domenica, Novembre 17, 2024

Liberty Media: una vittoria filosofica che vale 1000 miliardi

C’è stato un tempo in cui la F1 era una lotta tra soli tre motoristi: Mercedes, Ferrari e Renault. Non accadeva decenni fa, succedeva nel 2014, all’alba dell’era turbo-ibrida, quando il Circus era nelle salde mani di Bernie Ecclestone che troppo spesso viene ricordato con sognante nostalgia. Il dirigente inglese ha fatto tanto, tantissimo, per la massima categoria del motorsport, ma agli inizi degli Anni Dieci la sua azione si era quasi spenta.

La Formula Uno dava l’idea di trascinarsi stancamente e di applicare idee un po’ confuse che scoraggiavano i colossi dell’automobile. Quegli stessi gruppi industriali che Ecclestone aveva cercato negli anni addietro trasformando la sua creatura in un campo di battaglia tra costruttori e non più tra assemblatori.

Quel paradigma è andato in sofferenza anche a causa dei V6 turbo-ibridi che presentavano un’architettura troppo complessa e che generava poche ricadute tecniche sull’auto che usiamo tutti i giorni. Un’evidenza che la nuova proprietà del Circus ha ben compreso quando, nel 2017, rilevò il pacchetto azionario che era in possesso di Ecclestone e di CVC Capital Partners.

Stagioni di studio, di valutazioni profonde e di analisi nelle quali si è compreso che fosse necessaria una sostanziale semplificazione motoristica che si realizzerà nel 2026, quando si avvierà l’ennesima stagione tecnica che vedrà un aumento dell’importanza dell’MGU-K che sarà l’unico motogeneratore elettrico considerando l’abbandono dell’MGU-H.

F1
Bernie Ecclestone, ex numero uno della FOM

F1. Semplificazione, ecosostenibilità e ricavi: le sirene che hanno ammaliato i grandi costruttori

I propulsori del futuro, meno complessi nell‘engineering e nella costruzione, saranno anche più ecosostenibili visto che dovranno essere alimentati, entro il 2030, da carburati ad emissioni zero che devono aver anche un’altra caratteristica: essere “drop-in“. Ossia prontamente utilizzabili per le auto di serie con il vantaggio, qualsiasi sia la motorizzazione, di sviluppare zero inquinamento allo scarico. Semplificazione ed ecosostenibilità sono due concetti che hanno stimolato le grandi case automobilistiche mondiali. Che si lasciano ammaliare anche da altre due sirene: marketing e fatturati.

Liberty Media Corporate è spesso stata catalizzatrice di critiche accese e feroci. E’ stata accusata di aver snaturato la serie con una geolocalizzazione mortificante per l’Europa. Vero, ma il processo è figlio di un mondo sempre più interconnesso e di un’azienda che rincorre i capitali necessari al sostentamento di un sistema molto complesso e dispendioso. Un cammino che già Ecclestone aveva tracciato con i suoi “tilkodromi” sparsi in giro per l’Asia ed il Medioriente.

Molti si sono scagliati contro le Sprint Race, contro lo show a tutti i costi e contro gli altri orpelli di contorno che spostano il focus dalla pista ad attività più vanesie. Altri hanno sottolineato l’inefficacia sostanziale delle nuove regole aerodinamiche che non hanno sortito un effetto incollante, ma che hanno favorito l’emersione di un altro marchio egemone che nel 2022 ha fatto man bassa di vittorie e record: Red Bull.

Osservazioni lecite, contestazioni legittime. Ma non tutto può essere considerato da buttar via. Liberty Media sta provando a modernizzare la serie dopo anni di gestione austera ed incompatibile con la parabola tecnologica che l’uomo sta descrivendo a più livelli. Il colosso americano dell’intrattenimento (ricordiamoci cos’è il gruppo di John C. Malone e cosa mette in cima alla sua mission) ha avuto il merito di ridare floridità economica a tutto il movimento, di superare la crisi più nera della storia della F1 che ha rischiato seriamente di chiudere i battenti, stretta nella morsa del Covid-19.

