Sulle colonne di FormulaUnoAnalisiTecnica ne abbiamo dibattuto diverse volte: in F1 è in corso un vero e proprio riassetto geopolitico. La Vecchia Europa, un tempo cuore pulsante della categoria, vede la sua centralità sempre più erosa in favore di mercati più munifici che riescono a soddisfare le richieste infrastrutturali ed economiche di Liberty Media. I Paesi mediorientali, che foraggiano le attività del Circus con grandi quantità di dollari, sono divenuti in un lampo grandi protagonisti.
Ma c’è un altro polo che sta prendendo piede a gran velocità: quello statunitense. Un processo piuttosto prevedibile dopo che Liberty Media Corporate, nel 2016, ha acquisito il pacchetto azionario della Formula Uno dalle mani di Bernie Ecclestone. La compagnia a stelle e strisce ha piano piano imposto la sua visione strategica operando uno svecchiamento in uno sport tanto veloce da un punto di vista tecnologico quanto refrattario ad affrancarsi dai suoi stilemi costitutivi. Il cammino non è ancora compiuto ma la mano dell’azienda detenuta da John Carl Malone si vede chiaramente.
F1. Un Circus a trazione americana
Nel 2023, difatti, il “carrozzone” sarà di scena ben tre volte sul suolo statunitense. Ai Gran Premi di Miami e Austin si aggiungerà la gara di Las Vegas che, in maniera anticonvenzionale, si correrà di sabato notte. Luci e lustrini nell’appuntamento più glamour – e forse pacchiano – dell’intero calendario a 24 gare. Altra istanza ricercata con forza da Liberty. Ma non finisce qua. La presenza di un team americano, la Haas, conferma lo spostamento d’asse che sarà completato con un altro dettaglio divenuto ufficiale l’altro ieri: dopo diversi lustri un pilota yankee calcherà le piste della massima serie. Parliamo di Logan Sargeant di Fort Lauderdale, Florida, ingaggiato dalla Williams in luogo del partenente – e deludente – Nichola Latifi.
Quindi, ricapitolando, abbiamo proprietà, team, pilota e circuiti “born in USA”. Cosa manca per cementare ulteriormente il cambio del fulcro geografico della Formula Uno? Un motorista. E quale azienda più di Ford è sinonimo di Nuovo Continente? Per ora siamo nel campo delle ipotesi, ma il chiacchiericcio esiste e inzia a farsi rumoroso.
Tutto riconduce a Red Bull e al mancato accordo con la Porsche. Quando i documenti era praticamente firmati e diverse società che ratificavano il legame erano state registrate in alcuni Paesi, è arrivato il passo indietro: Milton Keynes ha deciso di non cedere la sua indipendenza al colosso dell’automotive che chiedeva maggiori poteri decisionali. Ecco che Volkswagen è rimasta col cerino in mano ed ha dirottato tutte le forze su Audi che si è sposata con Sauber la quale concederà più margini di manovra di quanti ne avrebbe offerti la franchigia creata da Dietrich Mateschitz.
F1. Red Bull sospesa tra Honda e un possibile futuro yankee
Red Bull si trova con un reparto powetrains in pieno sviluppo ma senza delle reali capacità operative. Vero è che l’arco temporale è abbastanza dilatato, ma il 2026 è dietro l’angolo. La campagna di recruiting operata anche ai danni di Mercedes ha permesso di creare una prima intelaiatura che, probabilmente, non è ancora in grado di imbastire da zero un’unità motrice capace di competere con colossi come la succitata Audi, Mercedes, Renault e Ferrari. Per tal ragione i campioni del mondo in carica non si sono affrancati dai servigi della Honda che continua a produrre a Sakura i V6 che poi vengono assemblati nel sul dell’Inghilterra.
Honda, il cui disimpegno è più di facciata che formale, tanto che il suo logo è riapparso sulle fiancate della RB18, potrebbe decidere di estendere la permanenza anche oltre il 2025. Ma la notizia che circola è che il colosso asiatico vorrebbe proseguire da solo, stimolato dalle possibilità che offrono le nuove architetture motoristiche definite dal Consiglio Mondiale del Motorsport. Una sfida per una realtà che non vuole accontentarsi di vincere facile, nella piena aderenza all’etica del lavoro nipponica.
Red Bull, a questo punto, rimarrebbe spiazzata. E visto che gli austriaci non usano farlo, pare si stiano muovendo per capire le intenzioni della Ford. Il costruttore americano sembra voglia attendere le mosse della Honda. A breve è prevista la consueta conferenza che chiude l’anno sportivo. I dirigenti della “Grande H”, la prossima settimana, a Motegi, potrebbero, anzi dovrebbero, annunciare i progetti per il futuro.
Se, come pare, il costruttore giapponese proseguirà da solo o si commiaterà dalla F1 allora Ford, col benestare dei Liberty Media, potrebbe rientrare in uno sport che, in passato, ha profondamente segnato col versatilissimo motore Cosworth DFV che ebbe una vita sbalorditivamente lunga visto che parliamo di tre lustri di gloriosa attività. Ma non solo. Bisogna anche ricordare che il primo titolo di Michael Schumacher, nel 1994, arrivò proprio grazie ad un propulsore dell’azienda del Michigan.
Un piccolo miracolo tecnico in un’era in cui imperversavano i più potenti V10 e V12. Ma la duttilità di quel gioiellino leggero ed elastico nell’erogazione, abbinato ad un telaio straordinario e alle doti di guida del Kaiser, contribuì a scrivere una pagina di storia che i vertici di Deaborn stanno seriamente pensando di rinverdire.
Red Bull, in tal senso, sarebbe un partner strategico perché ha un reparto powetrains in via di sviluppo e non chiederebbe altro che rimpinguarlo di tecnici, maestranze, competenze e risorse finanziarie. Inoltre, considerando l’approccio “soft” della Ford che ha mantenuto spesso una posizione più defilata, si creerebbe quel contesto che si adatterebbe alla brama di Milton Keynes di dirigere a modo suo le operazioni. Questa pausa invernale sarà molto più calda di quanto si possa pensare. Il futuro della F1, difatti, si sta scrivendo proprio in queste ore.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Oracle Red Bull Racing, Liberty Media, Benetton F1