La stagione 2022 della Mercedes ha dato la generale sensazione del ridimensionamento. Dopo quindici titoli in otto campionati di F1 la franchigia anglo-tedesca è arretrata di colpo venendo triturata dalla Red Bull e superata dalla Ferrari che è stata protagonista di un recupero prodigioso se consideriamo che arrivava da due campionati di digiuno.
Molte cose non hanno funzionato nell’anno che sta per chiudersi. La principale, quella che salta agli occhi, è di certo la W13. Una vettura estrema, una regina capricciosa, un mezzo per troppo tempo imprevedibile nella conduzione e difficile da settare adeguatamente. Porpoising e bouncing i difetti cardinali che hanno limitato la piena esplosione del potenziale rimasto celato troppo a lungo e che si è palesato solo in sparute occasioni.
Quel quadro clinico non ottimale che è andato via via stabilizzandosi per poi migliorare nella seconda metà del campionato (tanto da dare l’idea di aver superato in prestazioni quella Ferrari inizialmente irraggiungibile) ha condizionato anche altri aspetti del progetto W13. A partire dalla power unit che, in quel clima di revisione al ribasso cui alludevamo in apertura, non è sembrata essere più il punto di riferimento della categoria dopo campionati di imperio quasi indiscusso.
F1. Mercedes: il parto del V6 è stato travagliato
Il V6 prodotto e concepito in quel di Brixworth ha avuto una gestazione non proprio lineare. L’anno scorso, più o meno di questi tempi, il responsabile Hywel Thomas aveva ammonito che quella nascente era un’unità quasi del tutto nuova rispetto a quella 2021. Cosa necessaria per soddisfare due requisiti. Il primo era risultare più affidabile rispetto a quel motore che per esprimersi al massimo aveva bisogno di motori a combustione interna (ICE) con bassi chilometraggi; il secondo adattarsi ai carburanti E10 che hanno richiesto camere di combustione diverse nelle caratteristiche per sfruttare una miscela meno nota.
L’ingegnere aveva messo in guardia i naviganti su possibili difficoltà inziali che, puntuali come un orologio svizzero, si sono presentate. “Siamo arrivati all’inizio della stagione con qualche problema alla power unit. Non ci piacevano alcuni aspetti della guidabilità del motore” ha ammesso Toto Wolff in un video pubblicato dai canali ufficiali della Mercedes. Parole alle quali hanno fatto eco quelle di Thomas che non ha nascosto l’impaccio nei primi gran premi:
“All’inizio della stagione avevamo due cose principali in mente: innanzitutto, che la potenza sarebbe potuta essere minore. E poi che ci sarebbe stato un congelamento dell’hardware. Questo è ciò che avremmo poi potuto usare per i prossimi tre anni. Perciò abbiamo svolto un grande programma di sviluppo per tutto l’anno scorso [Il 2021, ndr] e per tutto l’inverno cercando di assicurarci che il motore fosse in grado di funzionare. E’ stato un grande sforzo“.
F1. Bouncing e porpoising ulteriori limitazioni per il motore
A queste difficoltà si sono unite le problematiche relative ai saltellamenti incontrollati che hanno rischiato di creare danni ben più gravi, specie in un contesto di contingentamento delle parti costitutive di un’unità motrice. “Ad un certo punto – ha spiegato Thomas – era diventato molto chiaro che i motori stavano subendo colpi troppo duri. Toto [Wolff] venne a Brixworth e vide alcune delle parti che erano fuori dai motori [componentistica ausiliare] e capì quanto forti erano le sollecitazioni che subivano. E come quando Lewis e George sembravano un po’ a disagio nello scendere dalle auto… Vale lo stesso per le power unit“.
Evidenza che ha imposto un giro di vite prestazionale finché il problema porpoising non è stato superato. Cosa avvenuta a Silverstone grazie al pacchetto di update che ha ridato slancio e smalto alla W13. Nonostante questo e sebbene le performance siano state incatenate da un regolamento che mortifica gli sviluppi, la calibrazione del progetto aero-meccanico ha consentito di liberare, nel corso della gare, ulteriore potenziale: “In regime di congelamento – ha ravvisato Wolff – siamo stati in grado di aggiungere prestazioni e di affrontare il difficile problema di una macchina che rimbalzava e che rischiava di compromettere la tenuta del motore. Tuttavia, siamo stati molto affidabili e il propulsore si è comportato molto bene dalla metà alla fine della stagione“.
Quanto riferito dai due esponenti della Stella a Tre Punte va però incrociato con le prestazioni offerte dalle altre vetture motorizzate dal comparto che nasce dall’acquisizione della Ilmor Engineering. Macchine che hanno annaspato. Colpa dei rispettivi concept aerodinamici? Anche, ma di certo c’è un evidente, anche se non enorme, ritardo prestazionale nei riguardi di Honda e di Ferrari. Specie quando quest’ultima è stata capace di liberare tutta la cavalleria senza badare all’affidabilità.
L’anno prossimo sarà difficile racimolare altre performance stante il “freeze” regolamentare. Il timore che serpeggia a Brixworth è che Renault – e ancor di più Ferrari – superando le loro difficoltà sul versante solidità, possano scappar via. Si tratta di paure che potrebbero non trovare conferma e che andranno valutate in base all’efficacia delle architetture aerodinamiche della quattro vetture che accoglieranno in grembo il V6 anglo-tedesco.
L’unica cosa certa, che rappresenta un chiaro vantaggio sulla concorrenza, è che in termini di affidabilità il motore della Stella a Tre Punte non ha rivali. E con un calendario da 23 o 24 gare (il Gp di Cina potrebbe essere sostituito in extremis da un altro teatro) è un bonus non da poco. Specie nella seconda parte di campionato, quando le rotazioni delle componenti si faranno sentire.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Mercedes AMG