Mentre il focus dei dipartimenti tecnici delle scuderie di F1 è mirato alla finalizzazione delle monoposto 2023 che saranno svelate fra poco più di un mese, è in corso una silenziosa contesa in merito alle regole sulle power unit 2026. Una battaglia che non riguarda la sfera architetturale delle future unità di potenza, bensì i vantaggi economici riconosciuti ai soggetti interessati ad entrare nel Circus in qualità di costruttori.
La nuova piattaforma tecnologica ha sinora convinto solamente Audi ad accettare la sfida nella massima categoria del motorsport, dopo la clamorosa rottura della trattativa tra Red Bull e Porsche. La Federazione Internazionale aveva inizialmente fissato per il 15 Ottobre la deadline relativa all’adesione dei costruttori di power unit rispetto al nuovo quadro regolamentare, successivamente prorogata a fine novembre. Tuttavia, sin dal principio, l’ambigua “natura” della divisione Powertrains di Red Bull ha destato preoccupazione nei vari competitor.
La possibilità che la nuova struttura dedicata alla gestione delle unità turbo ibride Honda possa iscriversi in qualità di nuovo motorista è stata osteggiata con vigore soprattutto dalla Scuderia Ferrari. In ragione di tale posizione sembra (il condizionale è d’obbligo) che il management del Cavallino Rampante non sia stato invitato al SOW (Statement of work, nda) dell’Engine Advisor Committee tenutosi il 15 dicembre. Ad oggi i motoristi che hanno aderito ai regolamenti 2026 sono Audi Formula Racing, Alpine SAS, Honda Racing Corporation, Mercedes AMG High Performance Powertrains e Red Bull Powertrains (RBPT).
F1: le criticità regolamentari che alimentano le perplessità della Ferrari
Per comprendere la riluttanza del team di Maranello nel sottoscrivere la propria partecipazione in qualità di costruttore di power unit a partire dal 2026, è necessario innanzitutto chiarire la definizione di “nuovo costruttore” secondo l’organo di governo del motorsport. Un nuovo motorista è considerato tale se: “non ha omologato una power unit nel periodo 2014-2021 oppure se non ha ricevuto significative proprietà intellettuali da un motorista che non è un nuovo motorista”.
A prima vista il passaggio sulla proprietà intellettuale dovrebbe escludere la possibilità che la divisione Red Bull Powertrains possa essere considerata un nuovo costruttore. Nel regolamento 2026, infatti, è stata introdotta anche la possibilità che un costruttore possa essere riconosciuto come “parzialmente nuovo” in relazione alle proprie infrastrutture, al know how sulla componente endotermica e su quella elettrica.
L’organo di governo federale ha piena facoltà di classificare il motorista in qualità di nuovo costruttore o parzialmente nuovo. Un’opzione di compromesso che sembra inquadrare il particolare status della divisione motori del team campione del mondo. Tesi avvalorata dalla inaspettata iscrizione del gruppo Honda Racing che ha ufficializzato il proprio impegno a partire dal 2026, separando il proprio destino agonistico da quello del team di Milton Keynes, almeno sulla carta. Ma quali sono i risvolti economici in merito alla classificazione dei costruttori delle nuove power unit?
F1: la reazione Ferrari sul futuro delle power unit
I vantaggi finanziari riservati ai nuovi motoristi concedono la possibilità di investire in misura maggiore rispetto ai costruttori già presenti nel Circus. Ad esempio, Audi, potrà investire sullo sviluppo della power unit 2026 10 milioni di dollari in più nel 2023 e nel 2024 rispetto a Ferrari. Un ammontare eccedente che diminuirà nel 2025 a “soli” 5 milioni di dollari in più.
Risulta evidente che per un costruttore “rookie” la possibilità di investire in maggiore misura è un’agevolazione mirata a raggiungere il livello di competitività necessario per sfidare i colossi che gareggiano in F1 da anni. Discorso completamente diverso se a queste agevolazioni potesse accedere un costruttore già presente nel Circus sotto “ambigue” spoglie.
I timori della storica scuderia italiana risiedono nella abilità tutta british di sfruttare le zone grigie dei regolamenti, che siano di tipo tecnico o finanziario, come ampiamente evidenziato anche nella recente querelle del “Budget Cap Gate“. Appare del tutto improbabile che Ferrari non sia ai nastri di partenza della F1 nel prossimo futuro. Tuttavia, l’atteggiamento della scuderia modenese, sembra finalmente degno della sua tradizione e del suo ruolo di stella polare della F1 da troppo tempo annebbiata.
Autore e infografica: Roberto Cecere – @robertofunoat
Foto: Scuderia Ferrari