Il momento della verità è vicino. Per la Ferrari e per tutti i suoi rivali. Domani si accendono i motori per la tre giorni di test cumulativi, primo atto di un mondiale di F1 che si preannuncia combattutissimo. Gli uomini di Maranello arrivano in Bahrain con le valigie piene di speranze e con una vettura, la SF-23, da svezzare e da presentare per la fase inziale della stagione pronta e preparata per vedersela con la Red Bull RB19 che parte, come normale che sia, con i favori dei pronostici.
L’avvicinamento ai momenti ufficiali della stagione è stato caratterizzato da un inverno turbolento per via dell’avvicendamento tra Mattia Binotto, ora in gardening concordato, e Frédéric Vasseur proveniente dalla Alfa Romeo – Sauber. Il manager di Draveil ha una grossa responsabilità: riuscire laddove hanno fallito Stefano Domenicali, Marco Mattiacci, Maurizio Arrivabene e lo stesso Binotto. L’imperativo della proprietà è vincere dopo un digiuno di durata geologica che non si confà ad uno scuderia dal blasone smisurato.
Proprio per tale ragione, a margine della cerimonia di presentazione della nuova nata della casa italiana, le esternazioni mediatiche sono state differenti nel registro e nei target. Ad una proprietà più calda, determinata e senza filtri, ha fatto da contraltare un Vasseur più posato e consapevole che potrebbe servire un po’ di tempo per ricalibrare tutta la struttura rendendola efficiente. E vincente.
Ferrari: Vigna e Vasseur su piani comunicativi diversi
“Monoposto che non avrà precedenti in termini di velocità“. Questa la brevissima affermazione rilasciata da Benedetto Vigna, amministratore delegato della Ferrari, poco prima che i veli cadessero dalla SF-23. Una frase sintomatica di un’evidenza: la proprietà – o chi ne fa le veci – si dice certa che i comparti tecnici abbiano definito un modello veloce e soprattutto affidabile. Perché serve il perfetto mix dei due suddetti elementi per arrivare a battere una concorrenza spietata che fino a questo momento è andata nella direzione tecnica impressa dalla Red Bull RB18.
Dall’altro lato si è riscontrato il pragmatismo di Vasseur che ha fatto ricorso a dichiarazioni più “morbide”: “Chi vincerà per primo tra Sainz e Leclerc? Non mi importa, la cosa che davvero conta è avere la Ferrari al primo posto. Questo è l’obiettivo di tutto il team. Senza dubbio noi spingeremo per entrambi i piloti allo stesso modo e vedremo cosa accadrà in Bahrain. Ma la cosa più importante è mettere la Ferrari al primo posto”.
Il Vasseur-pensiero, a differenza di quello di Vigna, è meno categorico. E se vogliamo impegnativo. Una politica sobria che ha avuto lo scopo di raffreddare un pubblico in visibilio in una presentazione in cui la passione è stata posta al centro di ogni cosa. E’ come se in Ferrari vivessero due anime. Da un lato quella di chi comanda che vuole “aizzare” i tifosi facendogli annusare la preda. Dall’altro, la linea di chi deve gestire le cose e sa che non ha il diritto di illudere gli appassionati perché incapace di prevedere tempi precisi e di capire dove siano realmente posizionati gli altri team.
Ferrari: il profilo basso di Frédéric Vasseur
Vasseur, dal suo primo giorno di insediamento negli uffici di Via Abetone, era il nove gennaio, ha tenuto un profilo molto basso. Come se volesse seguire le orme di un auso illustre predecessore con cui condivide la provenienza geografica: Jean Todt. L’ex numero uno della FIA si trovò a ricostruire una squadra quasi allo sbando; cosa che Frédéric non dovrà fare perché la base è solidissima. Ma abbisogna di molti puntelli.
Ecco che l’ex Sauber ha evitato di rilasciare dichiarazioni roboanti pensando piuttosto a cosa fare per migliorare aspetti deficitari come quello della gestione delle strategia di gara o dell’affidabilità di una power unit che l’anno scorso è stata croce e delizia dei motorizzati Ferrari.
Uno dei primi obiettivi di Vasseur era quello di mettere una pietra tombale sulle voci che volevano un Sainz sfavorito per dare il via libera definitivo a Leclerc he sarebbe dovuto essere prima guida da contratto. Il manager transalpino ha immediatamente spiegato che i due driver avranno lo stesso identico trattamento finché la classifica non imporrà una scelta. Una chiarificazione netta che sana l’approccio Binotto che sul tema si è dimostrato sempre abbastanza debole.
Ferrari: è Jean Todt la stella polare di Vasseur
Vasseur, sulla scorta di quanto fece Todt da metà anni ’90, deve riuscire a legare alla perfezione tutti i reparti che compongono un team e farli remare nella medesima direzione. Questa sembrerebbe una banalità concettuale, ma non lo è quando c’è la Ferrari di mezzo, visto che parliamo di un team che troppo spesso è stato sconquassato dalle correnti interne che ne hanno frenato le possibilità di vittoria. Todt ebbe il polso saldo per poterlo fare e soprattutto l’appoggio pieno della presidenza Montezemolo e della proprietà che era nelle mani di Gianni Agnelli.
Benedetto Vigna, pure dovendo essere presente, dovrà evitare di tracimare dalle sue competenze. Stesso dicasi per John Elkann che deve metterci quel cuore e quella passione che finora hanno latitato, ma senza prodursi in colpi di testa che nel Cavallino Rampante sono all’ordine del giorno.
L’epopea Todt fu frutto di un modo di lavorare più inglese che deve necessariamente essere ripetuto oggi. Ecco perché Ferrari ha puntato su un manager esterno, non cresciuto tra le mura amiche. Un uomo non condizionato da certe tendenze negative che negli anni hanno portato a lunghi periodi di insuccesso.
Potrebbe servire del tempo e non tutti i difetti saliti a galla nel “regno Binotto” potrebbero essere cancellati col classico colpo di spugna. Bisogna sistemare prima le cose più limitanti e, a quanto pare, un passo avanti è stato fatto sul fronte affidabilità come riportato da Piero Ferrari, vicepresidente e amministratore non esecutivo della storica franchigia modenese:
“Sono stato al banco prova del motore e al simulatore. I problemi della nostra power unit nel 2022 erano tanti, credo siano stati risolti. Sul resto ovviamente conviene aspettare, perché chi sostiene di avere certezze senza aver visto le macchine tutte insieme in pista parla a vanvera“.
Chiaramente, per onestà intellettuale, non si può ascrivere questo eventuale successo a chi è arrivato tra fine dicembre e i primi di gennaio. Ma quel che contava era superare una difficoltà molto penalizzante che chiaramente andrà incastonata in altri percorsi virtuosi. Perché vincere un mondiale significa rasentare la perfezione in tutti gli ambiti. Vasseur lo sa e per questo ha preferito tapparsi la bocca concentrandosi sulle cose che davvero contano: lavoro e risultati. Anche perché l’ambiente Ferrari non brilla in pazienza…
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Scuderia Ferrari