F1
Il ritorno di Ford in F1 come partner della Red Bull

F1 2026: una lotta tra titani

Chase Carey prima e Stefano Domenicali poi, con tutto lo staff che lavora in background, sono stati capaci di creare un contesto attraente per gli investitori. Siano essi sponsor, siano essi motoristi. La F1 che viene percepita come un moltiplicatore di capitali, come un luogo nel quale gli investimenti possono fiorire e proliferare. Da qui “l’ammucchiata” che si profila per il 2026 quando potrebbero scontrarsi ben sette colossi dell’automobile che portano con sé fatturati da capogiro. Vediamo chi sono le sette sorelle del motorsport. E quanto muovono in termini finanziari (i fatturati sono relativi all’anno 2021, ndr):

  • Stellantis (il gruppo di cui è parte FCA, quindi Exor, riconducibile a Ferrari): 152 miliardi euro.
  • Ford (il neo partner di Red Bull): 136 miliardi.
  • Volkswagen (la controllante di Audi legatasi a Sauber): 250 miliardi.
  • General Motors (la società in cui è Cadillac che potrebbe entrare con Andretti): 127 miliardi.
  • Renault-Nissan-Mitsubishi Alliance (l’azienda di riferimento di Alpine): 240 miliardi.
  • Honda: 104 miliardi.

Cifre, quelle su sciorinate, arrotondate per difetto che, se sommate, producono un numero da capogiro: oltre mille miliardi di euro di fatturato annuale. Chiaramente non saranno numeri che confluiranno nella F1, ma l’entità dei capitali potenziali di rifermento dei protagonisti è spaventosa. E la cosa dice quanto sia attualmente attrattivo il Circus che viene visto come un moltiplicatore di danaro grazie al marketing. La conferma la diede, qualche anno fa, Dieter Zetsche, ex n°1 di Daimler AG e visionario del motorsport, quando spiegò che i successi di Mercedes AMG F1 portavano circa un miliardo di euro di ricavi da introiti pubblicitari. All’anno.

F1
La power unit Mercedes che ha equipaggiato le W13 durante il campionato 2022

F1. Sette motoristi: una sfida tecnica e commerciale

Ad oggi la FIA conferma che sono sei i motoristi che hanno aderito ai regolamenti che entreranno in corso di validità dal 1° gennaio 2026. Si tratta di Alpine Racing, Audi, Ferrari S.p.A., Honda Racing Corporation, Mercedes-AMG High Performance Powertrains Ltd e Red Bull Ford. Un settimo potrebbe entrare quando sarà ratificata la discesa in campo di Andretti che dovrebbe usufruire di un paio di anni di propulsione Alpine per poi passare agli autocostruiti Cadillac. Uno scenario di probabile realizzazione.

Un livello di concorrenza così alto eleverà la competitività generale. Su due fronti: commerciale e tecnico. Le case si sfideranno per primeggiare e per mostrare al mondo di saper battere aziende note ed accreditate. Un conto era avere la meglio di due o tre rivali, un altro è mettere in riga ben sei colossi. E’ inutile negarlo mostrando una critica cieca e preconcetta: su questo fronte Liberty Media Corporate, con una convinta ed efficace azione diplomatica, ha fatto un capolavoro di cui la Formula Uno non potrà che giovarsi.

Sette motoristi per undici o forse dodici team. Più gare, solidità strutturale garantita a suon di introiti in costante crescita. Audience in progressivo aumento. I tanto vituperati americani stanno proiettando il Circus nell’iperspazio perché sono stati in grado di realizzare la visione di Bernie Ecclestone che sognava una F1 che diventasse terra di contesa per aziende globalizzate e non per assemblatori vecchio stampo. Il modello potrà anche non piacere, ma non se ne può negare l’efficacia.


Autore: Diego Catalano – @diegocat1977

Foto: F1, Mercedes AMG, Ford

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