Nel lento processo di avvicinamento al mondiale di F1 2023 abbiamo assistito al solito balletto di numeri nel più tradizionale dei giochi predittivi circa quello che ci attende nel recente futuro. Se ne sono lette di tutti i colori, specie sulla Ferrari che già, solitamente, è il team più chiacchierato della categoria ma che quest’inverno è stato ancor più al centro delle cronache per via dei riassesto interno che ha visto l’addio di Mattia Binotto e l’approdo dell’ex Alfa Romeo Sauber, Frédéric Vasseur.
Le prime, presunte indiscrezioni, sono filtrate su un fantomatico recupero di una trentina di cavalli. Congetture senza base probante perché le risultanze delle simulazioni ai banchi dinamici sono più segrete dei misteri di Fatima. Così come sono sembrati uno slancio di fantasia i presunti recuperi cronometrici osservati nelle analisi computazionali che sono state rilanciate nella calma invernale, magari per rinverdire qualche testata un po’ troppo appiattita. Giochetti mediatici vecchi come il mondo.
Ferrari: l’affidabilità ha condizionato il campionato 2022
Andiamo dritti al discorso power unit, croce e delizia della Ferrari. Nel 2022 i tecnici hanno adottato una politica che alla fine non ha pagato: spingere sulle prestazione a discapito dell’affidabilità. E’ accaduto che tutti i motorizzati da Maranello abbiano subito troppe rotture e abbiano dovuto limitare, per evitarne ulteriori, la potenza d’esercizio dei V6. Da questo aspetto proviene il presunto – e non diciamo impossibile – recupero di trenta cavalli.
L’assunto è semplice: risolvendo i problemi di affidabilità e offrendo un’unità motrice non resa sterile dalla necessità di autoconservazione, il potenziale può essere liberato immediatamente. Facile a dirsi, meno a concretizzarlo perché il processo per rimettere mano ai motori in epoca di freeze regolamentare non è proprio un inno alla semplicità visto che è previsto un iter tortuoso per ottemperare al quale serve tempo. E per tale ragione la Ferrari ha dovuto rinviare al 2023 la risoluzione delle sue difficoltà applicando soluzioni tampone che l’anno scorso hanno funzionato maluccio.
Nel presentare l’Alfa Romeo C43, Jan Monchaux, aveva fatto riferimento alle deficienze della power unit di Maranello non mettendola però da sola sul banco degli imputati. Ad Hinwil, difatti, hanno lavorato con solerzia per fissare certi difetti strutturali del modello precedente che condizionavano il funzionamento del motore. Si è puntato a migliorare i processi interni, specialmente sul lato del raffreddamento dove s’era manifestata la sofferenza che aveva reso ancor più critico un quadro non di certo roseo.
Ferrari, duplice obiettivo: potenza e solidità
Vasseur, nel primo incontro con la stampa, ha glissato sull’idea che si possano recuperare, fissando certe dinamiche penalizzanti, la bellezza di 30 cavalli in un sol colpo. Una cifra che non era raggiungibile da un anno all’altro nemmeno quando i regolamenti erano “aperti”. E’ chiaro che, superando le difficoltà esplose l’anno scorso, una quota di potenza sarà aggiunta. Specie in gara, laddove la Ferrari e i suoi motorizzati dovevano limitare la spinta del propulsore per evitare guai. Con evidenti ripercussioni sulle prestazioni.
Della difficoltà di ripristinare così tanta potenza è conscio anche il primo dei rivali della Scuderia: Red Bull. Lo ha sottolineato Chris Horner in una recente intervista rilasciata ad AMuS che però ha anche evidenziato come i margini di ripresa di Maranello siano più ampi di quelli di Honda.
“In teoria nessuno può più guadagnare molti cavalli. Se Ferrari ha risolto i problemi possono ottenere di più dallo stesso motore. Ciò porterà inevitabilmente a dei progressi per loro. Penso che la Ferrari abbia molto più margine, quindi dobbiamo tenerne conto. Abbiamo visto tutti come hanno davvero ridimensionato il motore l’anno scorso dopo i loro problemi di affidabilità. Noi abbiamo avuto pochi e minori problemi l’anno scorso che certamente non stati della stessa misura di quelli Ferrari“.
Ferrari: lavoro sulla precamera di combustione
Ma da dove vengono i malanni del V6 rosso? La causa scatenante dei guai al motore Ferrari è da ricercare nella precamera di combustione, un’area nevralgica della parte endotermica del propulsore che risulta necessaria per favorire sia l’evaporazione che la miscelazione del carburante. Sino al 3% della benzina viene rilasciata in questa fase. La combustione comincia in questa parte del motore per poi protrarsi nella camera vera e propria.
Il problema individuato riguarda il picco di emissione di calore che si registra proprio nella fase iniziale, all’interno della precamera. Tale contesto generava forti sollecitazioni termiche e meccaniche.
I motoristi hanno quindi lavorato sul ritardo dell’accensione per appiattire la curva di calore. Per riuscire nell’opera si è intervenuto sulla polverizzazione della miscela e si è contestualmente cercato di rendere più turbolento il getto all’interno della camera. Questo sistema è già stato sviluppato durante le scorse annate, quando il partener tecnico Mahle aveva fornito alla Ferrari il sistema TJI (Turbulent Jet Ignition, ndr).
Il meccanismo ora è in grado di generare un flusso fortemente turbolento capace di riempire al meglio la camera. Ed è questo l’elemento che dovrebbe permettere alla Rossa di ritrovare potenza costante ed affidabilità. Poche settimane e sapremo se l’operazione è andata a buon fine.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Scuderia Ferrari, Oracle Red Bull Racing