Non ce ne voglia il buon Stefano Domenicali, ma a volte ci sembra uno di quei venditori porta a porta che deve piazzare il prodotto, leggasi la F1, per portare a casa la pagnotta. Spesso lo vediamo aggirarsi nel paddock o a presenziare a trasmissioni televisive nonché a battezzare eventi mediatici sponsorizzando un brand che a volte non è così accattivante come viene in realtà descritto.
Sì, il Circus è in grande espansione, inutile negarlo. I report economici sono lusinghieri, gli incrementi dei fatturati sono sotto gli occhi di tutti e i profitti volano nell’iperspazio. I team si fregano le mani perché si spartiscono dividendi sempre più importanti.
Ma questo, si sa, alla lunga non può bastare. Liberty Media Corporate si era lanciata in una rivoluzione che investiva diversi ambiti, da quello sportivo per finire a quello tecnico passando per quello finanziario.
Tre pilastri che dovevano generare una “Formula Uno 2.0” che a questo punto sembra non essere arrivata. Se il 2022 era un anno di transizione, il primo delle wing car, il 2023 doveva essere l’anno della svolta operativa. La stagione nella quale finalmente il campo si compattava. Che cosa ci ha detto il Gran Premio del Bahrain? Tutto fuorché che i valori si siano avvicinati.
F1 2.0: chi l’ha vista?
“C’è un solo team al comando, la sua macchina è blu“, potremmo dire parafrasando Mario Ferretti che commentava una delle più grandi imprese di Fausto Coppi. I campioni del mondo in carica hanno sciorinato una prestazione da urlo annichilendo letteralmente la concorrenza.
Una prima fila in qualifica a cui è corrisposta una doppietta senza appello in gara, ottenuta tra l’altro in maniera così schiacciante da consentire sia a Verstappen che a Perez di “mettere il braccio fuori dal finestrino” gestendo il mezzo nelle fasi finali della gara.
L’unico team che ha mostrato un’ascesa concreta è la Aston Martin che, in un anno, ha recuperato oltre due secondi in prestazioni pure. La compagine di Silverstone, in questo momento, risulta essere la seconda forza del campionato. Ma resta comunque distante dai neo-rivali di Milton Keynes.
Ferrari e Mercedes, invece, si sono perse nei rispettivi problemi che riconducono, essenzialmente, a prestazioni latitanti. Oltre che a una difficile gestione delle gomme. Maranello, a questo quadro a tinte grigie, abbina anche un’affidabilità che sin dall’altro ieri ha fatto preoccupare.
Ricordate la McLaren MP4/4 progettata da Gordon Murray è Steve Nichols e affidata alle sapienti mani di Ayrton Senna e Alain Prost che, nel 1988, ottenne 15 vittorie ed altrettante pole position su 16 gare? Beh, qualcuno inizia a temere che la RB19 generata da “sua genialità” Adrian Newey possa ripercorrere quella straordinaria storia.
“La Red Bull ha il campionato assicurato. Non credo che quest’anno qualcuno sarà in grado di lottare con loro. Quest’anno dovrebbero vincere tutte le gare, ci scommetto. Con le prestazioni che hanno dovrebbero farcela”. Questa l’amara e cruda ammissione di chi in pista la RB19 l’ha vista. Ossia George Russell.
“Il loro ritmo è sembrato più debole questo fine settimana rispetto ai test – ha aggiunto l’alfiere della Mercedes – Ma al momento hanno vita facile. Possono fare quello che vogliono. Potrebbero non essere sempre in pole position perché sappiamo che la Ferrari è molto competitiva in qualifica, ma quando si tratta di ritmo di gara sono in una posizione molto forte”.
Ammettiamolo: un po’ tutti avevamo sperato che gli effetti del balance of performance tecnico (BOPT) abbinati a quelli prodotti dalla sentenza post budget cap gate avrebbero messo un bel bastone tra le ruote agli uomini di Milton Keynes. I campioni del mondo in carica hanno potuto sviluppare la RB19 contando sul 63% del totale delle ore in galleria del vento. Un bel deficit se confrontato a quanto potevano disporre Ferrari, Mercedes e a tutti gli altri competitor.
Molti ritenevano che Adrian Newey, nonostante la sua strabordante genialità, potesse accusare il colpo. Così non è stato, al “pronti via” abbiamo visto una monoposto addirittura dominante, che è partita molto meglio di quanto visto nel 2022 con quella RB18 che, a fine anno, ha riscritto diversi record della massima categoria a ruote scoperte. Se tutto questo può succedere nonostante BOPT, budget cap e regole tecniche incatenanti, vuol dire che i tre pilastri su cui si è costruita l’architrave concettuale di Liberty Media sono deboli.
