrich Mateschitz e Christian Horner

Didi, come lo chiamavano affettuosamente coloro che gli erano accanto, non avrà potuto fisicamente festeggiare la conquista del mondiale, ma perlomeno si sarà goduto lo spettacolo da lassù con la consapevolezza che uno dei suoi talenti, Max Verstappen, aveva centrato il grande obiettivo del titolo piloti proprio durante l’appuntamento gara precedente.

Una figura fondamentale nel paddock, come anticipato in apertura non solo per il team Red Bull ma anche per tutti coloro che ne fanno parte: non è un caso che la notizia della sua morte abbia lasciato sgomenti in tanti.

Uno fra tutti, il team principal Christian Horner che accoratamente lo descrive così: Didi è una fonte di ispirazione: da giovane mi ha dato una possibilità e mi ha sostenuto. Ha dato un’opportunità a tante persone, ti incoraggiava a seguire i tuoi sogni, pensando che nulla è impossibile e nulla è insuperabile.

Era un vero fan della F1. È sempre stato entusiasta, incoraggiante, solidale, nei giorni belli ed in quelli brutti. In tanti gli devono molto”.

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Team Red Bull: Christian Horner e Dietrich Mateschitz

Già. Basti pensare semplicemente a Sebastian Vettel o a Max Verstappen: due campioni del mondo voluti, selezionati ed arruolati sin da giovanissimi, al punto che la Red Bull è stato l’unico team nella storia della F1 ad aver fatto debuttare un minorenne, che non aveva nemmeno la patente standard per poter guidare una macchina normale.

Il suo spirito guida è stato quello di “plasmare” delle giovani menti, realizzando uomini che in realtà sono poi diventati dei superuomini nell’immaginario globale di questo sport.

F1. Red Bull e Mateschitz: genesi di un sogno

Ma come nasce un impero di tale caratura? In maniera impensabile, da un’illuminazione avuta quasi per caso. Mateschitz era ancora quasi un “signor nessuno” quando gli si parò davanti un’idea geniale piombata fortuitamente sul suo cammino.

Era nel pieno della sua attività con un’agenda pregna di business meeting, quando nel 1983 si ritrovò in Tailandia per l’ennesimo viaggio di lavoro: conversando con il tassista, gli raccontò di quanto fosse stressante riuscire ad assorbire il jet lag e rimettersi presto in forma tra un fuso e l’altro.

La sua inaspettata risposta fu la scintilla che accese l’idea bomba nella sua brillante mente. Il tassista a sua volta gli svelò un “segreto” tailandese per riuscire a reggere i ritmi logoranti dovuti alla sua professione: una particolare bevanda locale che lo aiutava nei periodi di maggiore stress.

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Dietrich Mateschitz con la Sua bevanda, la Red Bull, sullo sfondo

Ed eccola lì, la genialata: questa tutt’altro che banale conversazione è stata solamente l’inconsapevole inizio di un’era epocale, quella che avrebbe portato le persone a chiedere l’aiuto di questo drink per ammortizzare i carichi di stress nella vita quotidiana. Certamente gli albori sono stati tutt’altro che facili, ed anzi, proprio l’Europa di questa bibita voleva saperne poco o niente.

Ma poi, entrando nell’ottica di vendere più un mood di vita che non una semplice bevanda, la richiesta sul mercato schizzò alle stelle: con quello slogan immutato negli anni, ed indovinando in maniera visionaria che lo stress in sé sarebbe potuto essere il Leitmotiv del nuovo millennio, la Red Bull è diventata in pochissimo l’oggetto di desiderio delle masse.

Perché se è vero che Red Bull ti mette le aaali”, tutti volevano/vogliono volare: lavorativamente parlando nella propria carriera, come anche sportivamente avendo una marcia in più.

E proprio per questo, si comincerà ben presto a vedere tale nome associato alle più disparate discipline sportive, anche se Dieter ha una innegabilmente forte propensione per la F1.

In tal senso, l’incontro con Helmut Marko sarà provvidenziale: “Sono proprietario di due alberghi ed un bel giorno vengo a sapere che Dietrich Mateschitz, l’uomo che ha creato il miracolo Red Bull nel mondo, è ospite di una delle mie strutture.

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Oracle Red Bull Racing F1: Helmut Marko e Dietrich Mateschitz

Vado a salutarlo, ci conosciamo meglio e tra noi c’è subito feeling. Lui mi espone la sua visione, con questo nuovo umanesimo al centro dell’automobilismo da corsa, ed io, che ho già un mio team, decido di seguirlo, chiudendo la mia struttura ed entrando a far parte del suo progetto. Sì, quello di arrivare ai massimi livelli dell’automobilismo da corsa, costruendo uomini”.

Ed ecco i primi passi del mito: diventerà sponsor del team Sauber in F1, ma solo poi rilevando il team Jaguar darà vita alla celebre scuderia Red Bull Racing, il cui esordio nel 2005 porterà dei discreti risultati (chiudendo con Coulthard in quarta e Klien in settima).

L’anno successivo nascerà anche una scuderia sorella minore, la Toro Rosso, subentrata all’ex Minardi oramai in declino; tuttavia il brand si espanderà anche nel settore calcistico attraverso la New York Red Bulls (squadra statunitense) oppure la Red Bull Salzsburg (squadra austriaca), e la lista di ulteriori sport sarebbe ancora lunga.

Insomma, il marchio Red Bull funziona eccome: quello stesso brand il cui nome fu scelto proprio dalla gente comune come quello più accattivante tra una rosa di nomi proposti, era stato portato in alto dalla medesima gente che l’aveva promosso.

Nel giro di qualche anno, diventa uno di quei top team da cui guardarsi per il domani, ma anche il presente non scherza: basti pensare a Monza 2008 con la vittoria di Sebastian Vettel, diventato il pilota più giovane di sempre (21 anni d’età all’epoca dei fatti) a conquistare pole position e gradino più alto del podio in un solo weekend.

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Un giovanissimo Sebastian Vettel trionfa a Monza nel 2008

Record sensazionale che però sarà poi successivamente infranto, indovinate un po’ da chi?! E guarda caso per quale team?! Tutte domande retoriche: è il gran premio di Spagna del 2016 quando Max Verstappen, visto ancora come esordiente novellino del paddock, conquista la vittoria al Montmelò con i suoi 18 anni e mezzo d’età.

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Un giovanissimo Max Verstappen trionfa a Barcellona nel 2016

Insomma, un team destinato a scrivere la storia di questo sport: grazie a Seb sono arrivati 4 mondiali piloti dal 2010 al 2013, accompagnati da altrettanti titoli costruttori, e dopo un periodo di stasi forzata dovuta allo strapotere Mercedes, l’unica forza in grado di piegare la supremazia delle frecce d’argento è stata proprio la RB16 lo scorso anno.

Spezzando quella che sembrava un’epoca infinita, la Red Bull si è imposta nello scenario della F1 come riconfermata potenza da temere: suoi gli ultimi due titoli piloti, e “soltanto” uno il mondiale costruttori conseguito quest’anno.

Una doppietta 2022 che lenisce le ferite di una scottante perdita: nonostante tutto, questo il suo lieto fine. Come ogni favola che si rispetti.


F1 Autore: Silvia Napoletano@silvianap13

Foto: F1, Oracle Red Bull Racing F1, Dietrich Mateschitz, Christian Horner, Helmut Marko, #DankeDidi

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