Con la conclusione del campionato del mondo 2022, la F1 ha vissuto un vero e proprio tumulto. Il riferimento è chiaramente al vorticoso giro di figure apicali che sono andate a muoversi da un team all’altro. Porte girevoli che hanno anche determinato il commiato di alcuni personaggi di spicco, da Jost Capito a Mattia Binotto. Ma per alcuni di questi esponenti potrebbe trattarsi di un semplice arrivederci perché è inverosimile che professionisti con tanti anni di esperienza sulle spalle e con preziose competenze acquisite, merce preziosa oggigiorno, possano stare troppo tempo lontani dal Circus.
La girandola ha coinvolto altri team principal e amministratori delegati. Andreas Seidl ha mollato McLaren per accasarsi in Sauber dove sarà Amministratore Delegato ed avrà alle sue dipendenze Alessandro Alunni Bravi che prende il posto di Frédéric Vasseur. A Woking afferra il timone Andrea Stella che ottiene una meritatissima promozione interna dopo una carriera spesa in Formula 1. Il giro di manager è completato con James Vowles che, da numero uno delle strategie Mercedes, prende in mano la gestione della Williams che ieri ha mostrato la livrea della FW45 (leggi qui).
F1. Mattia Binotto: un gardening limitante imposto dalla Ferrari
Ma nel Circus c’è stato anche un altro cambio di rilievo: l’addio di Ross Brawn, direttore generale e responsabile sportivo del progetto Formula 1. Il tecnico di Manchester ha lasciato il suo scranno per godersi una meritata pensione dopo lunghi anni spesi nel motorsport. Qualcuno credeva che l’ingegnere ex Benetton potesse essere l’uomo buono per il dopo Binotto ma la storia ha narrato altro. Ciò che poteva potenzialmente essere concretizzato era il percorso inverso. Ossia che l’ex ferrarista leader della GES entrasse a far parte dello staff dirigenziale del Circus.
Ipotesi crollata per ragioni contrattuali poiché la Ferrari, nel lasciar partire l’ingegnere di Losanna dimessosi a seguito di un 2022 in cui non sono evidentemente stati centrati gli obiettivi prefissati, ha imposto un periodo di gardening di dodici mesi che, nei fatti, ne sta condizionando l’evoluzione della carriera. Eppure c’erano molti punti a favore di questa prospettiva. Binotto, difatti, sarebbe andato ad occuparsi di tecnica, mettendo in secondo piano sia la sfera gestionale che quella politica. Materie che, pur dovendo essere affrontate, non sarebbero state le preponderanti del suo agire. Ciò che non ha funzionato in Ferrari, dunque, non sarebbe stato replicato nei suoi ipotetici uffici dirigenziali.
Ancora, non avrebbe avuto l’ansia da prestazione. Ogni manager ha dei risultati da inseguire e conseguire, ma di certo non si sarebbe presentata la pressione incrociata della tifoseria e della presidenza. Tutto sarebbe stato più diluito perché a cambiare sarebbero state le prospettive operative: si lavora per scrivere, fissare e controllare regole, non per esserne schiavo nel tentativo di vincere. In parole povere: non sarebbe esistita concorrenza da battere e con cui confrontarsi. Il lavoro si sarebbe svolto in maniera più serena e senza assilli mediatici. Dopo quattro anni da capo della GES sarebbe stata una svolta epocale.
L’esperienza diretta nel settore tecnico motoristico avrebbe aiutato ad indirizzare i regolamenti per avere un Formula 1 davvero più equilibrata. Specie ora che ci avviciniamo ad una nuova rivoluzione normativa che, dal 2026, vedrà un cambio concettuale relativo alle power unit e la revisione delle linee guida aerodinamiche con elementi attivi che dovrebbero diventare più centrali. Insomma, i vantaggi di un Binotto sostituto di Ross Brawn sarebbero tanti e convincenti. Ma non se n’è potuto fare nulla.
F1. Mattia Binotto: chiusure e possibili aperture
Quindi, cosa resta sul tavolo per l’occhialuto tecnico? Poco, ad oggi. Se non la possibilità di riflettere con calma ed attenzione sulle proposte che potrebbero arrivare nei prossimi mesi. Una di cui si era parlato, e che possiamo escludere, arrivava da Milton Keynes. Molto si era discusso dell’approdo di Binotto nel reparto powertrains della Red Bull fresca di accordo con Ford. Le competenze di un ingegnere motorista avrebbero fatto comodo alla franchigia austriaca, ma il periodo di pausa forzata imposta da Maranello ha fatto naufragare sul nascere l’ipotesi affascinante. Che è stata ulteriormente tumulata da Chirs Horner.
“Non c’è posto per lui qui. Non so che ruolo potrebbe avere nella nostra squadra” ha spiegato il dirigente della Red Bull ai taccuini di AMuS. “Probabilmente avrà migliori opportunità nelle squadre che si trovano più in basso nella griglia“.
Osservando le squadre che “si trovano più in basso nella griglia” quali potrebbero essere quelle interessate ad un ingegnere meccanico con esperienza comprovata nel settore power unit nonché nel management di un team? In mente vengono due nomi su tutti: un reale, l’altro ancora avvolto da una nebulosa.
Il primo riconduce alla Sauber di cui poc’anzi abbiamo visto le immagini della C43 (leggi qui). Audi sta mettendo su un comparto powertrains nuovo di zecca e, pur facendo affidamento sulle grandi risorse che porta in dote da gruppo Volkswagen, è alla ricerca di figure professionali che conoscano le regole e maneggino la materia. E chi più di Binotto che al tavolo della scrittura delle norme motoristiche 2026 si è seduto in prima persona? Ecco che una figura del genere, che tra l’altro conosce bene l’ambiente Sauber in qualità di ex direttore di un team che ha fornito motori per molto tempo, potrebbe essere molto appetita.
E poi c’è il nuovo che avanza. Ossia Andretti/Cadillac. Nel momento della discesa in campo il team potrebbe affidarsi ai propulsori Alpine, ma in ottica futura l’obiettivo è quello di costruirsi i motori in casa. Opera titanica che contempla l’acquisizione di strutture, macchinari, competenze specifiche e manager capaci di guidare un gruppo inedito e dunque da solidificare. Inutile ribadire il concetto: Binotto potrebbe essere una figura amalgamante utilissima per chi è totalmente all’asciutto di Formula 1.
Ad oggi non vi sono riscontri di trattative, ma quelle che sono suggestioni possono tramutarsi in idee concrete. Nel prossimi mesi sono attesi possibili sviluppi. Perché ciò che è certo è che Mattia Binotto non intende commiatarsi dal Circus iridato. E poi c’è quel senso di rivalsa di chi non si sente responsabile dei mancati successi della Ferrari. Una spinta psicologica ulteriore.
Autore e foto: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Scuderia Ferrari