F1. Liberty Media spieghi invece che mettere in vetrina il prodotto
La provocazione che ci viene da fare in questo momento è la seguente: Stefano Domenicali e tutto il gruppo che rappresenta Dovrebbero dare delle spiegazioni invece di impacchettare ed infiocchettare un prodotto ed offrirlo al pubblico affermando che tutto va bene. Vorremmo capire qual è stata la necessità di stravolgere il contesto regolamentare vigente fino al 2021 per produrre, alla fine, un nuovo dominio sportivo e tecnico.
Red Bull, con la fatica, col sudore, con la sagacia tecnica, con il contributo fondamentale di Honda era riuscita laddove avevano fallito in tanti. Ossia a scardinare l’imperio della Mercedes dopo 7 anni di vittorie indiscusse. Brackley aveva dovuto cedere il titolo piloti al termine di una gara controversa.
Ma la Red Bull RB16B si era dimostrata essere per lunghi tratti il punto di riferimento della categoria. Segno che era possibile mettere a segno rimonta. E se il campionato costruttori non era arrivato fu perché Sergio Perez non aveva saputo dare un contributo fattivo come quello apportato da Valtteri Bottas.
Lo stravolgimento normativo operato dal legislatore doveva servire a compattare il gruppo e a consentire una mobilità interna alla serie. L’unica cosa che abbiamo visto è stato il recupero di Aston Martin che dal midfield, in due anni, è giunto ad essere seconda forza della Formula Uno. Chi vinceva l’anno scorso vince quest’anno. Chi lo faceva nella stagione 2022 in maniera perentoria lo fa ora con tratti annichilenti.
Il gap tra la vetta e gli inseguitori si è addirittura aperto. Nel primo giorno del nuovo corso regolamentare, Ferrari, che era davanti, non aveva un tale vantaggio su Red Bull che inseguiva. Ora gli austriaci, che interpretano il ruolo della lepre, sembrano avere un vantaggio abissale rispetto alla concorrenza. Ferrari si è smarrita, Mercedes vuole capire ancora chi è. Aston Martin è forte ma non a livello di Milton Keynes.
Quindi la rivoluzione che è stata compiuta ha creato sostanzialmente un nuovo gruppo di potere che riesce ad imporsi senza che le limitazioni varie possano fargli il solletico. Questo vantaggio, data la dimensione “mostruosa”, rischia di essere portato avanti fino a tutto il 2025, quindi per due stagioni oltre a quella appena nata.
Probabilmente è lecito affermare che era meglio insistere sul contesto normativo vigente fino al 2021, magari migliorandolo negli aspetti deficitari. Le scuderie che spingevano da dietro, man mano, stavano arrivando. Ferrari si era approssimata, Red Bull aveva colmato il gap ed era addirittura stata in grado di “ribaltare” i campioni del mondo.
McLaren non era così distante dal terzetto di testa. Il centro gruppo era molto più compatto. Ora si nota uno sgranamento dei valori e si percepisce che dalla “terra di mezzo” nessuno riesce a schiodarsi, ad eccezione di quella Aston Martin dei prodigi.
F1. Forse è tempo di ammettere che i cicli di dominio sono connaturati alla categoria
Liberty Media e la Federazione internazionale dell’automobile come risponderanno a questo nuovo monopolio? Rimaneggiando in corso d’opera le regole? Cosa alla quale avevano alluso sia Tombazis che Ross Brawn i quali affermarono che, in presenza di “dittature sportive”, si potevano rivedere alcune dinamiche. Cosa fatta, a ben guardare, con la Direttiva Tecnica 039 e col derivante riassetto normativo del 2023.
Se si operasse così, la toppa sarebbe peggiore dello strappo perché si tratterebbe di un fatto che va a spezzare il meccanismo meritocratico e a mortificare gli slanci di chi ha operato meglio degli altri. Quindi, a questo punto, Liberty Media si chiuda in profonda riflessione, pensi a ciò che ha generato e provi ad andare avanti riscrivendo le regole 2026 in maniera più accorta.
Magari stabilendo a monte, e non strada facendo, pesi e contrappesi atti a rendere il campo più stretto. Magari, in conclusione, sarebbe il caso di essere onesti con se stessi e ammette semplicemente di non riuscire a vincere sulla capacità tecnica dei team. Perché, in fin dei conti, in F1 i cicli sono sempre esistiti. E’ forse questa idea di combatterli strenuamente ad essere malsana.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Scuderia Ferrari, Aston Martin, Oracle Red Bull Racing