venerdì, Novembre 22, 2024

Il successo di Audi dipenderà da una Sauber che si comporta da nuova Red Bull

La F1 è uno sport votato alla stabilità. E non ci riferiamo solo a quella regolamentare che terrà congelate le power unit turbo-ibride, ma soprattutto all’immutabilità dei partecipanti. Dieci sono i team iscritti al campionato e, al di là di normali cambi nelle nomenclature derivanti da ragioni economiche (leggasi sponsorizzazioni), la facoltà di entrare ed uscire dal ristrettissimo novero che è il Circus è limitatissima.

Da qua al prossimo scossone regolamentare, individuato nel 2026, le cose rimarranno fissate. A meno che la battaglia di Michael Andretti non vada a buon fine e le componenti del Patto della Concordia, che altro non sono che le suddette “dieci sorelle”, concedano l’allargamento all’undicesima franchigia. Ad oggi è uno scenario di difficile concretizzazione viste le ritrosie di alcuni soggetti che non vogliono perdere benefici economici acquisiti negli anni ed a seguito di estenuanti battaglie politiche.

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Michael Andretti, il proprietario dell’omonimo team

F1. Una categoria più aperta ai motoristi

Leggermente più semplice è l’ingresso din Formula Uno di nuovi motoristi. Questo poiché è la stessa proprietà della serie iridata che spinge per una diversificazione nelle forniture che sarebbe auspicabile anche per spezzare i blocchi oggi attivi. La difficoltà, stavolta, insiste proprio su chi vuole entrare perché i V6 turbo-ibridi, per come sono configurati, non offrono tantissime ricadute sulla produzione di serie. Né sono semplici da progettare e da rendere competitivi. Ne sa qualcosa Honda che prima di baciare la gloria ha dovuto superare molti ostacoli e vincere diverse – ed a tratti umilianti – ordalie del fuoco.

I regolamenti 2026 sono andati proprio nella direzione di una maggiore semplificazione concettuale per attrarre altri costruttori. Alla chiamata, dopo un processo lungo e travagliato, ha risposto Volkswagen che voleva scendere in campo con tutta l’artiglieria pesante a disposizione: Porsche e Audi. L’epopea del marchio di Stoccarda non si è nemmeno avviata dopo un pesante ma inflorido abboccamento con Red Bull; quella della casa di Ingolstadt prenderà il via nel 2026, quando i propulsori tedeschi entreranno nelle pance delle Sauber che vogliono essere la testa di ponte della multinazionale di Wolfsburg per salire sul tetto del mondo.

Per Audi la F1 è diventata quasi una necessità dopo che essa stessa è stata capace di orientare le scelte del legislatore facendolo virare su un regolamento tecnico più consono a ciò che l’automotive sta offrendo in questi anni. Da qui una semplificazione dell’architettura motoristica con l’abolizione dell’MGU-H e una maggiore quota d’elettrificazione globale nel rapporto ibrido-endotermico. Ma anche ragioni commerciali sono l’elemento fondante di un politica che vede l’esaltazione dei brand sportivi dell’azienda.

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la power unit Ferrari che ha equipaggiato le vetture 2022

F1. Politiche commerciali alla base dell’ingresso di Audi nel Circus

Adam Baker, CEO di Audi Formula Racing, lo ha sottolineato a chiare lettere in un passaggio di un’intervista rilasciata al quotidiano spagnolo AS: “Il campionato è in linea con la strategia futura di Audi che punta alla mobilità elettrica. Inoltre, la F1 è cresciuta in popolarità: è di gran lunga il miglior strumento mediatico e di marketing del motorsport; uno dei migliori in qualsiasi settore“.

Decisivo è stato anche il contenimento dei costi che la classe regina ha ormai individuato essere la stella polare da seguire in maniera scrupolosa. Così si evitano pericolose emorragie di danaro che negli anni passati hanno creato difficoltà a colossi come BMW piuttosto che Toyota: “La F1 ha ottenuto una riduzione dei costi – ha spiegato il manager australiano – e questo la rende ancora più attraente. I motori del 2026 avranno un tetto di spesa. Ciò, oltre a limitare i costi, fornisce certezza sui bilanci a lungo termine. Se vuoi una fantastica piattaforma per dimostrare la tua competenza e conoscenza per 24 volte l’anno, questo è il posto giusto“.

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Adam Baker, CEO di Audi Formula Racing

F1. Audi: competere per vincere 

Adam Baker, la cima di una montagna di rilevanti dimensioni, non ritiene che Audi debba fare la parte della comparsa. L’obiettivo è quello di primeggiare anche se sarà necessaria pazienza in un cammino di crescita graduale che servirà a colmare lo svantaggio nei riguardi di chi è in F1 da molto tempo. La lotta tra Ferrari, Honda (che potrebbe esserci anche dopo il 2025), Renault e Mercedes alza notevolmente l’asticella della competitività, cosa che rende ancora più arduo il compito di chi entra.

Vogliamo essere competitivi in tre anni – ha chiosato il 47enne manager – è un obiettivo realistico. Vogliamo competere per le vittorie nel terzo anno“. Insomma, l’obiettivo nemmeno celato è quello di imporsi già nel corso degli anni Venti. Un arco temporale che sembra ampio ma che invero non lo è. Non solo Ingolstadt si presenta come nuovo motorista, ma dovrà legarsi ad una realtà che ad oggi è ben lontana dalla vetta e non ha le stesse strutture e le medesime competenze dei top team. Andreas Seidl è stato chiamato ad Hinwil proprio per preparare il campo al motorista tedesco che vuole essere operativo all’interno di una struttura più efficiente e pronta di quanto non lo sia oggi.

Se Honda, dopo patimenti e peripezie, è riuscita a battere Mercedes, il dominus dell’era turbo-ibrida, è anche perché si è sposata con una scuderia di primissimo livello che eccelleva in progettazione, management e gestione strategica. Un floridissimo terreno in cui i semi sono germogliati alla velocità della luce. Sauber non è tutto questo ma ha tre preziosi anni per essere fertilizzata a dovere. Per tal ragione Baker, uomo pragmatico, capisce che servirà del tempo per raccogliere frutti maturi e dolci. Quelli che Audi vuole assaporare.


Autore: Diego Catalano@diegocat1977

Foto: F1, Andretti Global, Audi Motorsport, Scuderia Ferrari

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