mercoledì, Dicembre 18, 2024

F1: il sottile equilibrio tra libertà d’espressione e ricerca di facili guadagni

Il mondo della F1 è uno sport che vede spesso accostato il gioco politico a quello in pista. Una dinamica interna che nulla ha a che vedere con quanto accade nel mondo. Negli ultimi anni, grazie anche ad una visibilità decisamente cresciuta, i protagonisti del Circus hanno però intrapreso un modo di operare differente. Sono infatti stati molti i piloti che si sono resi portavoce di messaggi esterni al mondo delle corse. Una situazione che non sempre ha incontrato il benestare dei vertici.

La FIA è spesso intervenuta in merito ai messaggi che i piloti, fino a non molto tempo fa, esibivano soprattutto con magliette particolari. Un’azione poi vietata, almeno nei momenti ufficiali dell’intero weekend di gara. Una sorta di censura che si è notevolmente ampliata. La FIA ha infatti “bannato”, tramite un articolo del Codice Sportivo, ogni forma di messaggio, se non approvato, non inerente alla F1. Una decisione che, ancora una volta, lascia il sapore dell’incoerenza addosso ad un Circus sempre più governato da altre necessità che riconducono al danaro. E alle fonti da cui ottenerlo.

F1
Lewis Hamilton (Mercedes AMG) e Sebastian Vettel (Aston Martin) discutono mentre passeggiano nel paddock

F1. FIA, stop ai messaggi politici: un pilota è solo un pilota

Negli anni la F1 ha acquistato sempre più notorietà mediatica; una strada che ha fatto comprendere a team e piloti l’importanza che può avere la visibilità mondiale. Le ultime stagioni in particolare hanno mostrato non solo piloti sempre più social, ma anche uomini sensibili a quanto accade fuori dalle curve dei circuiti. Lewis Hamilton si è così fatto portavoce d’eccellenza in un sistema forse ancora troppo chiuso. Al sette volte campione del mondo ha poi fatto eco Sebastian Vettel a cui, con il tempo, si sono aggiunti anche altri protagonisti del Circus.

Un obiettivo comune quello che spinto i piloti a portare in pista anche il mondo esterno, ovvero quello di sensibilizzare. Gesti, come inginocchiarsi, e particolari magliette hanno così fatto il loro ingresso in pista. Messaggi forti, quelli sottolineati dai piloti, col fine di attirare l’attenzione su quelle realtà che spesso vengono nascoste. Il nuovo gioco politico intrapreso dai protagonisti non ha però trovato d’accordo la FIA. Prima è così arrivato il divieto per le magliette; in seguito è invece giunto un articolo del Codice Sportivo. Niente messaggi politici, personali o religiosi.

Una F1 che ha scelto di separarsi dalle dinamiche del mondo. O almeno da quelle più scomode, che forse non restituiscono l’immagine che la Federazione si è prefigurata nella mente. Una sorta di censura non solo alle parole, ma anche alle emozioni che tali situazioni suscitano. I piloti di F1 d’altronde sono prima di tutto essere umani e come tali dotati di una propria sensibilità. Una realtà che per la FIA sembra non esistere. Un pilota deve fare solo il pilota.

F1
Mohammed Ben Sulayem, presidente della Federazione Internazionale dell’Automobile

F1. FIA, messaggi politici vietati: un’altra tappa sulla strada dell’incoerenza

Il mondo dello sport, in generale, ha sempre deciso di tenersi distaccato da quello che è il mondo politico. L’essere neutrali è infatti una caratteristica che accomuna le Federazioni dei tanti sport esistenti nel mondo. Non sempre però le scelte fatte sono risultate totalmente imparziali. Il nuovo divieto imposto dalla FIA sembra infatti nascondere altro. Da tempo il mondo della F1 porta in giro messaggi sociali, lotte al cyberbullismo, piuttosto che battaglie ed iniziative per permettere a tutti di avere le stesse possibilità. Tutte azioni lodevoli che, con l’ultima decisione, risultano in realtà vuote, di facciata.

Il divieto di determinati messaggi ai piloti non suona solo come una vera e propria censura. È una sconfitta che nasconde quella che ormai si sa essere la vera realtà del Circus. Il mondo della F1 ha spesso mostrato di essere incoerente, e non solo per le decisioni che vengono prese in pista. Da un lato siamo infatti stati inondati di hashtag sociali, quali #WeRaceAsOne, mentre dall’altro il Circus ha portato il mondo ad abbracciare Paesi in cui i fan dei diritti umani si contano sulle dita di una mano.

Logo dell’iniziativa “We Race Ss One”

Il motivo, purtroppo, non appare più così tanto nascosto oltre che sembrare sempre lo stesso. A comandare infatti non sono le persone e non è nemmeno lo sport, ma il denaro. Lo stesso densato che arriva proprio in ingenti quantità da quei Paesi che i piloti hanno spesso provato a mettere in discussione. Quei particolari messaggi però non sono mai stati troppo graditi da chi la F1 crede di gestirla totalmente. Un’immagine che la FIA ha deciso di non voler vedere dipinta.

I piloti sono così stati costretti, ancora una volta, ad essere solo tali. Robot nati con il solo scopo di salire sulle monoposto e darsi battaglia in pista. Eppure, vista l’enorme fama raggiunta dal Circus, sensibilizzare il mondo a certi argomenti dovrebbe invece essere un obbligo, un onore, una vera battaglia da portare avanti. Soprattutto quando si parla di sport, uno degli strumenti di unione che difficilmente dovrebbe fallire in tale risultato. La Federazione ha invece scelto di farlo; ha stabilito di censurare i pensieri umani, di cancellare la strada della sensibilità. Un’incoerenza che non rende la FIA diversa da tutti quegli ideali che lei stessa, negli anni, ha cercato di condannare.


Autore: Chiara Zambelli@chiarafunoat

Foto: FIA, Aston Martin, Mercedes AMG

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