La Ferrari SF-23 è stata “vivisezionata” in diverse analisi prodotte dalla nostra redazione. Alla fine, cercando di fare una sintesi estrema di quanto osservato, possiamo dire che la nuova creatura di Maranello presenta aree solide ed altre che hanno bisogno di un ulteriore processo di stabilizzazione.
Un team che ambisce alla vittoria – e Ferrari lo è – si concentra sugli elementi deficitari per provare a migliorarli. Ma quali sono questi punti su cui bisogna focalizzarsi? Essenzialmente tre: gestione delle gomme (specie dei compound più morbidi), stabilità in frenata e aumento del grip laterale, dinamica necessaria a rendere più efficienti i cambi di direzione che sono apparsi ancora troppo “impacciati”.
Ferrari SF-23: setup “devianti” per valutare la validità del progetto
Che la Ferrari SF-23 sia stata un laboratorio viaggiante lo ha confermato direttamente Frédéric Vasseur quando ha parlato delle difficoltà incontrate da Charles Leclerc in alcuni momenti delle prove di Sakhir: “In questi tre giorni abbiamo provato molte cose. Ci sono state soluzioni che hanno funzionato, altre no. Credo che l’ultimo run di Charles sia stato molto buono, forse non è ancora al top ma ha girato in condizioni di pista molto calda e la sua performance è stata buona“.
Ferrari non si è lasciata attrarre dal “tempo spot”, dal crono che va in vetrina e riempie pagine di giornali e siti web. In cantiere c’era la crescita della vettura e la scoperta del potenziale e non si è mai pensato di rincorrere Red Bull e Mercedes sul campo delle gomme morbide. Ecco perché il focus è stato totalmente incentrato su run più lunghi e sulla comprensione delle nuove gomme Pirelli che, va sottolineato, qualche grattacapo agli “uomini in rosso” lo hanno generato. Specie con i compound più soffici che però non saranno protagonisti durante il weekend di gara.
Vasseur ha circostanziato l’ambito operativo affermando che sono state completate diverse prove, mettendo sotto la lente d’ingrandimento una vasta gamma di assetti, anche estremi. “Alcuni hanno funzionato subito bene, altri meno. Sono abbastanza contento di ciò che abbiamo fatto in questi tre giorni, la cosa più importante nei test invernali è essere in grado di macinare chilometri, perché, quando per qualche motivo non ci riesci, è un disastro“.
Ferrari SF-23: carico costante per valutare altre variabili
Le parole del capo della Gestione Sportiva lasciano intendere che la SF-23 non abbia praticamente mai girato con i serbatoi scarichi. Ma forse nemmeno alla metà della capacità consentita. Anzi, da quanto ci risulta, la nuova nata della Scuderia ha sempre lavorato non lontano dalla soglia massima di carico.
I tecnici, così facendo, hanno individuato una sorta di benchmark intorno al quale far ruotare altri elementi variabili: configurazioni alari (sabato mattina è stato testato l’alettone posteriore mono-pilone in stile Red Bull) e soprattutto altezze da terra. Ovviamente coinvolgendo il settaggio delle sospensioni.
Nella giornata di venerdì, specie con il pilota monegasco, avevamo potuto guardare una vettura molto nervosa che presentava un vistoso pompaggio aerodinamico. Se alcuni osservatori manifestavano preoccupazione, in Ferrari predicavano calma perché si è trattato di un test necessario a capire a quali altezze e a quali settaggi sospensivi si attivava il fastidioso fenomeno. Proprio col fine di evitare di rimanerne sorpresi nel momento in cui il cronometro inizia a contare per davvero.
Mentre la Red Bull si produceva anche giri push, in Ferrari si puntava a capire la macchina sui long run. Questo non vuol dire che le risultanze espresse dalla RB19 siano fasulle. La creatura di Adrian Newey ha impressionato in ogni condizione e soprattutto ha mostrato una delicatezza con le gomme che la SF-23, specie con Pirelli C3, non ha saputo offrire. Gli stint con quella che sarà la morbida nel prossimo weekend di gara non sono stati soddisfacenti, con un asse posteriore che andava presto in overheating.
Su questo frangente la vettura di Milton Keynes sembra essere molto avanti, ma a Maranello pensano che facendo lavorare la macchina con assetti più consoni e soprattutto con carichi di carburante idonei alle diverse fasi di gara le distanze possano limarsi.
Ad aver negativamente contribuito alla gestione delle gomme – e ribattiamo su questo punto perché è forse la materia che genera più ansia nello staff tecnico italiano – può essere stata anche la peculiare configurazione alare. La Ferrari, come dimostra la tabella qua in basso, è risultata la vettura più veloce del lotto alla speed trap. Questo nonostante l’utilizzo di mappature particolarmente blande che si incrociavano con la necessità di tenere costanti certi valori per spingere su altre aree.
Ferrari SF-23 | 327 |
Alpine A523 | 325 |
Williams FW45 | 320 |
Red Bull RB19 | 319 |
Haas VF23 | 318 |
McLaren MCL60 | 317 |
Aston Martin AMR23 | 316 |
Mercedes W14 | 315 |
AlphaTauri AT04 | 315 |
Alfa Romeo C43 | 314 |
Viene da sé che un minor livello di downforce, abbinato a sospensioni settate su valori eccessivamente rigidi, possano aver creato quel fastidioso pattinamento che è alla base della repentina uscita dalla corretta finestra operativa delle coperture, con annesso degrado che si manifestava dopo 6-7 giri nei run con le C3.
Sin da venerdì prossimo la Ferrari dovrebbe adoperare un’ala posteriore più carica in modo da cercare un miglior equilibrio generale con cui si spera, contestualmente, di ottenere un anteriore più preciso di quello visto la settimana scorsa quando una certa tendenza al sottosterzo si è manifestata.
La sensazione è che gli ingegneri di Maranello abbiano ancora un po’ di lavoro da fare per provare a chiudere il gap con la RB19. A Sakhir, tracciato rear limited, si potrebbe correre “in difesa” per poi scagliare un attacco deciso nei prossimi gran premi.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Scuderia Ferrari