domenica, Novembre 17, 2024

Red Bull: una vittoria politica per limitare i danni del budget cap gate

Il Campionato 2022 di F1 è stato un monologo in salsa austro-olandese. Diciassette vittorie sue ventidue, record di punti, maggior numeri di trionfi ottenuti in un una stagione da un pilota. Volgendoci al recente passato, quindi, osserviamo qualcosa che somiglia molto ad un dominio. Eppure per metà mondale c’era stata partita, con una Ferrari pronta a giocarsela punto su punto, corsa su corsa. Poi l’implosione, l’afflosciamento, la bandiera bianca alzata troppo presto. Condizioni che hanno portato alla separazione con Mattia Binotto che dal primo gennaio 2023 sarà libero di guardarsi intorno e di legarsi, se lo vorrà, ad altre realtà (leggi qui).

Il campionato chiusosi ad Abu Dhabi è anche quello delle polemiche che nel Circus non mancano mai. Due i fronti caldi: Direttiva Tecnica 039 e Budget Cap Gate. Elementi che si sono andati a fondere poiché qualcuno non ha potuto investire capitali per rimodulare un progetto refrattario al mutato scenario tecnico. E gli occhi, guarda un po’, vanno nuovamente a ricercare quella Ferrari che ha deciso in coscienza di abbandonare il programma di update della F1-75 per fare all-in sul mondiale prossimo. La strategia che è stata l’affilatissima lama che ha mozzato, sportivamente parlando, la testa del buon Binotto.

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Mattia Binotto, team principal dimissionario della storica scuderia Ferrari

F1. Red Bull: una penalità parziale che potrebbe comunque essere limitante

Chi invece non ha nemmeno subito il solletico dalle novità introdotte da Nicholas Tombazis è la Red Bull che, anzi, dopo il Gran Premio d’Ungheria, le ha vinte tutte tranne una, quando ha concesso la passerella alla Mercedes nell’appuntamento paulista. Questo imperio è frutto di una superiorità tecnica schiacciante che l’anno venturo potrebbe essere messa in discussione stante le penalità ricevute che vanno a fondersi e mescolarsi con le normali afflizioni scaturenti dal regolamento tecnico che limita l’azione di chi vince.

Molto ci si è interrogati sull’equilibrio della sanzione comminata dalla Federazione Internazionale per un’infrazione commessa nel 2021. Su tre aspetti essa dovrebbe incidere: sportivo, economico e tecnico. Sul primo fonte la Red Bull è pienamente e totalmente salva. Non un punto di penalità, non un risultato riscritto nell’esito finale. Milton Keynes sicura e felice che quel già controverso mondiale 2021, il primo ottenuto da Max Verstappen, resta nelle sue mani. Anche se rimarrà fatalmente ed inevitabilmente avvolto in una nebbia di polemiche che non possiamo ritenere errate ed illogiche.

Sul frangente finanziario quella pattuita con il reo è una pena veramente irrisoria. Sette milioni di dollari non sono un costo leggero, ma che va parametrato. Fosse stato tolto dal budget cap e somministrato ai team rivali allora avrebbe avuto senso e coerenza. Invece la cifra sarà reperita dalla smisurata capacità di spesa della multinazionale delle bibite austro-thailandese venendo destinata alla FIA. Red Bull non vedrà intaccato il budget totale per il 2023 e Place de la Concorde avrà più fondi per le sue attività. Un vantaggio per entrambi i soggetti con gli altri attori, ossia i team, a mangiarsi le mani.

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Il fondo della Red Bull RB18

L’aspetto sul quale il maglio federale si è abbattuto più sensibilmente è quello tecnico. Andiamo per gradi. Le norme del testo di riferimento individuano una scala mobile che sfavorisce chi vince e sostiene chi si attarda in classifica. Osservando la situazione dei tre top team, troviamo una Red Bull con a disposizione il 70% del monte ore wind tunnel, pari a 224 corse. Alle spalle c’è la Ferrari che può contare su 240 “run” (75% del totale) e Mercedes che disporrà di 256 corse, l’80% della quota massima riservata a chi ha arrancato in fondo alla graduatoria.

Ma la penalità comminata agli anglo-austriaci modifica sensibilmente le cose. I campioni del mondo in carica, difatti, devono scontare una sottrazione del 10% da quel 70 di cui sopraAdrian Newey e la sua equipe, dunque, si ritroveranno a lavorare con sole 202 corse che corrispondono al 63% del monte-ore globale. Una condizione molto afflittiva poiché l’impianto al quale si appoggia la Red Bull è obsoleto e necessita di tempo per andare a regime. Tanto che, ne abbiamo parlato recentemente, la franchigia che fu di Mateschitz ha deciso di costruire una nuova struttura che non sarà però pronta prima di fine 2023.

La condizione operativa in cui versa la Red Bull non è di certo rosea. I concorrenti potrebbero avvantaggiarsene, specie nel dipanarsi della stagione. L’assenza di un grosso ammontare di ore di lavoro potrebbe difatti farsi sentire non nella definizione inziale del progetto – che dovrebbe basarsi sulle virtù della RB18 adeguatamente sviluppate – ma piuttosto nella capacità di farlo progredire in corso d’opera.

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il settantanovenne austriaco Helmut Marco, consulente del team Oracle Red Bull Racing

F1. Red Bull: un patteggiamento conveniente

Quel che lascia l’amaro in bocca in questa vicenda è la modalità con la quale accusatore (che è anche legislatore e giudice in un’anomalia che pare insanabile) ha interloquito con il reo. Ben Sulayem e i suoi avvocati si sono incontrati più volte con la controparte per trovare un’intesa. Non proprio il concetto canonico dell’istituto del patteggiamento. Ma non scendiamo in tecnicismi. Questa trattativa ha determinato il quadro sanzionatorio di cui sopra che, al di là delle comprensibili parole di fastidio espresse dal mondo Red Bull dopo la sentenza, va accolto con generale soddisfazione. E lo ha lasciato intendere Helmut Marko:

Sono d’accordo con la valutazione del nostro team principal, Christian Horner, che ha parlato di penalità draconiana” E poi un po’ di numeri a caso per rendere più “sanguinosa” la pena nell’immaginario collettivo: “E’ stata stimato da due a cinque decimi di secondo la perdita che avremo al giro. E per compensare questo svantaggio, dovremo lavorare in maniera ancora più efficiente“.  

Ma il passaggio importante è il seguente: “Abbiamo accettato questa sanzione perché volevamo evitare una possibile controversia legale che sarebbe potuta durare anni”. Un modo morbido per evitare di dire che se non fosse stato accettato il patteggiamento la FIA sarebbe ricorsa ad una procedura che poteva portare direttamente a condizionare gli esiti del mondiale 2021 con pene che prevedevano la decurtazione dei punti e afflizioni ben più serie sui versanti finanziario e tecnico. Un modo di procedere che non sorprende visto che l’ente parigino non è nuovo a contrattazioni simili. Forse dovremmo semplicemente abituarci.


Autore: Diego Catalano – @diegocat1977

Foto: F1,
 Oracle Red bull Racing, Scuderia Ferrari

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