In F1 la tecnologia avanza e le regole cambiano, così come le monoposto. Ma il pilota rimane la chiave del successo di un team. La chimica fra la squadra ed il pilota è un equilibrio delicato, che si realizza quasi per magia. La differenza che un driver può fare si basa su qualcosa di più complicato rispetto al mero talento.
La vera chiave è la capacità di adattamento a qualsiasi tipo di monoposto, il saper estrapolarne il meglio modificando, se necessario, il proprio stile di guida. Inoltre, un altro elemento fondamentale, è la leadership. Concetto essenziale per condurre il proprio gruppo tecnico nel definire la monoposto più vicina alle proprie preferenze. Nella griglia del 2022 abbiamo visto diversi tipi di pilota, che per una maggiore chiarezza divideremo usando i colori del semaforo: verde, giallo e rosso.
F1. Semaforo verde: adattamento e leadership
Il miglior pilota ipotetico è colui il quale al talento puro e sconfinato unisce la capacità di adattarsi ad ogni tipo di vettura, tirando fuori dal cilindro ottime prestazioni anche cambiando il proprio stile di guida. Inoltre, chi è al volante e porta fisicamente a casa il risultato, ha il compito di guidare il team verso la definizione della migliore monoposto possibile, vicina anche alle proprie preferenze di guida.
Il numero uno dei piloti attuali che abbonda in questa caratteristica è il campione del mondo in carica Max Verstappen. La punta di diamante della Red Bull ha dimostrato quest’anno la sua abilità camaleontica di adattarsi ad una vettura opposta a quella che sublima le sue preferenze. Ma ancora più impressionante è stata la facoltà di indirizzare lo sviluppo secondo il proprio “gusto”.
L’olandese adora le auto scariche sul retrotreno e più puntate sull’avantreno per potersi letteralmente buttare nella curva. La sua maggiore caratteristica è proprio il suo talento naturale nel gestire lo squilibrio che si crea nel fatidico momento dell’entrata in curva. Il pilota si è giovato della “dieta dimagrante” della RB18 che ha permesso di eliminare quella tendenza al sottosterzo osservata nella fase iniziale del campionato. Se questa mutazione genetica del mezzo è avvenuta è anche grazie alla forte personalità dell’olandese che è stato in grado di farsi seguire anche da un team “testardo” come Red Bull.
Un altro conducente in grado di fare la differenza in qualunque team conceda l’onore di correre è Lewis Hamilton. Il pluricampione del mondo è addirittura migliorato col tempo. Ricordiamo che all’inizio della sua carriera si basava esclusivamente sul proprio talento naturale. Col passare degli anni, invece, Hamilton ha guidato lo sviluppo delle vetture che ha guidato. Il 2022 ne è perfetta sintesi. Il 37enne di Stevenage ha passato metà campionato a lavorare a braccetto con i tecnici per superare i problemi della W13. Operazione in sostanza riuscita visto che la vettura, saltellante e a tratti ingestibile, si è trasformata in un mezzo capace di vincere e di dare filo da torcere alla Ferrari che a inizio anno, in prestazioni, era lontana anni luce.
Il terzo pilota che identifichiamo perfettamente incisivo per un team nella F1 attuale è George Russell. Il giovane inglese della Mercedes ha potuto osservare da vicino Hamilton ed imparare da lui ad avere un approccio più “attivo” nello sviluppo della macchina. Inoltre, Russell è uno che pretende moltissimo dal team, chiedendo specificamente quello di cui ha bisogno e non esitando a dare i suoi feedback, che siano positivi o negativi.
Il suo stile di guida è molto simile a quello del coetaneo Verstappen. Anche George ha un talento naturale nel gestire la perdita di equilibrio nell’entrata in curva, rimanendo più sensibile nella fase successiva. La sua empatia con l’auto e l’abilità nello svilupparla, tuttavia, sono merito anche del suo carattere analitico e riflessivo. Cose imparate nel percorso di maturazione fatto sotto il controllo della Mercedes.
F1. Semaforo giallo: adattamento ma team giusto
In questa sezione parleremo di quei piloti che hanno la stoffa del campione ed una incredibile capacità di sviluppo della vettura unita alla leadership per guidare il proprio team ma che per via del proprio carattere potrebbero non ottenere i risultati in F1 a cui sono in grado di ambire.
