Dobbiamo fare un salto al 20 marzo 2016 per trovare un elemento che spezza con un’inquietante routine in Ferrari e nella F1 in generale: chi vince la gara d’esordio non si laurea campione del mondo. Sette anni fa fu Nico Rosberg a portarsi a casa il Gran Premio d’Australia che allora rappresentava la tenzone d’apertura del mondiale (è stato così fino al 2019, ndr). Da quel momento è stato apposto un incantesimo per il quale, ogni apripista, alla fine, ha dovuto soccombere all’avversario.
“Non è vero… ma ci credo“, recitava Peppino De Filippo in una famosa commedia in tre atti in cui si raccontavano le peripezie di Gervasio Savastano che attribuiva le sue sventure a Belisario Malvurio, un suo dipendente dagli influssi apparentemente letali. Nulla di tutto questo accade in F1 che non è uno sport – almeno ce lo auguriamo – in cui la superstizione può essere preponderante su altre sfere visto l’elevato coinvolgimento scientifico. Anche se, va detto, sono noti i rituali di molti piloti che pagano il loro tributo alla Dea Bendata e ad altre figure astratte.
Riponendo per un attimo rituali scaramantici, incantesimi e assortiti scongiuri, il fatto che il vincitore inaugurale non riesca ad andare fino in fondo, se vogliamo, conferma la natura imprevedibile di una disciplina che troppo spesso è “vittima” di verdetti lapidari dopo pochi giorni di test.
Ferrari: i test del Bahrain la pongono in seconda piazza?
A seguito dei tre giorni di prove in pista della scorsa settimana i valori emersi dovrebbero essere, il condizionale è d’obbligo, i seguenti: Red Bull a guidare il gruppo, Ferrari ad inseguire, Mercedes in qualità di terza forza a rintuzzare gli attacchi della Aston Martin. E qualcuno ritiene anche di Alpine che potrebbe essersi nascosta nelle sei sessioni invernali.
Le riserve, parziali, saranno sciolte entro poche ore poiché la pista emetterà il suo verdetto. Ma, come la storia insegna, questo non potrà essere quello definitivo. Il 2022 ne è plastica rappresentazione. Perché, difatti, si aprì con la doppietta della Ferrari che era sembrata essere davanti a tutti, sia in termini prestazionali che sul piano dell’affidabilità, visto che chi si sarebbe laureato campione del mondo a fine anno patì, in quel di Sakhir, un doppio ritiro.
Quell’avvio depistò molti, compreso chi scrive (non difetto in onestà intellettuale), facendo pensare che la Ferrari, con la F1-75, avesse imbroccato il progetto giusto e che Red Bull dovesse patire le pene dell’inferno dopo un 2021 in cui si erano bruciate risorse finanziarie e tecniche fino al 2 dicembre, atto finale della sfida Verstappen – Hamilton. La prassi ha poi narrato che i ruoli si sono ribaltati: Milton Keynes che sale nelle glorie celesti e Maranello che sprofonda nel purgatorio. Mentre negli inferi si è auto-spedita la Mercedes con una macchina satanica. Per i suoi piloti.
Questo enorme incipit per dire cosa? Che il primo appuntamento annuale non fa legge. Il determinismo non alberga in Formula Uno, non si fa principio generale del caso particolare. Ecco che, in Ferrari, un’eventuale sconfitta nella gara di Sakhir non verrà presa come una sentenza di cassazione, ma come una semplice tappa di un cammino ben più articolato.
“I test sono andati bene e nei tre giorni abbiamo visto che la vettura è all’altezza delle aspettative. Ora dobbiamo fare piccoli aggiustamenti per sbloccare il pieno potenziale. Una cosa è chiara, affronteremo la stagione più lunga della storia e, indipendentemente dal risultato, non vinceremo o perderemo il Campionato del Mondo in Bahrain“. Questo il Vasseur-pensiero alla vigilia del primo giorno di scuola della Formula 1 2023.
“Ho vissuto con entusiasmo l’inizio di ogni mondiale, ma questa volta devo ammettere che è ancora più speciale. Ho visto la passione di ogni dipendente di Maranello e anche quella dei tifosi. Questo è un circuito che conosciamo bene, che ha cambiamenti nell’ambiente e nelle temperature, così come nella direzione del vento. Non sarà facile ottenere il set-up giusto e queste nuove gomme“, ha concluso il manager francese.
Ferrari e quei tabù da sfatare
Ci sono delle singolari dinamiche che si possono verificare nel campionato 2023. Risultati inediti che, se realizzati, devono comportare la rottura di alcuni “sortilegi”. Se osserviamo gli ultimi 30 anni della storia della Ferrari salta all’occhio un dato interessante che si proverà ad invertire: ll debutto di un nuovo team principal, difatti, non è mai corrisposta una vittoria.
Jean Todt esordì nel 1993, in occasione del Gran Premio di Francia che fu una mezza débâcle poiché Jean Alesi non arrivò al traguardo e Gerhard Berger ottenne un misero 14° posto con una vettura, la F93A progettata da John Barnard e Harvey Postlethwaite, che definire disastrosa è poco.
Stefano Domenicali, che ereditò lo scettro del comando proprio dal manager transalpino, debuttò nel 2008, in occasione del GP d’Australia. Kimi Raikkonen terminò in ottava piazza (classificato nonostante il ko del motore in una gara piena di ritiri, ndr), Felipe Massa, che si sarebbe poi giocato il titolo fino all’ultima curva del famoso GP del Brasile che incoronò Lewis Hamilton, non vide la bandiera a scacchi.
Sorte migliore toccò alla “meteora” Marco Mattiacci, colui il quale è stato capo della GES per meno di sei mesi: un lampo, non particolarmente abbacinante, nel firmamento rosso. Ebbene, nella storia recente del Cavallino Rampante è stato l’unico esordio condito da un podio e un piazzamento nei punti dell’altra vettura. Era il GP di Cina 2014 e Fernando Alonso chiuse sul gradino più basso, con Raikkonen in ottava posizione.
Maurizio Arrivabene ha bagnato l’esordio, Australia 2015, con la terza piazza di Sebastian Vettel e il ritiro del compagno finlandese. Il successore, Mattia Binotto, portò a casa da Melbourne 2019 una “medaglia di legno”, con Vettel, e un quinto posto per il debuttante Charles Leclerc.
Questa cronistoria cosa vuole dimostrare? Nulla, se non che Frédéric Vasseur ha la possibilità concreta di invertire il trend diventando il team principal che correda il primo giorno di attività in pista con un trionfo. Sarebbe una gran bella soddisfazione per il n°1 di Draveil che però coinciderebbe con quella dinamica che, dal 2017, vede il trionfatore inaugurale non gioire a fine anno.
Ecco che, anche statisticamente, perdere la prima piazza domenica prossima non dovrà, nel caso, essere un dramma. Ma, se è vero che chi vince la prima tappa non ottiene il titolo, è altrettanto verosimile che perdendola non giunge il mondiale a fine anno. Todt, Domenicali, Mattiacci, Arrivabene e Binotto lo sanno.
Chiudendo con questo giochino diabolico, comunque la mettiamo, la Ferrari avrà di che sorridere o di che dolersi. Proprio per tale ragione l’approccio degli uomini del Cavallino Rampante deve essere “spensierato” perché l’esito del mondiale non si scrive al debutto. Per fortuna.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Scuderia Ferrari