Inutile girarci attorno. Se ti chiami Ferrari e gareggi il tuo obiettivo, ogni anno, deve essere quello di vincere, non di partecipare. Vorrei precisare: la vittoria di un titolo mondiale non è scontata. Ma tentarci invece, almeno per Maranello, lo deve essere. Ogni volta.
L’obbligo di provarci nasce dal fascino unico del Cavallino Rampante, dal peso della sua inimitabile storia e dalla banale constatazione che una leggenda per continuare a esistere deve essere alimentata. E nella fattispecie il carburante (non oso dire l’energia elettrica perché per fortuna ancora non è tutto “elettrificato”) sono, appunto, le vittorie e i trofei.
La Ferrari ha vinto il suo ultimo mondiale piloti nel 2007. Sembra passato un secolo. E’ pur vero che la storia della storica scuderia modenese è contrassegnata da lunghi digiuni (1979-2000), ma non è un buon motivo per pensare di batterli…
Una cosa che era necessario sospendere, e bene hanno fatto i vertici ad agire per interrompere quel “cortocircuito”, è quella che ho spesso definito la mentalità del perdente (per fare contenti gli anglofili diremo la mentalità del “loser”) che ha contraddistinto la gestione di Mattia Binotto. Non abbiamo ancora la riprova a livello operativo, ma sono convinto che Federico Vassallo possa essere la persona giusta al posto giusto nel momento giusto.
Vedete, il problema è sempre lo stesso: la profezia che si auto avvera. Perché l’ottimismo e il pessimismo sono contagiosi. Se ti convinci che gli altri siano migliori di te, hai già perso. Se trasmetti invece una sana e concreta fiducia, si può innescare un circolo virtuoso fra i tuoi uomini. E sino a quando ci saranno gli esseri umani (e non le IA) l’atteggiamento mentale avrà sempre una grande importanza. Ovunque si competa.
Un scuderia come la Ferrari non può affermare “dobbiamo capire” o indicare obiettivi che non siano l’iride facendo da valletta ai dominatori di turno. Un squadra come quella italiana non può permettersi scelte ondivaghe e autolesioniste nella gestione dei piloti. Un team come la rossa non può permettersi figuracce mondiali a ripetizione nelle strategie.
Ferrari 2023: conta solo vincere
Enzo Ferrari ha fondato la Ferrari nella ricerca ossessiva e spasmodica della perfezione nelle corse. Uno come Binotto, pur ferrarista sino al midollo, ne era l’antitesi filosofica e operativa. Non era la soluzione ma era ormai parte del problema. Tutto questo preambolo per ricordare, ancora una volta, ai nostri lettori, perché fosse necessario che Mattia facesse un passo indietro o, non accettandolo come ovviamente è stato, dovesse salutare la rossa.
Le presentazioni di una nuova monoposto non ti fanno certo vincere il titolo ma, almeno, possono essere utili per valutare se c’è stato un cambio di passo, di mentalità. In attesa della vera prova, che è quella della pista. E allora, la presentazione della nuova SF23 (leggi qui l’analisi tecnica della Ferrari), con i primi giri in pista e con i tifosi a Fiorano ha raggiunto tre obiettivi: cancellare idealmente i due anni di Covid, riportare l’entusiasmo e mostrare (senza nascondersi dietro circonvoluzioni linguistiche che dicono tutto o nulla) che in Ferrari conta e deve contare solo una cosa. Appunto, banalmente, vincere.
Insomma, se la Ferrari voleva lanciare un guanto di sfida e riportare un po’ di sano ottimismo dopo la lugubre debacle della seconda parte del mondiale scorso, c’è riuscita. L’assioma della necessità irrinunciabile alla vittoria ha una sola postilla. Se sono decenni che non partecipi alle gare a ruote coperte nella massima categoria (nel caso specifico le Hypercar), forse ti puoi prendere qualche anno per puntare l’obiettivo massimo.
Ma anche lì, non si scappa. Ferrari gareggia per essere prima, non per fare, lo ripeto, la valletta del vincitore di turno. Ultima notazione: Vigna, come avevamo scritto in più occasioni, pare essersi sempre più calato nel suo ruolo. E ora aspettiamo il giudice supremo. La pista.
Mariano Froldi – @MarianoFroldi
Immagini: Scuderia Ferrari