Fernando Alonso è classe, talento e passione. Il “Samurai” è un fuoriclasse assoluto, in grado di cambiare il proprio stile di guida per estrarre performance mozzafiato da qualunque monoposto, in qualunque condizione. Lo ha dimostrato in McLaren. L’unico difetto è la sua mancanza di diplomazia. Il suo sangue caliente lo ha portato ad avere contrasti con il team, non riuscendo quindi a stabilire quel necessario clima di fiducia tenendo la sua squadra in ansia. Condizione nella quale l’errore è più facilmente ripetibile.
Fra questi campioni un po’ sottovalutati troviamo Sebastian Vettel. Il tedesco è il numero 1 nello sviluppo dell’auto, sempre pronto a fare nottata con i meccanici e ad analizzare anche il più minimo dettaglio: lo sa fare perfettamente e non si tira indietro. Il problema, però, sta nell’approccio mentale al GP. Vettel ha bisogno di sentirsi sostenuto ed “in grado” di operare al massimo, altrimenti si perde nei meandri della demotivazione. Un driver eccezionale quando è nella sua comfort zone mentale e tecnica. Una finestra non troppo ampia come ha dimostrato l’esperienza ferrarista. Restano comunque la classe cristallina e la velocità senza eguali.
Ultimo, ma non per importanza, fra i super talenti che però avrebbero qualcosa da migliorare figura Charles Leclerc. Il pilota Ferrari è decisamente simile a Verstappen, non solo nelle preferenze dall’auto e nel talento ma anche nella sua cattiveria agonistica in pista. In F1, però, serve essere dominanti anche nel team. Leclerc è stato più “passivo” di Verstappen con il proprio staff. Tuttavia, a Maranello ha ora un nuovo team principal già molto legato al monegasco. Le cose potrebbero cambiare in meglio ed in maniera repentina.
F1. Semaforo rosso: talento cristallino ma guidati dal team
Siamo giunti al girone dei piloti che hanno talento e capacità ma hanno bisogno di essere guidati dal proprio team, più che guidare, per portare a casa risultati concreti.
Valtteri Bottas, per esempio, ha dimostrato in diverse occasioni di avere “what it takes” per vincere in F1. Lo ha fatto in Mercedes con la macchina adatta ed ha portato bei risultati anche con Alfa Romeo, in cui si è sentito più valorizzato. Il problema del finlandese, però, è che ha una “comfort zone” limitatissima: ha bisogno di caratteristiche molto più specifiche rispetto agli altri che abbiamo citato in questo articolo per brillare appieno. Inoltre, il pilota dell’Alfa Romeo ha più difficoltà nello sviluppo della vettura, così come nello sciorinare il passo gara.
Una situazione simile è quella di Esteban Ocon. Il francese ha stupito per le sue potenzialità, tanto da avere un manager di primo livello come Toto Wolff. Dovrebbe, tuttavia, affinare le proprie capacità di adattamento all’auto e di sviluppo per concretizzare i risultati che sulla carta potrebbe ottenere.
Chiudiamo con una nota dolcemara: Daniel Ricciardo. L’australiano non ha bisogno di conferme per le sue qualità sulla pista. Veloce e determinato, nel suo primo anno in Red Bull è riuscito a sottomettere l’allora compagno di squadra e tetracampione del mondo Sebastian Vettel.
La stagione di F1 2023, però, non lo vedrà sulla griglia di partenza. Dopo l’approdo in Renault – ora Alpine – e McLaren, Ricciardo è tornato in Red Bull nel ruolo di terzo pilota. Il suo gran problema che forse ne ha ridimensionato la carriera, è stato non riuscire ad imporsi con quella sicurezza che hanno Verstappen piuttosto che Hamilton. E’ finito con l’essere guidato da quel team che invece avrebbe dovuto condurre per mano. McLaren non ha ottenuto dalla collaborazione con lui i risultati sperati ed è andata oltre, chiamando a sé il giovane Oscar Piastri.
Autore: Silvia Giorgi – silvia_giorgi5
Fonte Immagini: F1