Analizzando la “F1 Next Gen“, ossia quella basata sulle auto ad effetto Venturi che vengono regolamentate dal budget cap e dal balance of performance tecnico, abbiamo alluso all’idea che i desiderata di Liberty Media non siano stati del tutto centrati perché, in due anni di operatività, è emerso prepotente un altro gruppo di potere.
Per sette anni e mezzo abbiamo parlato di Mercedes, da due stagioni non facciamo altro che nominare Red Bull descrivendola come la nuova schiacciasassi che ha contribuito a devastare l’impianto concettuale della “F1 2.0”. E se partissimo da considerazioni sbagliate? Se invece le nuove regole volute dal legislatore sono in realtà più efficaci di quanto sembrino?
Diamo per scontato che l’architettura messa su dai vertici della categoria sia stata necessaria per generare macchine che dovessero rimanere più facilmente in scia per produrre più sorpassi. Questa cosa, nel 2022, si è in effetti vista perché, rispetto all’anno precedente, c’è stato un incremento delle manovre di sopravanzamento di circa il 30%. Lo dicono in maniera molto chiara i numeri. Questo, ovviamente, anche grazie a quel DRS che prima si pensava di abolire e che poi è stato confermato anche nell’attuale generazione di monoposto.
Drag Reduction System che potrebbe addirittura essere incrementato nell’utilizzo nel prosieguo di questa stagione proprio per generare ulteriori sorpassi, visto che nelle prime due gare annuali la quota è scesa rispetto a dodici mesi fa. Fatto verificatosi nonostante, a Jeddah, due pezzi grossi come Max Verstappen e Charles Leclerc siano partiti dalle retrovie e si siano prodotti in grandi rimonte “drogando” il dato.
Il vero obiettivo della FIA che ha messo in esecuzione le volontà di chi detiene la maggioranza azionaria del pacchetto della Formula Uno era in realtà quello di compattare il gruppo di automobili presenti in griglia. Di generare, in parole povere, distacchi inferiori rispetto a quelli che si erano mediamente riscontrati negli anni precedenti.
L’idea imperante di annullare del tutto l’effetto negativo delle scie è un’utopia, una concezione anti-scientifica. Qualsiasi oggetto che si muove ad alta velocità attraverso l’aria creerà sempre un certo livello di turbolenza. Questo può essere mitigato ma mai del tutto annullato. Ed è quello che si è provato a fare con l’incremento della creazione della downforce tramite la parte sottostante del fondo macchina.
Ma i team, nel cercare costantemente più punti di carico, hanno via via energizzato l’effetto outwash che determina quelle problematiche che vivevamo nella vecchia scuola regolamentare. Probabilmente bisognerà aspettare il nuovo contesto normativo previsto per il 2026, quando sarà ancora più preponderante la quota di aerodinamica attiva, per avere una mitigazione ancora più efficace del fenomeno che in questi due anni ritorna a far capolino.
Sappiamo che il legislatore e le squadre camminano sempre a due velocità diverse. Da una parte c’è la FIA che prova a limitare la fantasia dei tecnici, con scarsi risultati, dall’altra le scuderie che spingono molto sull’innovazione cercando di ritrovare quegli elementi aerodinamici che rendono le monoposto più stabili nel comportamento.
F1: valutare meglio le regole nuove
I delegati federali avevano messo in conto che i progettisti, ad un certo punto, potessero ricreare le condizioni dalle quali si cercava di scappare. Ed è qui che probabilmente dobbiamo riconsiderare le nostre categorie interpretative ed essere meno aggressivi nel ritenere fallimentari le regole che sono state introdotte.
Le prime due gare del 2023 hanno detto che tutto il plotone delle vetture è in meno del 2% del tempo medio del battistrada. E questo è un obiettivo che ha risvolti quasi clamorosi perché una distanza così limitata tra la vetta e la coda non è così scontata in uno sport tecnicamente competitivo quale è la F1. Ancora, l’aspettativa è che questo margine possa ulteriormente affievolirsi nel 2024 e nel 2025. Ma sarebbe ingenuo aspettarsi che dieci auto producano prestazioni quasi identiche.
Se le regole tecniche possono essere calibrate via via che si vedono gli effetti delle stesse, diverso è il discorso per gli altri due pilastri di questa rivoluzione regolamentare voluta dai vertici della serie. Il meccanismo del budget cap è quello del balance of performance tecnico hanno bisogno di più tempo per andare a regime e produrre effetti concreti. Questo perché i team più strutturati godono ancora di un vantaggio operativo che si trascinano dagli anni precedenti.
Il know-how acquisito ed i tecnici di un certo livello non sono cose che i due suddetti elementi possano andare a limitare. Quindi starà alle squadre di medio-piccola grandezza recuperare questo gap in un tempo che deve essere ragionevole. E’ l’idea del tutto e subito dalla quale bisogna rifuggire perché nella massima categoria dell’automobilismo nulla si inventa di sana pianta.
Prendiamo ad esempio la Aston Martin, la scuderia che in questo 2023 è letteralmente in rampa di lancio. La sua crescita non è casuale, ma sta avvenendo da diverse stagioni nelle quali ha dovuto affrontare anche dei momenti difficili. Necessari tributi per ritrovarsi nella comoda posizione attuale con ulteriori prospettive di crescita.
Con l’introduzione di nuove strutture come la galleria del vento, con l’arrivo di nuovi tecnici (buona parte di provenienza Red Bull, ndr) e con l’implementazione di inedite modalità operative, la franchigia di Lawrence Stroll è riuscita a fare un grande balzo in avanti.
Forse nelle volontà dei vertici della Formula Uno non c’era l’idea che potesse emergere un team così dominante come la Red Bull. Una scuderia che in effetti è stata molto più brava delle altre a cavalcare l’onda del cambiamento, a capirla e a produrre una monoposto che è chiaramente cucita addosso a questo contesto normativo. Ma nel tempo, con ogni probabilità, vi sarà una convergenza tecnica che limiterà sensibilmente il vantaggio degli anglo-austriaci.
La cosa paradossale è che se consideriamo il campione statistico F1 eliminando la RB19, troviamo un gruppo di auto molto coeso. Quindi, in effetti, Liberty Media e la FIA non sono andate poi così lontano dall’obiettivo immaginato in fase di concepimento della categoria del futuro.
Ovviamente non possiamo eliminare un competitor dalla tenzone. Dobbiamo invece limitarci ad osservare quanto gli uomini della Red Bull siano stati capaci di aprire un solco su una concorrenza per ora annichilita. E di questo non possiamo fare una colpa né a Liberty Media né alla Federazione Internazionale dell’Automobile.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Aston Martin, Scuderia Ferrari, Mercedes AMG, Oracle Red Bull Racing