Se ci fermiamo a riflettere e proviamo a teorizzare degli scenari plausibili per la F1 2023 incontreremo molta incertezza. La Ferrari è alla prese con una profonda ristrutturazione interna i cui esiti sono tutt’altro che scontati. Trovare un nuovo direttore tecnico e un team principal capace di gestire il tumulto non è opera semplice dopo che a Maranello, negli ultimi anni, sono rotolate teste illustri (leggi qui). Gli effetti di questo movimento tellurico prodotto da John Elkann andranno valutati nel medio periodo e potrebbero essere necessarie delle ulteriori scosse di assestamento per rendere il quadro veramente stabile.
In Mercedes non è che si scorgano maggiori certezze all’orizzonte. Dopo una stagione intera a litigare col porpoising e con una vettura recalcitrante, solo nella fase finale si è intravisto qualche barlume di speranza squarciare la coltre di nubi che s’erano addensate su Brackley. Basterà per considerare gli uomini della Stella a Tre Punte i favoriti per la corsa alla corona d’alloro? Difficile dirlo, specie perché, a dicembre ormai inoltrato, non è ancora chiaro che se il concept a zero sidepod abbia davvero un futuro.
In un ragionamento logico è Red Bull il soggetto che parte con i favori del pronostico. Ma intervengono due fattori che si fondono e che potrebbero depotenziare il progetto: le limitazioni allo sviluppo della RB19 scaturenti dal regolamento tecnico che non premia il merito a cui si lega la pena comminata dalla FIA dopo lo sforamento del tetto di spesa. Milton Keynes avrà a disposizione meno ore di sviluppo per il modello che calcherà le 24 piste in calendario. Adrian Newey e i suoi avranno un bel daffare per superare le difficoltà.
F1. Red Bull conferma lo schema Max-centrico
Tanta indeterminatezza, dunque. Alla quale potremmo aggiungere anche gli altri sette team con le loro storie, le loro ambizioni e la loro voglia di sfruttare le regole per scalare i pioli della scala che conduce alla vetta. Ma in questo marasma informe che è un 2023 osservato da lontano emerge una sola, monolitica, certezza. E la cosa si verifica proprio in Red Bull: Sergio Perez era, è e sarà il secondo di Max Verstappen. Una spalla, un servente quando sarà necessario, un pilota che ha il compito di supportare l’azione del caposquadra sopportando la sua condizione di subalternità.
Non siamo noi a definire questo scomodo ruolo. Ci limitiamo a fotografare i fatti. Ossia quelli esposti dal “gallerista” Helmut Marko che peli sulla lingua non ne ha: “In generale non vedo nessuno che possa sfidare Max nell’arco di un’intera stagione. Checo Perez può sicuramente vincere una o due gare all’anno, ma al momento non credo proprio che possa sfidare Verstappen in un campionato“. Insomma, una dichiarazione che pesa come una lapide tombale sulla quale è ben leggibile quell’epitaffio che è certificazione del trapasso delle speranze del messicano.
F1. Red Bull: Ricciardo è uno strumento di controllo
Il povero Sergio avrà un’altra difficoltà da gestire: l’approdo in casa Red Bull di un pilota del calibro di Daniel Ricciardo. Il ritorno dell’australiano potrebbe avere un altro scopo. Vediamo. La riserva ufficiale della Red Bull e della AlphaTauri è e resta Liam Lawson. Quale sarà quindi il ruolo dell’ex McLaren? Ufficialmente verrà coinvolto nel lavoro al simulatore oltre che nel testing in pista (quando il regolamento lo permette). Ma anche nelle attività di natura commerciale. Ma non possiamo pensare che sia stato ingaggiato per girare il mondo su un modello di F1 datato a fare donuts su circuiti minori o improvvisati pubblicizzando il brand delle bibite energetiche.
Ricciardo è un’arma nella mani di Helmut Marko e di Chris Horner. Un pungolo, una sorta di deterrente per evitare intemperanze e alzate di capo. Di chi? La risposta è scontata e banale: Sergio Perez, of course. Il messicano, nel 2022, è stato qualche volta riottoso, refrattario a seguire certe indicazioni del suo team. L’episodio di Monaco (di cui abbiamo dibattuto in questo focus telemetrico, leggi qui) e qualche scia negata al caposquadra designato hanno indispettito la dirigenza che non ha mai pensato all’allontanamento. Ma che ora ha immaginato di farsi trovare pronta nel caso in cui le disobbedienze dovessero verificarsi ancora.
Dopo i fatti del Brasile, quando la tensione tra Verstappen e Perez è esplosa in diretta mondiale, è parso chiaro, al di là delle smentite di rito, che il rapporto tra i due si sia incrinato. Red Bull deve preservare il proprio investimento che si realizza in un contratto mostruoso e lungo somministrato all’olandese che lo ha accettato di buon grado. Ecco che Perez potrebbe essere la vittima sacrificale di un modello che premia il singolo a scapito del gregario che non sempre riesce ad accettare il ruolo (leggi qui).
Non si profila un mondiale sereno per il 32enne di Guadalajara. Con le premesse di cui sopra la pressione sul suo capo sarà elevatissima e di difficile amministrazione. Non sentire la piena fiducia intorno ed avere l’ombra dalle sembianze di Danil Ricciardo che si allunga minacciosa (altro che sorriso a trentadue denti) potrebbero mettere il driver in condizioni di sottoperformare. O, come sperano i dirigenti del team, di starsene buono al suo posto accontentandosi della occasioni che il mondiale potrebbe offrire. Perez fa il mestiere più bello del modo, ma di certo non ne invidiamo le condizioni lavorative.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Oracle Red Bull Racing, Scuderia Ferrari