Quanta programmazione e quanto fato ci sono dietro il successo in F1 del binomio Red Bull/Honda? Difficile definirlo con esattezza, ma è evidente che una dinamica non esclude l’altra. Milton Keynes ha necessariamente dovuto credere nell’azienda di Sakura quando si è consumata la rottura con Renault. In quei mesi, dopo che Ferrari e Mercedes avevano sbattuto le porte in faccia a Chris Horner, Honda era diventata l’unica opzione percorribile. Una scelta che qualcuno considerò al ribasso ma che fu costruita con dovizia, sfruttando l’allora Toro Rosso che venne adoperata come vera e propria cavia tecnica.
Quando i propulsori nipponici debuttarono sulle vetture di Adrian Newey si capì subito che uno step clamoroso era stato compiuto sia in termini prestazionali che di affidabilità. Un cammino che ha portato, nel 2021, alla vittoria del titolo e, l’anno seguente, ad un imperio con pochi precedenti nella storia del Circus. La RB18 ha cannibalizzato la stagione con la bellezza di 17 vittorie sue 22 gare ed ha scritto il record di punti ottenuti nel singolo anno. E c’è qualcuno che ancora parla di pacchetto non dominante. Assurdo.
Questo miniciclo di trionfi – e se vogliamo è cosa assai paradossale – s’è consumato quando Honda aveva annunciato il disimpegno che, nei fatti, è stato più di facciata che reale. Ma ciò non significa che non fosse intenzione dei giapponesi dire addio alla Formula Uno. Le power unit turbo-ibride, secondo la visione della casa di Tokyo, non corrispondevano alla parabola di sviluppo che l’automotive stava descrivendo. Da qui la necessità commiatarsi da un programma eccessivamente dispendioso in termini di risorse economiche ed umane.
Ma, stravaganza nelle stravaganze, furono proprio le ingenti somme spese a convincere Takahiro Hacigo, presidente dell’azienda fondata da Sōichirō Honda, a creare la necessità di immettere altri fondi per recuperare il gap dalla Mercedes diventando, nel giro di un paio di anni, il punto di riferimento della serie “motorsportiva” per antonomasia. Honda voleva lasciare il segno e l’ha fatto. Ecco che programmazione, determinazione e fato si sono intrecciati in una combinazione esplosiva.
F1. Congelamento dei propulsori: una vittoria politica per la Red Bull?
Qualcuno sostiene che il freeze motoristico sia stato un grande assist della FIA (e di Liberty Media Corporate che troppo spesso non viene menzionata in questi processi decisionali di vitale importanza) agli uomini di Milton Keynes che oggi godrebbero addirittura di un posizione di vantaggio che dipende dalla difficoltà di recuperare prestazioni per chi è attardato da qua al 2026, anno dell’ennesimo grande cambio di norme che modificherà sensibilmente il modo in cui i propulsori turbo-ibridi produrranno potenza, con un MGU-H che va a scomparire e con il susseguente aumento di importanza di quello che era il vecchio Kers.
La verità è che il quadro attuale si è creato in via del tutto incidentale. Honda era davvero convinta di mollare tutto e di tornare ad occuparsi di sola produzione; Red Bull viveva una fase di entusiasmo sognante quando credeva e riteneva che potesse mettere su un reparto powertrains che, in un quinquennio, doveva essere in grado non solo di allestire i motori, ma anche di produrli da zero con tanto di uffici ricerca e sviluppo. Poco tempo è servito ai capoccioni di Milton Keynes per comprendere che questo scenario onirico tale sarebbe rimasto.
Da qui il ritorno in cattedra di Honda che ha garantito un supporto più ampio di quello che intendeva dare in questa fase di transizione. Agli uomini di Sakura è tornato l’appetito dopo due stagioni trionfali tanto che, dal 2023, i motori torneranno ad essere marchiati dalla Grande H e non saranno più dei semplici “RB powetrains”. Ma non solo. I nipponici hanno presieduto a tutte le riunioni del Consiglio Mondiale del Motorsoort circa le regole tecniche da implementare in chiave 2026. E non finisce qui: Honda ha altresì comunicato che potrebbe avere un ruolo anche nella nuova F1.
F1. Honda ci ripensa davvero?
L’interesse per i nuovi regolamenti che saranno caratterizzati da carburanti sintetici a zero emissioni e da un aumento consistente della componente elettrica è vivo. “Ci siamo iscritti come costruttori di PU a partire dal 2026 perché i regolamenti della F1 sono orientati nella direzione zero emissioni. La maggiore elettrificazione delle unità motrici coincide con i nostri obiettivi ed essendo il nostro un marchio dalla spiccata sportività, abbiamo deciso di riprendere la ricerca attraverso le corse“.
Parole riferite da Koji Watanabe, CEO Honda, che ha confermato solo l’iscrizione come motorista senza aggiungere nulla sul ritorno in pianta stabile in Formula Uno. Le opzioni sul tavolo sembrano essere diverse, ma è ancora troppo presto per parlarne. L’unica cosa certa è che qualcosa di interessante bolle in pentola.
L’annuncio della possibile permanenza della Honda apre diversi scenari che vanno dall’intensificarsi della partnership con la famiglia Red Bull fino al coinvolgimento con un team ufficiale, ripetendo l’esperienza terminata nel 2008. E in questo senso gli indizi portano ad Andretti (che potrebbe entrare in F1 dal 2024) o addirittura all’AlphaTauri che potrebbe passare clamorosamente nelle mani del colosso giapponese dopo la scomparsa di Mateschitz. Circostanza che potrebbe aprire ad un diverso impegno del colosso delle bibite nella categoria. Ma parliamo di ipotesi ad oggi senza basi fattuali.
Il cammino più logico è una futura collaborazione Red Bull/Honda ma sarebbe Milton Keynes a mordere sul freno avendo diverse opzione sul banco. La prima è quella di insistere nel proprio settore motori; la seconda è implementare questa strategia con un partner forte ma più discreto nella gestione. Tutto riporta a Ford, ve ne abbiamo parlato in questo focus: leggi qui.
F1. Red Bull/Honda: un nuovo soggetto inviso ai rivali
Se Red Bull e Honda dovessero sceglie di proseguire a braccetto venendosi incontro sulle modalità amministrative e commerciali, cercheranno comunque di essere considerati un nuovo costruttore, presumibilmente sulla base del fatto che RB Powertrains è un nuovo realizzatore di motori a combustione interna mentre Honda fornirebbe la parte ibrida. Una cosa che aggirerebbe le norme concedendo a Milton Keynes lo status di produttore. Il che significa poter beneficiare di varie concessioni: maggiore potere di spesa e tempo di prova al banco.
Ma una situazione così configurata non andrebbe a genio ai rivali che sono lecitamente sul piede di guerra perché è evidente l’interpretazione molto forzata delle norme. E su questo fronte si sta per aprire una guerra senza precedenti che potrebbe effettivamente condizionare le scelte future delle due entità aziendali.
Ecco perché Red Bull, da un lato, e Honda, dall’altro, stanno concretamente valutando l’ipotesi di un divorzio definitivo che non sia troppo penalizzante per entrambi. Il 2023 sarà un anno chiave per capire quale futuro attenderà il team austriaco e il motorista del Sol Levante che non hanno molto tempo per pianificare un futuro sempre più imminente.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Oracle Red Bull Racing, Honda