Ultimo giorno dell’anno, momento di compendi finali. E’ stata una stagione in cui sono diventate operative tante novità regolamentari da cui sono derivate molte discussioni su questioni aerodinamiche. Non poteva essere altrimenti visto che ci siamo trovati dinnanzi al più grande reset della storia della F1. Le squadre hanno lavorato per offrire ai propri piloti modelli di vettura vincenti e, dopo ventidue appuntamenti iridati, possiamo dire che sono due le compagini che hanno centrato la filosofia più efficace: Red Bull e Ferrari.
Cosa è mancato alla F1-75 per tenere testa alla RB18 è tema assai dibattuto. In estrema sintesi sono tre le ragioni per le quali Milton Keynes, da Spa Francorchamps in poi, ha preso il largo a scapito della scuderia italiana: stop agli sviluppi, affidabilità inconsistente e gestione strategica rivedibile.
Ma c’è un aspetto della rivoluzione normativa si cui si dibatte meno di quanto si dovrebbe visto il peso che ha avuto sulla sfida iridata: l’introduzione degli pneumatici a spalla bassa il cui puntuale sfruttamento ha fatto la differenza nell’ottenimento dei gran premi. Gare come Imola, Australia, Austria, Ungheria (per citare i casi più rilevanti) sono state vinte grazie ad una perfetta gestione strategica del compound. O, per meglio dire, perché uno dei competitor accreditati non è riuscito a far lavorare a dovere le mescole entrando in una sorta di vortice negativo che ha determinato esiti inattesi ed insperati.
F1. Pirelli: il bilancio del 2022 è positivo
Al gommista italo-sinico era stato chiesto di offrire un prodotto che favorisse lo spettacolo e l’imprevedibilità. Target che secondo Mario Isola è stato centrato. Liberty Media Corporate, tramite la Federazione Internazionale dell’Automobile che si era a lungo confrontata con i tecnici dei team e coi i piloti, voleva che si creasse più azione in pista. Un condizione da raggiungere tramite vetture capaci di lottare più costantemente da vicino.
A ciò si è arrivati sia con le regole tecniche che hanno parzialmente “depotenziato” la deportanza scaturente dalla parte superiore dell’automobile che ora è meno sensibile all’aria sporca, sia, appunto, lavorando sulle gomme. Ovvero sulle caratteristiche delle stesse che sono state individuate dopo aver operato su un doppio binario: quello simulativo e quello pratico con diverse sessioni affidate alla mule care dei team che hanno incamerato preziosi dati che sono stati incrociati con quelli in possesso del gommista che aveva messo in cantiere lunghe analisi computazionali prodotte nei laboratori della sede italiana dell’azienda.
Il numero uno di Pirelli Motorsport, Mario Isola, nel corso della stagione, si era detto piuttosto soddisfatto di come il suo gruppo avesse messo in pratica i desiderata delle proprietà della F1: “Abbiamo avuto gare con molta azione, anche al centro del gruppo. Si è trattato di una bella sfida tecnica, complice la totale novità degli pneumatici da diciotto pollici. La nostra attenzione si è focalizzata sui piloti. Sono loro gli eroi dello spettacolo, il nostro compito è quello di fornirgli un prodotto che consenta loro di spingere, attaccare e combattere”.
F1. Pirelli lavora per eliminare il sottosterzo
Dopo aver effettuato decine di miglia di chilometri la Pirelli può fare proiezioni sul futuro. Al di là delle generale soddisfazione da cui nasce la volontà di non cambiare le caratteristiche essenziali del prodotto perché funziona generalmente bene, si rendono necessarie delle migliorie in alcuni ambiti specifici. Uno di questi è il sottosterzo. I dati forniti dalle squadre parlano chiaro: le gomme dell’asse posteriore riescono a produrre moltissimo grip. In alcune condizioni è come se spingessero le gomme dell’asse avanzato che, anche per impronta a terra e bilanciamento dei pesi di una vettura di F1, non riesce a “tenere testa” alle spinte che arrivano da dietro. Questa situazione genera un sottosterzo che si palese nelle curve a bassa velocità.
Parliamo di una tendenza comune a tutte le squadre. A inizio anno la Red Bull ne ha sofferto in misura particolare e la cosa ha imposto ai tecnici di Milton Keynes di approntare un programma di update col quale si è modificato il bilanciamento generale della vettura anche tramite una buona riduzione di peso della RB18. L’obiettivo primario per il 2023, dunque, è annullare o limitare quanto più possibile questa deriva sottosterzante frutto dei nuovi pacchetti aerodinamici che rendono le monoposto ben bilanciate ad alta velocità ma meno efficaci quando si va nel lento.
Mario Isola, già prima del pausa estiva, era stato molto chiaro su questo delicato punto: “Stiamo lavorando per progettare una nuova struttura, sia all’anteriore che al posteriore. Puntiamo ad un livello di integrità superiore che consenta alle auto di essere sempre più veloci. Stiamo studiando una nuova e più robusta struttura anteriore per bilanciare il posteriore e ridurre il sottosterzo. Non si tratta di una rivoluzione, né di un nuovo prodotto per il prossimo anno. È un miglioramento rispetto a quello attuale”.
Le critiche giunte da alcuni piloti (Hamilton e Verstappen su tutti, ndr) hanno evidentemente fatto breccia nel gommista e nella stessa FIA. L’obiettivo è annullare quelle piccole criticità che, diciamolo, hanno contribuito a creare spettacolo con piani strategici del tutto stravolti al mutare delle condizioni ambientali. Emblematico è stato il caso del GP d’Austria in cui le tattiche postulate dalla Pirelli sono risultate del tutto sballate in una gara poi rivelatasi da tre stop. Il rischio è che sistemando alcune piccola problematiche si possa arrivare ad una serie più prevedibile. Per questo la “P lunga” non intende stravolgere le caratteristiche intrinseche del prodotto.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Pirelli Motorsport, Scuderia Ferrari, Oracle Red Bull Racing