Febbraio è iniziato. E per la F1 significa presentazioni. Dopo aver apprezzato un frugale aperitivo con le immagini della livrea della Haas 2023 (guarda qui la gallery) si attente con ansia il tre del mese, giorno in cui potremmo osservare le forme della nuova RB19 (non è certo) ma soprattutto momento in cui capiremo se Red Bull si legherà davvero con Ford come vi abbiamo anticipato in diversi focus (leggi qui).
Una cosa è certa: per i campioni del mondo vi saranno difficoltà maggiori causate dai regolamenti e dalla penalità inflitta dalla Federazione Internazionale a seguito dell’infrazione del tetto di spesa. Red Bull avrebbe dovuto lavorare con il 70% del totale delle ore disponibili. Questo quadro operativo è stato modificato dall’intervento del giudice che abbassa al 63% la quota.
Una condizione che potrebbe essere particolarmente limitante specie se si considera che la scuderia anglo-austriaca fa affidamento su un wind tunnel molto obsoleto che “ruba” troppo tempo ai tecnici per andare a regime. Ovviamente si tratta di una restrizione che in passato Adrian Newey e i suoi hanno aggirato con la forza delle idee e con la sagacia progettuale. Ma stavolta, con così poco tempo su cui contare, le cose potrebbero risultare più ostiche.
Sugli effetti cronometrici scaturenti da un tale contesto si sono espressi diversi uomini Red Bull. Chris Horner ha parlato di mezzo secondo, Helmut Marko addirittura di uno lanciandosi in previsioni piuttosto azzardate senza una vera base fattuale su cui fondare il ragionamento. Newey, Monaghan e Wache, non a caso tecnici ed esperti della materia, si sono tenuti alla larga da questo processo che somiglia all’estrazione dei numeri al lotto. Hanno piuttosto parlato di ricalibrazione delle aree di sviluppo con un maggiore investimento sul comparto telaistico-meccanico rispetto a quello aerodinamico su cui si è abbattuta la scure del giudice.
F1. Red Bull risente già degli effetti della penalità
Facendo una valutazione più attenta delle cose si evince che la Red Bull ha già subito una parte delle penalità che, pertanto, non insistono solo sulla stagione 2023, quindi sullo sviluppo in corso d’opera del mezzo, ma anche sul 2022. Cosa che comporta che le limitazioni hanno toccato anche la definizione della RB19.
I campioni del mondo hanno già scontato quasi il 25% della penalità. L’ABA (Accepted Breach Agreement) è diventato ufficiale ad ottobre e ciò significa che parte della sanzione è già stata superata. Innanzitutto ci risulta che Milton Keynes abbia immediatamente elargito i 7 milioni di dollari richiesti dalla FIA che, è bene specificarlo, non vanno sottratti dal budget totale a disposizione del team ma vanno presi dall’azienda nel suo insieme. E sicuramente un gruppo industriale come quello austriaco non ha avuto problemi a racimolare una cifra che equivale a bruscolini per un colosso globalizzato come quello delle bibite energetiche.
Anche sul fronte tecnico la Red Bull ha superato parte dell’afflizione. Con l’entrata in vigore della pena, ad ottobre, il team ha già pagato quasi 1/4 della sanzione comminata che ha valenza di dodici mesi. Infatti questa avrà termine il 26 ottobre 2023. Da quel momento la scuderia potrà tornare al regime lavorativo stabilito ovviamente dalla posizione che occuperà in classifica costruttori. La conferma arriva direttamente da Newey:
“Siamo arrivati circa al 25% per quanto concerne l’arco temporale nel quale sarà concentrata questa sanzione dato che un trimestre è ormai alle spalle. La cosa ha ovviamente un impatto non indifferente perché limita in maniera significativa la quantità di sessioni che possiamo permetterci in galleria del vento ogni trimestre“. Parole rilasciate al portare Racer.
Un quadro simile impone a Red Bull un maggior efficientamento delle procedure. Gli aerodinamici devono arrivare in galleria preparati. Non si potranno permettere di portare pezzi di varia foggia per testarli e poi scartarne una buona parte. Questo meccanismo si era già avviato con l’entrata in vigore del budget cap e delle regole tecniche basate sul balance of performance. Nella condizione particolare che deve affrontare la Red Bull, il contesto operativo è ancora più delicato perché le ore a disposizione sono poche e poiché bisogna ottimizzare le spese dopo la sanzione che potrebbe essere arrivata per una leggerezza procedurale commessa da un team solitamente molto attento a certe dinamiche.
F1. Infrazione budget cap: Red Bull ha commesso una leggerezza
Pat Symonds, Chief Technical Officer della Formula 1, è convintoche Milton Keynes accuserà il colpo inflitto dalla riduzione di ore di sviluppo: “L’impatto complessivo sarebbe piuttosto difficile da calcolare, perché quando si ha una nuova serie di regolamenti il tasso di sviluppo è molto elevato. Ogni 100 prove in galleria del vento che si effettuano normalmente ci si aspetta di guadagnare un paio di punti di deportanza. Quindi credo che sentiranno la sanzione“.
Pena che sarebbe figlia di un errore commesso dalla Red Bull. E lo spiega proprio l’ex Benetton quando afferma che il team aveva deciso di non effettuare la prova generale sul budget cap, uno strumento simulativo che la FIA aveva offerto a tutte le squadre prima che le norme entrassero in corso di validità. “La Red Bull ha sbagliato alcune cose, ma a tutti i team era stata data la possibilità di fare un giro di prova. La Red Bull ha scelto di non farlo e probabilmente è per questo che ha commesso degli errori“.
Errare è umano, perseverare è diabolico. Specie se la Federazione ha le antenne drizzate e gli occhi aperti. Quindi è lecito pensare che la scuderia si muova con i piedi di piombo nell’interpretazione delle regole finanziarie dopo averle infrante a seguito di una probabile leggerezza; un eccesso di sicurezza dovuto alla non ancora puntuale conoscenza dei dettagli del testo di riferimento.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Oracle Red Bull Racing