“Questione di feeling”, così si intitola una nota canzone uscita a metà degli Anni ’80 interpretata da Riccardo Cocciante e Mina. Il componimento si potrebbe adattare tranquillamente alla situazione che sta vivendo Lewis Hamilton. Il pilota inglese e la Mercedes W14 non si prendono, ormai è un dato di fatto.
Il colpo di fulmine non è scoccato, la scintilla è rimasta spenta. Sin dallo shakedown di Silverstone, pur essendosi disputato con pista bagnata, il sette volte iridato non ha mai espresso parole particolarmente dolci per la nuova creatura di Mike Elliott. I test del Bahrain sono solo stati confermativi di quella sensazione che era parzialmente emersa a metà febbraio, ossia che la macchina non avesse il necessario carico aerodinamico per produrre prestazioni solide.
Se nella prima gara, Lewis, pur essendo partito alle spalle di Russell, è riuscito ad avere la meglio del compagno di squadra grazie al solito race pace che riesce a sciorinare di domenica, nel secondo gran premio stagionale le cose sono andate diversamente. In qualifica la forbice si è aperta notevolmente, visto che l’ex iridato ha beccato oltre tre decimi da George. In gara le cose si sono messe leggermente meglio anche se la rimonta di Hamilton, complice una scelta di pneumatici in partenza non proprio idonea, non s’è compiuta.
Ma anche in Arabia Saudita è emersa chiara una tendenza: Lewis soffre soprattutto nel giro push. Perché avviene questa cosa? Torniamo all’incipit di questo scritto: questione di feeling. Dopo la Q3 di Jeddah, l’anglo-caraibico ha fatto notare di non sentirsi connesso alla macchina e di quanta difficoltà incontrasse nel recuperare fiducia.
Mercedes W14: mancanza di carico fatale per Hamilton
La Mercedes W14 difetta di carico aerodinamico e questa evidenza si sta manifestando in particolare nell’instabilità del retrotreno. Hamilton non si sente sicuro di poter spingere in queste condizioni. E le difficoltà si sono acuite su un tracciato come Jeddah, dove serve la massima fiducia per affrontare curvoni ad altissima velocità con i muretti a pochi centimetri.
La mancanza di downforce al retrotreno della monoposto nera è abbinato ad un altro difetto che sta limitando lo stile di guida di Hamilton: un anteriore poco preciso e che tende al sottosterzo. Sappiamo che l’inglese ama “lanciare” la macchina all’interno della curva per poi controllare il retrotreno. Questa monoposto non gli consente di esprimere al massimo il suo stile di guida, cosa che lo sta portando fuori dalla sua comfort zone. Poca fiducia, più paura di aggredire. E tempi sul giro che non fuoriescono.
Andrew Shovlin, trackside engineer della Mercedes, ha confermato le sensazioni di Hamilton quando, nel debriefing post Jeddah, ha alluso ad una monoposto che non ha abbastanza stabilità in ingresso. Questo è un limite evidente che Russell sembra affrontare meglio di Hamilton, specie in qualifica. E lo ha fatto su un tracciato veloce come quello saudita dove serve parecchio “pelo sullo stomaco”.
Hamilton ha anche spiegato che la Mercedes è più facile da guidare in assetto da gara più che in condizioni da qualifica. Ha affermato che si sente “sul filo del rasoio” quando l’auto viene condotta oltre il 95% del potenziale. Durante la gara, quando si tende a gestire maggiormente il mezzo meccanico, ecco che alcune difficoltà restano celate, dando più fiducia al conducente che riesce a dominare meglio la vettura.
Chiaramente, la mancanza di fiducia dovuta alle carenze tecniche succitate determina un vortice negativo che investe la sfera psicologica di un pilota che non si sente tranquillo nella sua monoposto. La F1 è uno sport in cui contano i millesimi e non sentirsi a proprio agio rischia di far perdere preziosi decimi di secondo, specie sula tornata push.
E’ la sua carriera a raccontarlo. Sappiamo che Hamilton, quando non si trova perfettamente a suo agio con la macchina, esaspera le difficoltà. Il pilota rischia di cadere in una sorta di baratro dal quale potrebbe impiegare tempo ad uscire. Ancora, anche quando ho avuto vetture molto veloci, si è sempre mostrato insoddisfatto del materiale che aveva, puntando a migliorarlo per migliorarsi. E qua entriamo nell’indole di un campione perfezionista che vorrebbe che tutto fosse “in asse”.
Cosa che in questa fase non può chiaramente accadere perché la W14 è afflitta da problemi evidenti che il team sta cercando di superare. Prima del “pacchetto Imola“, Mercedes deve operare gara per gara cercando di minimizzare le difficoltà. Anche se non c’è motivo di aspettarsi che la situazione del britannico si trasformi radicalmente ad Albert Park, la configurazione della pista è più simile a Sakhir che a Jeddah. Vi sono meno ingressi in curva ad altissima velocità che possono mettere in crisi lo stile di Lewis che l’attuale W14 va a “mortificare”.
Mercedes: Hamilton spera nella W14 versione B
Il quadro su descritto, quindi, sarebbe poco incoraggiante se non fosse in procinto di arrivare una nuova versione della monoposto che dovrebbe risolvere i problemi summenzionati. L’obiettivo è quello di trovare prestazioni per limitare il gap dalla Red Bull RB19. Bisogna aumentare la quota di downforce prodotta dalla vettura stabilizzando il retrotreno e, contestualmente, migliorando sia l’inserimento in curva che la fase di frenata, altro momento che ha generato più di un grattacapo ai piloti.
Viene da sé che, mutando le caratteristiche della W14, dovrebbe cambiare anche il comportamento della stessa aiutando Lewis Hamilton ad uscire da questa spirale psicologica negativa nella quale è caduto. Il recupero prestazionale, quindi, deve avvenire su un doppio binario. Da un lato, su quello tecnico, presentando in pista una monoposto più efficace; dall’altro quello psicologico, mettendo il sette volte iridato in condizioni di poter svolgere al meglio il proprio lavoro.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Mercedes AMG Petronas F1 Team
La F1 e’ uno schifo. Grazie.
Ce ne faremo una ragione.